Come di consueto, da più di vent’anni tra le alture della Loc. s’Otta di Serdiana, a venti chilometri da Cagliari, per l’occasione bagnate di pioggia, la “Comunità la Collina” ha ospitato la “Giornata ecumenica del dialogo cristiano-islamico”. Il titolo dell’incontro di quest’anno è tratto dall’Appello per la XXIV Giornata: “In dialogo per ritrovare l’umanità”. E mai quanto oggi c’è bisogno di umanità per ritrovare speranza nel futuro. Come in passato, forze politiche fomentano quell’insicurezza che dorme nell’animo dell’uomo e che necessita del volto di un nemico da odiare.
E questo volto è quello dello straniero, dell’immigrato, del musulmano, grazie anche ad alcuni intellettuali che sono stati davvero cattivi maestri di odio. La tecnologia con la sua spersonalizzazione rende facile questo lavoro. Basta dare un’occhiata ai social per rendersene conto. Ogni fatto di cronaca nera viene imputato a migranti, su cui ricade la colpa anche quando il colpevole è italianissimo, e il migrante è la vittima.
Per rispondere a tempi così tristi, da oltre vent’anni, la Comunità la Collina, di cui è responsabile don Ettore Cannavera, organizza giornate di condivisione e dialogo, fedele alla sua vocazione di costruttore di ponti che uniscano. E questa opera è ancora più preziosa, visti i troppi costruttori di muri divisori.
L’incontro ha sempre lo stesso schema: un momento iniziale di conoscenza reciproca durante il quale intervengono appartenenti a entrambe le religioni, ossia mussulmani e cristiani di diverse confessioni, per parlare della loro fede e, non di rado, raccontare episodi della loro vita. Alla fine dell’incontro incentrato sul tema dell’Appello annuale, dalla sala delle conferenze si scende nella cappella della comunità, intitolata a Mons. Oscar Romero, che è stata pensata per essere usata anche per momenti di preghiera ecumenici e tra appartenenti a fedi diverse. I testi che accompagnano la preghiera vengono sia dalle scritture cristiane che dal Corano, ma anche dai mistici e profeti di entrambe le religioni. Un momento conviviale conclude sempre la giornata.
Anche giovedì 30 ottobre 2025, l’incontro è stato introdotto e moderato da Pierpaolo Loi, membro del Comitato promotore nazionale della Giornata ecumenica del dialogo cristiano-islamico, e ha ospitato Francesca Litigio, pastora della Chiesa evangelica battista di Cagliari, Aminata Ndyaie, mussulmana praticante, mediatrice culturale senegalese, da vent’anni in Sardegna, e padre Ivan Lai, francescano dell’ordine dei frati Minori.

Incontro dialogo cristiano islamico 2025 – Comunità La Collina, Serdiana (CA)
Dopo i saluti iniziali di don Ettore Cannavera, introducendo l’incontro, Pierpaolo Loi ha illustrato ai presenti la genesi di questa Giornata di dialogo interreligioso tra cristiani e musulmani in Italia, all’indomani dell’11 settembre 2001, per arginare l’ondata di islamofobia ampiamente diffusasi in Europa e nel nostro Paese. Ha ricordato inoltre, la ricorrenza dei sessant’anni della promulgazione (28 ottobre 1965) della Nostra Aetate, Dichiarazione sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane, documento del Concilio Vaticano II. Questo documento di poche pagine ha segnato una svolta epocale riguardo all’approccio della Chiesa con le altre religioni.
Si è soffermato sul paragrafo riguardante il rapporto della Chiesa cattolica con l’Islam. Rapporto che, nell’incontro di Abu Dabhi, il 4 febbraio 2019, tra Papa Francesco e il Grande Imam di Al-Azhar Ahmad, si è consolidato. Il Documento sulla Fratellanza Umana Per La Pace Mondiale e la Convivenza Comune, da entrambi sottoscritto, debba essere considerato come il compimento del proposito del Concilio e l’inizio di un dialogo sempre più fraterno tra cristiani e musulmani. Contenuti ribaditi da Papa Francesco nell’Enciclica Fratelli tutti.
È seguito l’intervento della pastora, Francesca Litigio, che partendo dal testo dell’Appello per la XXIV Giornata, “In dialogo per ritrovare l’umanità”, ha messo l’accento sul ruolo che possono avere i poeti e gli artisti proprio nello stabilire contatti tra le culture e contrastare i fomentatori di odio. L’arte e la poesia, come la mistica, attingono al profondo dell’animo umano là dove si trova l‘ aspetto più vero di ogni persona umana e, pertanto, avvertono più forte di altri il richiamo alla giustizia e alla fraternità.
I brani poetici e spirituali, a prescindere dalla fede dell’autore, parlano al cuore di ogni persona. È stata letta la poesia “Se dovessi morire” dell’intellettuale e poeta palestinese Refaat Alaree, professore di inglese e fondatore del progetto «We are not Numbers», morto in un attacco israeliano a nord di Gaza a dicembre 2023. La lettura è stata fatta anche in lingua araba da Omar Zaher, rappresentante della comunità musulmana in Sardegna, per poter meglio gustarne la musicalità, nonostante la tragicità dei contenuti.
La pastora ha voluto dare un messaggio a partire dalla lettura di alcuni testi della Sacra Scrittura, in particolare dal racconto biblico del diluvio e della promessa di Dio fatta a Noè di non usare più la violenza distruttiva nei confronti dell’umanità, nel segno dell’arcobaleno. La pace è la promessa di Dio e il Dio in cui credono i cristiani e i musulmani è il Dio della pace. La violenza si può arginare a partire da un’autoeducazione di noi adulti a gestire la rabbia e le nostre pulsioni aggressive, e all’educazione delle giovani generazioni alla nonviolenza, attraverso l’esempio più che con le parole.

Bandiera della pace – Comunità la Collina
Nell’intervento successivo, Aminata Ndyaie ha esaltato il modello del suo Paese, il Senegal, dove la convivenza tra cristiani e mussulmani è pacifica e fraterna. Nonostante il 95 % dei senegalesi sia di fede islamica, questo non ha impedito al Paese di avere un Presidente cristiano come Leopold Senghor. In Sardegna, Aminata non ha mai nascosto la sua fede islamica anche se questa ad alcune persone fa storcere il naso. Ha ricordato ai presenti che l’Islam è una religione di pace.
Anche padre Ivan Lai, nel suo intervento, con un’ironia deliziosa, ha parlato della sua esperienza in Africa in paesi come la Tanzania e l’Uganda, spesso funestati da scontri etnici ma che, come ha avuto esperienza, non hanno mai fatto scomparire l’umanità. Tanto che le famiglie vittime di una situazione violenta si aiutavano tra loro senza minimamente preoccuparsi di che religione fossero i loro vicini bisognosi di aiuto. Davvero una lezione che l’Africa dà al ricco Occidente che si da tante arie di superiorità e si sta chiudendo nella xenofobia e nel razzismo. D’altra parte molti africani, come ci ha raccontato padre Ivan Lai, non si preoccupano di definire la loro appartenenza religiosa ma tengono molto alla solidarietà.
Dai brevi interventi del pubblico in sala si è potuto constatare l’importanza di questo momento di dialogo e di confronto. Don Ettore Cannavera ha posto l’accento sulla necessità di “ritrovare l’umanità”, saper dialogare rispettando le diversità e operando insieme per il bene comune. In conclusione, la lettura suggestiva di una poesia del grande mistico persiano Rumi, prima in lingua originale ad opera di Mostafa Ghoratami, orafo persiano da anni residente a Cagliari, resa intelligibile agli ascoltatori italiani da Gilberto Ganassi.
Ci si è spostati poi nella cappella per un momento di preghiera comune con testi cristiani e mussulmani.
A conclusione di questa intensa serata, la condivisione della cena. Il cibo è antropologicamente un linguaggio antico di condivisione e fraternità; Il cibo è ciò che ci fa vivere e quindi rappresenta la vita. Pertanto condividere il cibo significa condividere la vita.
Cosa rimane di questo incontro che si è svolto in una cornice così suggestiva? Certamente che le differenze tra persone vanno accolte e accettate senza voler fare per forza dell’altro una copia di noi. Sono le differenze che fanno bello il mondo non l’omologazione.










