Riprendiamo da Anbamed il diario che Luigi Eusebi manda da West Bank.
Niente bang, bang per fortuna oggi, ma molti click, click…
Coloni ed esercito invece di spararci, avendo cambiato zona, hanno preferito provocare, dileggiare, boicottare, fotografare, filmare ogni momento del tentativo di lavoro odierno. Sono scesi in forze crescenti (i militari armati con jeep antiproiettile), dalle colonie dei dintorni al villaggio di Silwad, nei cui campi si tentava la raccolta delle olive, sempre più scarse.
I leader dei comitati popolari, prima di iniziare, avevano spiegato che questa zona è a rischio medio-elevato e che ci avrebbero diviso in gruppi e relative zolle di uliveti con il seguente criterio:
- distante dai coloni e a facile via di fuga, per anziani, malati, inesperti;
- a rischio e distanza media, con due possibili vie di fuga in caso di attacco;
- ad alto rischio, poco consigliato
Ho perso subito il contatto con i volontari della campagna Faz’a rimasti forse nel primo settore e sono andato con una delegazione cosmopolita, stile Flotilla, nei terreni a rischio medio. Avremo tentato una decina di volte di stendere i teloni, armarci di rastrelli o guanti e raccogliere olive. Ogni tentativo sarà durato massimo un quarto d’ora, per essere poi vanificato dalle incursioni e minacce di coloni e soldati. Filmavano tutto e tutti, qualcuno insultava, pretendevano di dichiarare quei terrazzamenti zona militare chiusa. Cosa che oltre che palesemente falsa non era in loro potere. Abbiamo resistito e siamo rimasti, contrattando con i soldati di rimanere a condizione di togliere maschere e coperture al viso. Cosa che non avevo fatto nemmeno prima, è nota la mia opinione sul fatto che servizi segreti, Mossad e compagnia sanno già tutto ciò che gli interessa sapere.
I soldati hanno ammesso dopo parecchie contrattazioni che effettivamente gli uliveti appartengono ancora al villaggio di Silwad.
“Per ora”, hanno concluso…
Purtroppo ci siamo resi conto, a furia di rinculare, che i pochi alberi su cui si provava la raccolta erano secchi e con pochissime olive. Così alla fine siamo saliti su un camion che è tornato al villaggio. Avendo perso ogni trasporto di ritorno del progetto Faz’a i nostri amici contadini ci hanno prima rimpinzati di falafel e poi pagato a noi 5 superstiti del gruppone un servis (taxi collettivo) per tornare a Ramallah.
C’erano un palestinese, un inglese, una portoghese, un francese, un italiano. Sembra l’inizio di una barzelletta, ma era la composizione della squadra, paradossalmente soddisfatta dell’azione svolta.
Seguono foto, stavolta possono aiutare a capire le dinamiche della “battaglia” odierna a colpi di click click reciproci…














