Le autorità tunisine hanno sospeso per un mese le attività del Forum tunisino per i diritti sociali ed economici (FTDES), dopo che venerdì scorso un’analoga sospensione era stata imposta contro l’Associazione delle donne democratiche (ATFD). Secondo quanto dichiarato ieri, “il FTDES ha ricevuto una lettera ufficiale che lo informava della sospensione delle sue attività per un mese, secondo una procedura già applicata ad altre organizzazioni”, aggiungendo di essere sottoposto ad “una serie di verifiche finanziarie e fiscali da aprile”.
La persecuzione ai danni delle associazioni tunisine che difendono i diritti umani procede da tempo. A maggio dello scorso anno, come riferiva L’Avvenire, le forze di sicurezza avevano arrestato il presidente e il vice del Consiglio tunisino per i rifugiati (Ctr), partner locale chiave per l’agenzia Onu Unhcr/Acnur, di cui il Consiglio realizza quasi tutte le attività di assistenza e di screening iniziale delle domande d’asilo. L’accusa era quella di «costituire un’associazione per delinquere con lo scopo di favorire l’ingresso di persone in Tunisia» illegalmente.
Poco dopo la stessa sorte toccava al direttore e alla ex direttrice di Terre d’Asile, un’altra delle poche Ong operative per la tutela di migranti e rifugiati nel Paese. La stretta nei confronti delle associazioni e degli avvocati che assistevano i richiedenti asilo in Tunisia era una conseguenza diretta del Memorandum d’intesa UE/Tunisia stipulato nel 2023 sotto la supervisione di Ursula von der Leyen e Giorgia Meloni.
Un “Piano d’azione” diffuso da Statewatch lo scorso anno delineava gli obiettivi e le attività della cooperazione dell’UE sulla migrazione con la Tunisia, il cui governo è stato pesantemente criticato dal Parlamento europeo per “un’inversione autoritaria e un allarmante arretramento sulla democrazia, i diritti umani e la legalità (rule of law).” Nessuna autorità di governo in Europa ne ha tenuto conto e per questo è diventata complice del regime di Saied e ne condivide responsabilità che dovranno essere fatte valere davanti ai tribunali internazionali.
Il provvedimento adottato contro il FTDES giunge pochi giorni dopo che, nella sessione di Palermo del Tribunale Permanente dei Popoli (TPP), veniva denunciato il traffico istituzionalizzato di persone migranti arrestate in Tunisia e consegnate alle milizie libiche, dopo avere subito ogni tipo di abusi. Una vera e propria “tratta di Stato”, in corso da tempo, ma sulla quale adesso arrivano testimonianze agghiaccianti, una pratica sistematica di deportazione collettiva operata da agenti tunisini che, dopo abusi di ogni genere, alla frontiera con la Libia, scambiano persone con bidoni di carburante consegnati da guardie di frontiera libiche.
Una pratica illegale che è in corso da quando in Tunisia il presidente Saied, a seguito degli accordi conclusi con l’Unione europea, ha lanciato la caccia ai migranti irregolari, soprattutto nella regione di Sfax, con molte vittime, e con la successiva deportazione degli immigrati irregolari, rastrellati nelle retate di polizia, alle frontiere con la Libia e l’Algeria. Una campagna di terra contro persone intrappolate in Tunisia, in prevalenza subsahariane, che non hanno alcuna possibilità di rientrare nel loro paese, nè di avere accesso ad una procedura equa di asilo.
A questo attacco indiscriminato, diffuso sui media da Saied come difesa da tentativi di “sostituzione etnica”, con il beneplacito dell’Unione europea, si accompagnano prassi operative sempre più violente in mare, contro le imbarcazioni di persone che tentano la traversata del Mediterraneo per sfuggire ad un diffuso clima di persecuzione, e che spesso trovano la morte, nel corso di intercettazioni operate dalle motovedette tunisine, alcune delle quali cedute dall’Italia o acquistate con i fondi arrivati dall’Unione europea.
Ad aprile del 2024 la Tunisia di Saied ha approvato una nuova legge che mira ad aumentare le intercettazioni in alto mare, e la collaborazione (coordinamento) con le forze di polizia marittima dei paesi europei più vicini, dunque Italia e Malta. Per estendere maggiormente l’area di blocco navale delegato ai tunisini, si è ampliata la zona SAR (di ricerca e salvataggio) riconosciuta al governo di Tunisi in acque internazionali, che si è trasformata in un’area di abbandono in mare e di morte, con la complicità delle autorità italiane ed europee che, anche con il supporto di Frontex, sono ben consapevoli della sorte delle persone intercettate e riportate a terra per essere abusate e deportate. Dopo l’ultima strage al largo di Mahdia, anche l’IOM (Organizzazione internazionale delle migrazioni) ha lanciato un appello per garantire la sicurezza delle persone migranti che tentano la traversata del Mediterraneo.
La repressione in Tunisia si rivolge ormai anche contro i cittadini tunisini che difendono l’ambiente e la democrazia. Le proteste ambientali vengono contrastate con violenze da stato di polizia, come nella zona di Gabes e continua intanto una violenta repressione nei confronti di giornalisti e avvocati che si oppongono a quello che ormai si può definire il “regime” di Saied. Decine di oppositori rimangono in stato di arresto con l’accusa di “cospirazione contro la sicurezza interna ed esterna dello Stato” e “appartenenza a un gruppo terroristico”, in processi farsa, dopo che il governo tunisino ha approvato una riforma dell’ordinamento giudiziario che cancella l’indipendenza dei giudici. Persino un post su Facebook può essere punito con una condanna a morte, secondo quanto denuncia Human Rights Watch (HRW). Un effetto, tra i tanti, del famigerato decreto n.54/2022 contro la criminalità informatica.
Non basta a questo punto esprimere solidarietà verso i cittadini tunisini democratici che continuano ad assistere ed a difendere i migranti e i diritti fondamentali di tutte le persone, contro gli abusi sempre più violenti perpetrati dalle autorità statali con il supporto dell’Unione europea e degli Stati, come l’Italia, che stanno cercando di esternalizzare in Tunisia i controlli di frontiera e di bloccare anche i richiedenti asilo ed i minori non accompagnati, persone che, in base alle Convenzioni internazionali, hanno un preciso diritto all’ingresso in territorio europeo.
Occorre moltiplicare le denunce legali contro le autorità europee complici di Saied, nella commissione di crimini contro l’umanità e di reati comuni, e promuovere una vasta mobilitazione in Europa ed in Nord Africa, per supportare le vittime della repressione praticata con detenzioni arbitrarie e con politiche espulsive violente ed illegali. Non solo al confine tra la Tunisia e la Libia o l’Algeria, ma anche alle frontiere esterne dell’Unione europea, negli hotspot vicini alle zone di confine e nei centri di detenzione (CPR) nei quali vengono violati diritti fondamentali come i diritti alla difesa, il diritto alla salute, il diritto al riconoscimento di uno status di protezione.
Occorre sospendere tutte le espulsioni ed i respingimenti verso Tunisi. No, la Tunisia non può essere definita davvero un paese sicuro, nè per i propri cittadini nè per le persone migranti in transito o soccorse in mare.










