Restituire voce e visibilità a una donna che ha attraversato il Novecento intrecciando arte, ricerca, passioni, impegni istituzionali e libertà intellettuale: è questo il merito profondo del volume Angela Daneu Lattanzi. Le sue anime e la ricerca del colore, pubblicato da 40Due Edizioni e curato da Gaetano Bongiovanni, Maria Antonietta Spadaro e Anna Tschinke.
Non si tratta soltanto di un omaggio biografico, ma di un atto culturale che riporta alla luce una figura che costituisce un perfetto esempio di forza femminile e della capacità delle donne di essere protagoniste della storia.
Il libro ricostruisce, con sensibilità e rigore, le molteplici identità di Angela — storica dell’arte, bibliotecaria, pittrice, musicista, accademica — e mostra come le donne abbiano saputo e sappiano abitare e trasformare le istituzioni, aprire spazi di sapere condiviso, custodire i beni comuni.
Gaetano Bongiovanni apre il volume mettendo in luce una duplice dimensione di Angela: la pioniera negli studi sulla miniatura medievale siciliana e la pittrice appassionata. Il saggio evidenzia come la Lattanzi abbia dato fondamento scientifico a un campo poco esplorato, leggendo i manoscritti medievali come nodi di una rete culturale mediterranea, e come la sua pittura – dai ritratti agli acquerelli – rispecchi lo stesso rigore e la stessa sensibilità verso colore e luce.
A questi aspetti si collegano i saggi di Maria Concetta Di Natale e Maria Antonietta Spadaro.
Maria Concetta Di Natale approfondisce l’aspetto scientifico e metodologico del lavoro della studiosa, documentando l’apporto decisivo di Angela alla conoscenza della miniatura siciliana. Fu la prima a definirne un quadro sistematico, attribuendo codici dispersi in biblioteche europee e americane a scriptoria locali, (Palermo, Monreale e Messina), cogliendo affinità formali e calligrafiche e confrontando la produzione miniata con la pittura coeva: un contributo che aprì una stagione nuova nella storiografia artistica.
L’attenzione al colore e alla luce trova approfondimento nel saggio di Maria Antonietta Spadaro, che ricostruisce l’itinerario pittorico di Angela lungo tutta la sua vita, dai ritratti e interni intimi ai paesaggi e alle nature morte, fino alle sperimentazioni astratte degli anni Sessanta, elaborati in un linguaggio personale che unisce libertà espressiva e rigore formale e mostra come nelle sua opere pittura e vita quotidiana si intreccino.
Il confronto tra i tre saggi restituisce così una visione piena della complessità di Angela, dove intuizione artistica e rigore scientifico si intrecciano e si arricchiscono reciprocamente.
Spadaro approfondisce anche il percorso bibliotecario e accademico di Angela. Come bibliotecaria (dal 1937) e soprintendente (dal 1943 al 1966), seppe trasformare le biblioteche siciliane in luoghi aperti e vitali: durante la guerra mise in salvo codici e manoscritti, riaprì le sale, introdusse corsi e bibliobus, promosse biblioteche popolari e servizi per ciechi, nelle carceri e negli ospedali, diffondendo l’idea che i libri dovessero appartenere a tutte e tutti: una visione che anticipa di decenni l’idea moderna di biblioteca come spazio sociale. Dal 1966 fu anche docente all’università di Palermo di Storia della miniatura e poi di Bibliologia, Bibliografia e Biblioteconomia.
Anna Tschinke ricostruisce le radici biografiche: l’infanzia cosmopolita ad Alessandria d’Egitto, gli studi a Roma tra umanesimo e musica, i matrimoni con Emilio Lavagnino e Antonio Daneu. Il suo racconto attraversa le dure prove della guerra e le perdite familiari, ma mostra soprattutto una donna capace di intrecciare affetti e ricerca, istituzioni e libertà. Ne emerge un’immagine di Angela come figura autorevole non per imposizione, ma per la forza di un’esperienza concreta e vissuta.
Maria Antonella Balsano illumina la dimensione della musicista. Diplomata in violoncello quasi per caso, Angela Lattanzi fu interprete stimata in ensemble da camera tra gli anni Trenta e Cinquanta, con un repertorio colto e moderno che includeva non solo i classici ma anche musicisti poco eseguiti. Negli anni Cinquanta insegnò Storia della Musica al Conservatorio di Palermo e organizzò eventi, intrecciando ricerca e interpretazione. La musica fu per lei un linguaggio parallelo, luogo di corporeità, affetto e immaginazione a sostegno del pensiero.
Dario Lo Cicero completa questo quadro documentando il fondo librario e musicale oggi conservato al Conservatorio di Palermo, testimone della ricchezza dei suoi interessi e del clima culturale palermitano della metà del Novecento, sospeso tra tradizione e apertura internazionale.
Il ritratto che emerge dall’insieme dei saggi è quello di una donna capace di attraversare i saperi senza farsi imprigionare da nessuno, di esercitare un’autorità culturale e istituzionale senza tradire se stessa, di dare forma alla propria vita attraverso molte dimensioni senza frammentarle.
Una vita che dimostra che non vi è una sola via possibile per le donne: ricerca scientifica e arte, lavoro istituzionale e passioni private, autorità e relazioni, dimensioni che la cultura dominante tende a separare trovano armonia nel suo vissuto.
I percorsi bibliotecario e accademico descritti da Spadaro, intrecciati alle radici affettive e cosmopolite raccontate da Tschinke, mostrano come la responsabilità verso gli altri, la cura del patrimonio e la costruzione di relazioni profonde siano aspetti inseparabili dell’autorità femminile che Angela incarnava.
E’ una autorità che non le viene da un riconoscimento imposto, ma dalla forza della cultura, dal rigore del lavoro, dalla capacità di tenere insieme il sapere più specialistico e l’esperienza quotidiana, dalla responsabilità verso le altre/gli altri. Nel dirigere biblioteche, nel salvare patrimoni durante la guerra, nel promuovere la lettura nei luoghi marginali, Angela ha incarnato una forma di autorità femminile che ancora oggi rappresenta un modello prezioso.
La sua passione per la miniatura medievale testimonia un’attenzione ai dettagli e ai margini, a ciò che rischiava di essere dimenticato. In questo sguardo si legge un’attitudine che appartiene a molte donne: ricostruire la storia partendo dai segni più minuti, da ciò che non è centrale ma periferico, rifiutando gerarchie già date.
Pittura e musica furono per lei non soltanto arti da praticare, ma spazi per esprimere un sentire corporeo, affettivo, spirituale. Nei suoi interni dipinti e negli acquerelli emerge un modo di mettere al centro la vita vissuta, gli spazi domestici, le relazioni. È un’arte che non separa la sfera privata dalla produzione culturale, ma che le tiene intrecciate, mostrando che il sapere delle donne nasce da un radicamento nella vita concreta. E’ il segno anche di un percorso personale nel rapporto con i movimenti coevi cui non aderisce mai in termini definitivi ma con i quali instaura un dialogo critico che la distingue per autonomia e coerenza. Il risultato è un linguaggio eterogeneo ed individuale, che oscilla tra memoria e sperimentazione, tra radici e apertura alla modernità.
Angela Lattanzi Daneu seppe anche stare nelle istituzioni senza perdere se stessa. In anni in cui le biblioteche erano mondi maschili, introdusse innovazioni radicali; non fu mai una mera custode, ma un’agente di trasformazione, dimostrando come si possa abitare i luoghi del potere per modificarli dall’interno, rendendoli più aperti e giusti.
Infine, la sua biografia affettiva – due matrimoni, i figli, i legami intellettuali e amicali – racconta che la sua libertà non si è mai espressa come rifiuto delle relazioni, ma come scelta di viverle senza subire vincoli. Ha saputo muoversi tra città, uomini e donne del suo tempo, senza mai smarrire il proprio nome e il proprio desiderio.
Per tutto questo, Angela Lattanzi Daneu può essere ancora un riferimento necessario per noi oggi. Non come icona da celebrare ma, per usare un concetto del femminismo, come madre simbolica: una donna che ha dimostrato che si possono vivere molte vite in una sola, che si può fare della cultura una pratica di libertà, che si può abitare la propria differenza come forza creativa e non come limite.
La sua eredità più viva è forse questa: l’idea che l’arte, la musica, la parola e il gesto delle donne continuino a tessere, ancora oggi, trame di luce dentro la storia.










