Desideriamo condividere qui alcune considerazioni apparse in rete a margine dell’indimenticabile giornata di ieri…
Che giornata!
[…]Non sappiamo quante persone sono scese in strada, quanti negozi hanno deciso di chiudere. Panifici e pasticcerie e ristoranti: perché non si può cucinare, curare il cibo, e poi reggere l’urto dell’immagini dell’affamamento ordito dagli israeliani contro i palestinesi. Quanti insegnanti si sono astenuti dal lavoro, quanti autisti e macchinisti hanno scioperato. Non interessa, anche se sarebbe bello avere i numeri per non sentirsi neanche per un momento dei numeri.
Siamo i senzapotere. Non siamo impotenti. E fermeremo il genocidio.
Questo commento è dedicato ad Alaa Abdel Fattah, che dopo oltre un decennio di ingiusta detenzione nelle carceri egiziane ha avuto la grazia da parte del presidente Abdel Fattah al Sisi. La notte del 22 settembre – che giornata indimenticabile – è uscito finalmente dal carcere di Wadi al Natroun. Osservare lui e gli altri protagonisti della rivoluzione egiziana di piazza Tahrir ha cambiato profondamente il mio sguardo sulla partecipazione politica, l’uso politico dello spazio pubblico, i movimenti e i nonmovimenti. E credo che guardare da sud verso nord, da est verso ovest, uscendo dai confini europei per assumere altre linee interpretative sia fondamentale per non rimanere ancorati a paradigmi che ormai mostrano la trama lisa.
[…] Centinaia di migliaia di persone, di senzapotere in piazza. Invisibili, nei paesi, nei piccoli centri in cui nei mesi scorsi hanno steso sudari e suonato campane, battuto pentole, acceso candele e luci nel buio. E boicottato tutto ciò che c’era da boicottare. E riconosciuto lo Stato di Palestina nei consigli comunali. Sono stati sussurro, e poi voci, e poi corpi, e poi presenza costante contro il genocidio di Gaza. Chiamandolo per quello che è: genocidio. Genocidio del popolo palestinese a opera dello stato di Israele. […]
Paola Caridi
https://www.invisiblearabs.com/…/una-giornata…/…
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La musica sta cambiando
Piccoli slittamenti della tv meloniana. Alle 7, il servizio del Tg3 dice coraggiosamente che “le violenze” di Milano sono poca cosa rispetto all’enormità delle manifestazioni non violente di Roma e del resto d’Italia. A mezzanotte, Linea notte comincia con una tipa che dice il contrario esatto: manifestazioni inficiate dalle violenze di Milano. Dev’essere passato da lì un correttore di bozze.
La verità della giornata è che la destra e i “liberali” che la supportano tremano. Si può essere cinici e spietati, o fare il tifo per i cinici e gli spietati, finché le masse dormono. Ma se si svegliano, e improvvisamente convergono da provenienze diverse su un obiettivo sacrosanto, fare i gradassi con il santino di Kirk o con la decima mass di Vannacci o con “il mio amico Trump” di Meloni diventa più difficile.
Anche un cieco vede che con oggi si cambia musica. Ci sarà ancora molta violenza, come sempre soprattutto di Stato. Ci saranno ancora gigantesche bugie, come quelle sull’assassinio di Kirk. Ci saranno ancora sondaggi che danno tutto fermo a tre anni fa. Ma la musica sta cambiando e diventa sempre più assordante, come i clacson di quelle macchine bloccate sulla tangenziale di Roma che suonavano non per protesta ma per sostegno al corteo – una cosa mai vista finora. È una ben misera consolazione rispetto alle vite perdute o traumatizzate, ma il genocidio di Gaza non resterà impunito.
Ida Dominijanni
https://www.facebook.com/ida.dominijanni?locale=it_IT
Blocchiamo tutto…
[…] Avviene da decenni, il popolo palestinese – «il simbolo delle minoranze e delle classi subalterne contro cui in tutte le società capitalistiche si accentua l’oppressione», come ha scritto Luigi Pintor – fa cadere la maschera.
È per questo che uno dopo l’altro, come una valanga, in Europa e nel mondo hanno preso posizione tante categorie di lavoratrici e lavoratori: docenti, operai, studenti, medici, infermieri, scrittori, registi, giornalisti, diplomatici, portuali.
Agiscono non solo sulla spinta dell’orrore e di un’empatia frustrata che cercava una collettività per non soccombere, ma guardando a cosa il genocidio di Gaza dice al nostro stato di diritto e ai nostri rapporti economici e sociali, terremotati dall’avanzata dei sovranismi neri.
Chiedono la fine del genocidio mentre chiedono la revisione delle basi fondanti i rispettivi settori lavorativi e la trasformazione del sistema economico neoliberista. Vogliono la disapplicazione delle regole del capitalismo escludente e la fine della marginalizzazione della “popolazione in eccesso” dentro le nostre comunità.
Che stesse nascendo, passo dopo passo, un movimento globale, le classi dirigenti lo hanno capito subito: hanno messo in moto la macchina della repressione del dissenso fin dal principio, dalle prime manifestazioni per la Palestina. Non tanto per difendere un alleato ma per difendere se stesse. E allora blocchiamo tutto.
Il Manifesto, 21 settembre 2025
Chiara Cruciati
https://ilmanifesto.it/e-movimento-globale-gaza-parla-anche-di-noi?










