A Gaza droni incendiari telecomandati vengono lanciati in mezzo agli sfollati e poi fatti esplodere, per creare il massimo di uccisi, feriti e ustionati. Organizzazioni per i diritti umani hanno documentato il bombardamento di circa 120 veicoli, carichi di centinaia di tonnellate di esplosivo, in una sola settimana.
L’Euro-Mediterranean Human Rights Monitor (Osservatorio euro-Mediterraneo per i diritti umani), con sede a Ginevra, ha affermato in una nota che l’esercito israeliano fa esplodere più di 17 autobombe al giorno a Gaza Città, “ognuna delle quali equivale a un terremoto di magnitudo 3,7 sulla scala Richter”. Fonti ospedaliere hanno riferito che almeno 96 persone sono state uccise dal fuoco dell’esercito israeliano nelle ultime 24 ore, delle quali 81 nella città di Gaza.
In Cisgiordania i nativi palestinesi sono diventati stranieri sulla loro terra. Le forze di occupazione israeliane hanno imposto ai residenti delle città di Beit Iksa, Nabi Samuele e del quartiere di Al-Khalayleh, a nord-ovest della Gerusalemme occupata, di ottenere permessi per entrare. Sono stati eretti dei cancelli metallici alti 3 metri e posti di blocco. Gli avvisi consegnati agli abitanti dei tre villaggi considerano l’ingresso in questi villaggi come ingresso in Israele.
In base a questa decisione, chiunque non abbia un permesso non potrà attraversare il posto di blocco militare all’ingresso dei tre villaggi, una mossa volta a sottoporre i nativi al controllo dell’occupazione israeliana e a considerare gli abitanti originari degli stranieri. È la premessa all’annessione.
Questi villaggi soffrono di un isolamento pressoché totale a causa del Muro di separazione, della disgregazione razziale, dell’espansione annessionista israeliana e dei posti di blocco e cancelli militari che li circondano. Ciò li ha privati della naturale espansione urbana. Ai residenti è vietato costruire nuove case o importare beni di prima necessità senza permessi speciali, con conseguente calo della crescita demografica.
Le forze di occupazione israeliane hanno invaso la cittadina di Al-Yamoun, a nord ovest di Jenin. Un rastrellamento con arresti. Nel quartiere Tayaran, nella città di Al-Dhahiria, a sud di vl-Khalil (Hebron), un gruppo di coloni ebrei armati hanno attaccato le case con lancio di pietre e colpi d’arma da fuoco contro le finestre. Nessun intervento dell’esercito. A ruoli capovolti sarebbe stato il finimondo.
Altri due libanesi sono stati uccisi in un attacco israeliano nel sud Libano. L’UNIFIL parla dell’ennesima violazione della tregua siglata il 27 novembre 2024, ma il presidente del Parlamento ha affermato che “non si tratta soltanto di questo, ma di un’aggressione premeditata, pianificata e con obiettivi militari e politici di espansionismo coloniale e dominio imperiale. È ora – ha detto Nabih Berri – che noi libanesi riprendiamo l’unità nazionale senza divisioni e mettiamo al primo posto l’interesse nazionale, non di partito o di confessione”.
Ma la solidarietà si allarga e prosegue.
Mentre continua la campagna internazionale per rompere il blocco navale imposto da Israele alla Striscia di Gaza, in vigore da quasi due decenni, si sviluppa il progetto “Egyptian Sumud Flotilla” e sta guadagnando importanza al Cairo. I suoi organizzatori stanno cercando di unirsi alla flottiglia globale diretta a Gaza, salpata pochi giorni fa da diversi porti di Spagna, Italia e Tunisia.
Il Comitato Direttivo della Flottiglia Sumud egiziana ha annunciato venerdì che la barca denominata “Ibiza” sarà la prima nave a partecipare al viaggio verso Gaza. La nave partirà da uno dei porti di Suez, in riferimento alla città come simbolo della resistenza egiziana contro il colonialismo francese e nella guerra tra Egitto ed Israele. Sono ancora molte, però, le difficoltà burocratiche che il comitato deve ancora superare.
Il prossimo appuntamento di sciopero della fame globale indetto dal Hirak Shaabi (Mobilitazione Popolare) palestinese è il 23 settembre, in concomitanza con l’inaugurazione dell’Assemblea Generale dell’ONU che segnerà un momento di successo diplomatico per il riconoscimento dello Stato di Palestina. Gli organizzatori chiedono a tutti i movimenti interessati di partecipare al momento di solidarietà nonviolenta.










