Carcere ai ribell3 (a cura di Nicoletta Ouazzene, Multimage-2025) è una testimonianza, così come lo è stata la presentazione di venerdì 11 aprile: difficile da descrivere perché densa, lunga, intensa; sicuramente dimostrazione della complessità del tema trattato, che riguarda tutte e riguarda un tempo, il nostro, in cui certe evidenze non possono più essere ignorate.
Casca – fastidiosamente – a pennello, considerata l’approvazione del DL sicurezza del 4 aprile e, di fatto, come ci ricorda Ketty Giannilivigni, non è l’unico appuntamento di questa giornata che affronta il tema: nello stesso pomeriggio Ilaria Salis presenta “Vipera” alla Feltrinelli, e all’Ecomuseo del Mare una discussione dal titolo “Le stragi e la destra – Una nuova Resistenza per la Costituzione e per la Pace” vede la presenza di Roberto Scarpinato.
Alla base di questo moltiplicarsi di eventi c’è un’urgente necessità di riunirsi e discutere, attraverso strumenti quale il libro in questione, che sono mezzi, punti di vista, fiamme, per andare al cuore del discorso: la possibilità o meno di dissentire, l’avvicinamento alla sua totale negazione attraverso pratiche che si intrecciano sempre di più a creare una trama ben precisa, che porta alla criminalizzazione del dissenso.
L’incontro, dunque, dà la possibilità di guardare da un punto di vista preciso – quello delle mamme – per poterlo espandere, sviluppare, alla ricerca di nuove lenti per lottare e avere il diritto di ribellarsi, di pretendere di non essere più “i carcerati di una volta”, ma persone consapevoli delle condizioni oppressive del sistema. O, come ci insegna Dana Lauriola (attivista NoTav), di non essere riformati, modificati, cambiati perché rinchiusi, come rinchiuso vogliono che sia il nostro pensiero.
La coralità delle voci che ha presentato il libro è fondamentale per comprendere le sfaccettature della morsa che continua a stringersi intorno a noi. L’avv. Claudio Novaro e l’avv. Giorgio Bisagna di Antigone presentano un quadro chiaro di come si muovano governo, magistratura, polizia di fronte al dissenso; e di come si reiteri la “cosificazione del detenuto” disumanizzandolo e rendendolo fascicolo, anche attraverso il disequilibrio spropositato tra il reato e la pena e l’accanimento nei confronti di chi, pur pacificamente, lotta.
Pino Apprendi, garante per i detenuti del Comune di Palermo, rende tangibile la cosificazione tramite il racconto dei
suoi colloqui con i carcerati, ricordandoci che la reclusione verte in condizioni inumane. Leoluca Orlando, eurodeputato ed ex sindaco della città, sottolinea la mancanza di attenzione al merito della protesta e alla legittima difesa: “Parole che diventano manganelli”.
Debora Del Pistoia di Amnesty International concretizza nel suo intervento la difficoltà di essere ascoltati, nonostante le milioni di voci di Amnesty, e ci ricorda che “non c’è più tempo da aspettare, non si può più vivere nella comodità”; e che movimenti grassroots come quello delle mamme sono fondamentali per sviluppare nuove prospettive.
Verdiana Mineo, in rappresentanza di Antudo, è la voce delle nuove generazioni di attiviste a attivisti che invita a non subire la vittimizzazione e a dare al termine forza un significato ribelle e di non arrendevolezza, la forza di non essere vittime o vittimizzate. Luigi Spera – con un intervento preciso e fondamentale – ci ricorda che vanno ascoltate le voci di tutti i carcerati: tutti, non solo i detenuti politici.
E poi ci sono le mamme, le mamme, che sradicano il concetto domestico di madre – e mi si passi l’utilizzo del termine domestico a sottolineare ancora di più la forza di farlo uscire fuori dalle mura di casa. Madri che si appropriano dell’etimologia di una parola che, come ci dice Rosa Lupano, “smuove l’inconscio collettivo, è universale e trascende le barriere linguistiche e culturali”.
È uno slittamento che cambia la narrazione, che parla di storie nella Storia, che racconta ciò che non è raccontato: a danno dei media mainstream che fanno del militante “il ragazzo senza condotta: il cattivo ragazzo”. Nicoletta Salvi Ouazzene, con un intervento che parte dallo stomaco per arrivare allo stomaco, ci racconta un libro che è un pezzo del loro percorso, e che oltre a essere testimonianza, guarda al futuro.
Il sentire, dopo due ore di incontro, si fa denso, e sempre ci si chiede come sia possibile che a lottare per i propri diritti si venga schiacciati in questo modo, e come spesso accade ci si interroga: che fare, dunque? Di certo, fermarsi non è tra le opzioni. E sento risuonare un grido “Aparicion con vida!”










