Era il luglio del 1975 quando fu approvata la legge n. 354 contenente le Norme sull’ordinamento penitenziario. La legge penitenziaria voleva colmare una lacuna in quanto era ancora vigente il regolamento fascista nonostante quanto prescritto all’articolo 27 della Costituzione. Gli anni ’70 del secolo scorso sono stati anni costituenti. Quella legge, più volte modificata in direzioni opposte, ha mantenuto la sua promessa riformatrice?

A 50 anni dalla sua introduzione nell’ordinamento giuridico vogliamo ridiscutere intorno alle sue reali applicazioni, al passato, presente e futuro della pena in Italia.
Lo faremo in un convegno che si terrà a Roma i prossimi 13 e 14 febbraio. In occasione della ricorrenza dei 50 anni della riforma del sistema penitenziario italiano, Antigone ha convocato a Roma alcuni dei principali studiosi italiani del carcere, per due giorni di riflessioni culturali, giuridiche, politiche e sociali sul tema.

La legge penitenziaria ha introdotto importanti principi di umanizzazione e di rispetto dei diritti fondamentali dei detenuti. Tuttavia, è emerso nel tempo un dibattito acceso sulle sue reali applicazioni, sulle difficoltà operative e sull’efficacia nel rispondere alle necessità di una società in continua evoluzione.

Oggi più che mai, dinanzi ad un approccio che si sta sviluppando verso una chiusura del carcere, è giusto allargare gli orizzonti del dibattito, guardando a ciò che il carcere deve essere nella società, come vada organizzata la sua vita interna, quali diritti vadano riconosciuti e in che modo, affinché la pena sia conforme al dettato della Costituzione.

Per partecipare è necessario accreditarsi scrivendo una email all’indirizzo segreteria@antigone.it
(La giornata del 14 garantisce 3 crediti formativi presso l’Ordine degli Avvocati di Roma).

Due storie ci dicono molto proprio delle difficoltà del nostro sistema penitenziario, testimoniate anche dal numero dei suicidi, già 10 in questo prima scorcio di 2025.

Vi raccontiamo delle recenti proteste in alcune carceri siciliane.
Patricia, era una donna di 54 anni. É morta il 12 gennaio nel carcere Pagliarelli di Palermo, dove era arrivata in ambulanza, trasferita dall’istituto femminile di Rebibbia, solo 4 giorni prima. A raccontarlo è stato Pino Apprendi, Garante comunale per i diritti delle persone detenute della città siciliana.

Patricia pochi giorni prima aveva incontrato Papa Francesco. La donna – racconta “Voci di dentro” – retta da due assistenti, aveva urlato ed era scoppiata in un pianto incontrollabile. Già durante la Messa aveva manifestato il suo disagio. “Soffro troppo, non ce la faccio più, soffro tanto”, disse tra i singhiozzi a Papa Francesco che la accarezzava, provava a tranquillizzarla, poi le poggiava una mano sopra la fronte e le assicurava preghiere, invitando anche lei a pregare.

Salvatore aveva invece 55 anni. Era dipendente dall’azienda dei trasporti di Milano, ed era finito in carcere per una rapina da 55 €, peraltro, come racconta il suo avvocato, con soldi restituiti e risarcimento del danno. Sempre l’avvocato ricorda come già avesse manifestato fuori dal carcere uno stato di depressione e intenti suicidari.

Era in carcere da inizio dicembre e il 29 gennaio, nell’istituto di Vigevano, si è suicidato. Per lui era stato richiesto il rilascio con affidamento ai servizi sociali in via provvisoria. Il magistrato di sorveglianza aveva per il momento respinto la richiesta, in attesa della “relazione di sintesi” dal carcere. Nell’attesa di questa relazione l’uomo si è tolto la vita.

Tornando al Pagliarelli, invece, negli ultimi giorni le persone detenute hanno protestato pacificamente (pentole battute sulle grate e rifiuto di accedere al vitto e al cosiddetto sopravvitto) contro la circolare del provveditorato regionale che ha introdotto nuove restrizioni sull’accesso dall’esterno di generi di prima necessità. Tra questi anche indumenti caldi in pile, fondamentali per scaldarsi nei giorni più freddi, tenendo anche conto del fatto che diverse carceri siciliane non sono dotate di sistemi di riscaldamento.

Già a metà gennaio l’attuazione della circolare aveva dato luogo a Siracusa a episodi di protesta per la mancanza di riscaldamento e il malfunzionamento dell’impianto idrico.
Una condizione a cui si aggiungono anche le gravi criticità strutturali e sanitarie che riguardano diverse carceri.

Fortunatamente il ddl sicurezza non è stato ancora approvato, altrimenti le proteste pacifiche di queste persone detenute sarebbero potute costare diversi anni di carcere aggiuntivi a ciascuno di loro, a causa della norma che vorrebbe punire anche queste forme di protesta.

Parliamo del ddl sicurezza che, se approvato, rischia di portare ad un salto nel buio proprio il sistema penitenziario e dell’impatto del populismo penale sul sistema della giustizia minorile, di cui ci siamo occupati approfonditamente nell’ultimo numero della nostra rivista.

Ddl sicurezza, salto nel buio per la democrazia | lavialibera