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Di Sara Pasquot

“Il governo non fa nulla, né mai farà nulla contro la libertà di espressione e di opinione dei cittadini”, ha ribadito Homs, portavoce del Presidente della Generalitat Arturo Mas, che non ha però voluto fornire ulteriori dettagli in merito alle modalità di svolgimento della consultazione in programma per domenica. Il portavoce ha poi criticato il ricorso del governo centrale, notando come non sia possibile “proibire ciò che non viene fatto”, ovvero un referendum anche solo consultivo.

Dopo la decisione della Corte – che avrà cinque mesi per pronunciarsi sul fondo della questione – si attendono ora le reazioni del governo regionale catalano annunciate poche ore fa alla stampa. Il Presidente del governo regionale Artur Mas si riunirà nel pomeriggio per discutere eventuali azioni giuridiche che possano portare ad una revoca della sospensione, mentre una decisione definitiva se procedere comunque con la consultazione dovrebbe aversi giovedì. La Corte infatti si è limitata ad accogliere il ricorso di Madrid – il che implica la sospensione immediata in attesa di sentenza – senza però specificare, come richiesto dall’esecutivo del premier conservatore Mariano Rajoy, le eventuali conseguenze di un mancato rispetto della sospensiva.

Madrid ha giustificato il ricorso definendo la consultazione “un referendum sotto altro nome”, quindi anticostituzionale, e “antidemocratico” e quindi illegale, in quanto scaricherebbe sui singoli cittadini responsabilità che sono dell’esecutivo regionale; quest’ultimo parla invece di “processo di partecipazione dei cittadini”.

Quello in programma domenica 9 novembre, prima annunciato come un vero referendum indipendentista come quello celebrato in Scozia è ora diventato una sorta di sondaggio su vasta scala, per evitare possibili sanzioni ai pubblici funzionari che avessero partecipato ai seggi.

L’idea proposta dal Presidente Mas è di mandare un segnale forte al governo di Madrid, evitando al contempo il ricorso alle elezioni anticipate che, stando agli ultimi sondaggi, darebbero quasi certamente la maggioranza agli indipendentisti, mandando a casa l’attuale governo guidato da Mas, inasprendo ulteriormente il muro contro muro fra le parti. Sempre le ultime rilevazioni, secondo il quotidiano El Pais, confermano che la politica di totale chiusura di Madrid verso il dialogo con i catalani ha aumentato il consenso dei partiti indipendentisti; i dati rilevati danno il 69% dei catalani favorevole a uno Stato proprio.

Stando ai dati diffusi dalla stessa Generalitat, il governo catalano, oltre 5,4 milioni di catalani a partire dai 16 anni avranno diritto al voto. Inoltre, 938 dei 947 comuni della regione hanno messo a disposizione dei locali per la creazione di 1.255 seggi e oltre 34.000 volontari (tra cui 6.000 funzionari pubblici) si sono offerti per contribuire all’organizzazione del voto. I risultati provvisori saranno resi noti a partire dal giorno successivo, nonostante vi siano 15 giorni di tempo per poter esprimere una preferenza.

Potranno votare sia gli stranieri che risiedono in Catalogna da almeno un anno (tre anni per gli extracomunitari) sia i catalani che vivono all’estero grazie alla disponibilità di 17 seggi che saranno aperti fuori Spagna; nessun registro, ma per certificare il diritto al voto basterà l’indirizzo sulla carta di identità o sul passaporto che attesti il domicilio attuale o di origine in Catalogna.  La mancanza di una Commissione elettorale e di un registro dei votanti rende la consultazione difficilmente verificabile, anche se la Generalitat spera in una massiccia affluenza che dia comunque rilevanza politica alla decisione dei catalani, ma soprattutto al Presidente Mas.