L’ex presidente del Ghana, Jerry Rawlings è venuto a mancare lo scorso 12 novembre. Dopo aver guidato il suo Paese dal 1981 al 2000, ha lasciato il potere dopo regolari elezioni. Nel periodo in cui ha governato, ha portato avanti una lotta implacabile ed efficace contro la corruzione e ha lavorato per rifondare le istituzioni democratiche del suo Paese. L’intero continente africano ha riconosciuto la sua integrità e il rispetto della democrazia. Pressenza ne ha parlato con Amzat Boukari-Yabara, storico e militante panafricano.

Intervista a cura di Olivier Flumian

In quale contesto e in quali condizioni Rawlings è salito al potere?

Dopo la caduta di Kwame Nkrumah[1] nel 1966, il Ghana sperimenta un periodo di instabilità politico-militare, contrassegnato da gravi crisi economiche e sociali. I due grandi avversari del presidente Nkrumah, Kofi Busia e Edward Akufo-Addo, si succedono al potere fino al 1972, quando il generale Acheampong sovverte il potere del padre dell’attuale capo di governo, Nana Akufo-Addo. Sei anni dopo, nel luglio 1978, una rivoluzione di palazzo fa cadere Acheampong e promette il ritorno all’ordine istituzionale. È in questo contesto che l’ufficiale di aviazione Jerry Rawlings matura la propria decisione di fare un colpo di stato per prendere il potere. È il 4 giugno 1979.

Di padre scozzese e madre ghanese, formatosi al Collège Achimota e poi entrato a far parte Aeronautica militare nel 1967, all’età di vent’anni, Rawlings è a capo di un gruppo di militari che si batte in modo serio per mettere fine alla corruzione e all’appropriazione indebita, alla base dell’arricchimento illegale degli ufficiali superiori e degli uomini politici. Nel corso di un processo militare, che lo vedeva imputato per tentativo di colpo di stato, Rawlings aveva già espresso la propria volontà di mettersi al servizio del popolo e di battersi contro la cleptocrazia. Alla guida di un consiglio rivoluzionario delle forze armate, s’impegna a portare avanti una politica di giustizia sociale che agita gran parte dell’élite economica e politica. Lui approda quindi al potere in un contesto in cui il Ghana vive una profonda crisi morale ed è forte la necessità di ricostruire i valori fondanti del Paese.

Rawlings ottiene il sostegno della maggior parte dei cittadini e promette di portare pacificamente il Paese verso un regime costituzionale, come era previsto. Il che si concretizzerà con l’elezione del presidente Limann e l’avvio della III Repubblica. Tuttavia, per il potere le vecchie abitudini sono dure a morire. In realtà, essendo consapevole del fatto che i militari avrebbero restituito il potere ai civili, Rawlings non accetta l’idea che questi ultimi stiano già riflettendo sul modo di ripartirsi la ricchezza.

Così, la notte del 31 dicembre 1981, decide di riprendere in mano il potere per trasformare, questa volta veramente, il Ghana. Quella notte, il colpo di stato del giugno 1979, che aveva lasciato al vecchio sistema un’ultima possibilità di riprendere il controllo, si trasforma in una rivoluzione quando, sul modello cubano, nascono Comitati di difesa della rivoluzione, dei tribunali popolari e di disciplina della popolazione. Gli ex presidenti e i dirigenti coinvolti in numerosi scandali di corruzione vengono condannati e giustiziati. La rivoluzione che vuole portare avanti è al contempo politica e morale.

Viene considerato l’uomo che ha dato al proprio Paese un funzionamento democratico solido. Cosa può dirmi in proposito?

Rawlings era un militare che ha assunto il potere con la forza, in modo antidemocratico, essendo contrario alla logica partitica. Può essere considerato l’equivalente in Ghana di De Gaulle in Francia o di Chavez in Venezuela, ovvero un militare che si assume le proprie responsabilità e decide di fare ordine per mettere fine all’instabilità dei partiti e alla corruzione ideologica. All’epoca, non c’erano molte possibilità di imporre una rottura con un potere in mano all’esercito. Mentre chiede l’avvio di una democrazia partecipativa a partire dalla base, Rawlings ricompone il panorama politico ghanese con il proprio partito, il National Democratic Congress (NDC) in contrapposizione con il New Patriotic Party (NPP) di Adu Boahen e il People’s National Convention (PNC). I partiti più forti approfittano dell’emergenza di Rawlings per unirsi, dando vita a un’opposizione e spianando così la strada alla bipolarizzazione del sistema politico.

Rawlings rinnova l’assetto politico, opera un decentramento dell’amministrazione e rinforza l’unità nazionale. I giovani, ma anche le donne, stimolati dall’impegno della first lady Nana Konadu Rawlings all’interno del Movimento delle Donne del 31 dicembre, diventano il cuore della politica. La classe media, gli imprenditori, intellettuali, dirigenti e commercianti sono invitati a partecipare allo sforzo nazionale. Rawlings guarisce le ferite del Paese, conservando comunque uno stile autoritario ma stando sempre attento a non scontrarsi frontalmente con i poteri tradizionali e con l’oligarchia.

Rawlings emana la Costituzione del 1992, ancora oggi in vigore nel Ghana, che al contempo costituiva una garanzia democratica e una guida per la sua prima elezione a presidente civile. Nel 1992, Rawlings appare come un democratico a tutti gli effetti. Non si presenta facendo delle promesse. Ha già un bilancio economico che parla per lui e sta cambiando la prospettiva del Paese, dei ghanesi e del Ghana. È considerato l’uomo della stabilità economica e vuole essere quello della stabilità politica. Viene eletto con il 58,4% dei voti. Per uscire dal regime di deroghe, nel 1993 istituisce una Commissione elettorale autonoma e indipendente dal potere presidenziale. È un modo per rispondere alla contestazione della sua vittoria del 1992 da parte dei partiti di opposizione che avevano denunciato brogli.

Nel 1996 viene rieletto con il 57,4% dei suffragi e il suo partito, il National Democratic Congress (NDC) ottiene la maggioranza con 133 seggi su un totale di 200. La rielezione è il segnale del sostegno da parte della popolazione, nonostante l’opposizione non sia dello stesso avviso. Rawlings dimostra, in particolare, di amare il proprio Paese e il proprio popolo molto più del potere. E questo gli consente di prevalere nel dibattito elettorale rispetto al suo rivale John Kufuor. Annuncia ufficialmente che il suo mandato sarà l’ultimo, il che è molto interessante. Concepisce il potere politico con la stessa filosofia rigorosa e scrupolosa che aveva dimostrato nella gestione economica della cosa pubblica. Questo non significa che non ci siano stati scandali o crisi politiche, ma considerando le condizioni in cui versava il Ghana nel 1980, all’epoca della sua ascesa, vent’anni dopo lascia un Paese trasformato e maturo.

Qual è stata la sua posizione sulle questioni economiche e sociali durante il neo-liberismo?

Questo è un punto molto interessante, poiché Rawlings arriva al potere alla vigilia dell’avvio dei programmi di adeguamento strutturale. Nel 1979 vuole il controllo dei prezzi di mercato e lotta contro la corruzione e l’appropriazione indebita degli aiuti, sia materiale che finanziaria. La sua politica è in conflitto con gli intermediari e con tutte le categorie più agiate che vivono di margini di profitto sulle spalle del popolo e dei lavoratori. Al contempo, chiedendo la riduzione dei prezzi sul mercato locale, Rawlings va contro gli interessi dei contadini e dei produttori, ai quali deve essere garantito un tasso minimo di rendimento.

Bisogna aggiungere il fatto che Rawlings, in quanto militare, non era affatto ben visto dagli investitori stranieri e dalle istituzioni internazionali anche per i suoi discorsi infuocati.

Laddove si intravede un paradosso interessante, quello è il modo di concepire la questione del liberalismo e del socialismo. Abbiamo visto che Rawlings prende il potere con la volontà di mettere ordine in un Paese incancrenito dalla corruzione. Per lui, il valore economico principale non è, dunque, il profitto, ma la morale, l’etica e l’onestà. I conti devono essere giustificati, puliti e regolati. Il principio del debito non può essere accettato per questioni di onore e di responsabilità. Rawlings considera, un po’ come il suo omologo socialista tanzaniano Julius Nyerere, che il denaro non produce sviluppo. Si possono anche investire miliardi di dollari nel Ghana, ma se i dirigenti non hanno un’etica di responsabilità, non servirà a niente. Rawlings pone, in un certo senso, le fondamenta di quello che, in maniera un po’ mitica, verrà denominato il «buon governo». E poiché si rende conto che quest’abitudine non è sempre opportuna, riprende il potere il 31 dicembre 1981, deluso dalla gestione caotica dei conti da parte del presidente Limann.

Un altro elemento riguarda il suo approccio al socialismo. Rawlings intrattiene rapporti moderati con i sindacati e i lavoratori, ma non ha un approccio dogmatico. Del suo entourage fanno parte anche alcuni marxisti e liberali quando, nel 1983, vengono ufficialmente lanciati i programmi di adeguamento strutturale. Va detto che Rawlings ha scrupolosamente seguito le direttive del FMI e della Banca Mondiale che stanno per trasformare il Ghana in una delle loro success stories. In un’intervista, Rawlings spiega che l’FMI e la Banca Mondiale gli hanno imposto condizioni terribili, ma che la storia deve ringraziarlo, perché ha saputo contrastare la diabolica piaga del neoliberismo. Si può pensare che Rawlings abbia riconosciuto nei metodi del FMI un modo per realizzare le epurazioni economiche che voleva realizzare, ma che non poteva attuare per non diventare impopolare: liberalizzazione del mercato e degli scambi commerciali, privatizzazioni, svalutazione, aumento della fiscalità, drastica riduzione dei fondi per l’educazione e la sanità, regolamentazione dei servizi pubblici….

Rawlings segue l’FMI e la Banca Mondiale, ma il Ghana mantiene la propria autonomia, scegliendo di dirigere ancora una volta i risparmi verso la costruzione di infrastrutture, la modernizzazione delle città e delle zone rurali, l’aumento dei salari e la creazione di posti di lavoro. Il Ghana fa affidamento su una popolazione commerciale presente in tutta l’Africa occidentale, che subisce i contraccolpi delle economie ivoriane e nigeriane che si concretizzano attraverso le espulsioni dei cittadini. D’altro canto, il sacchetto in nylon più utilizzato in Africa occidentale è quello recante lo slogan «Ghana must go», in riferimento ai sacchetti, nei quali i ghanesi espulsi dalla Nigeria nel 1983, avevano messo tutte le loro cose.

Rawlings tiene conto delle sfide sociali, attuando un programma che ha l’obiettivo specifico di regolare i costi sociali dell’adeguamento strutturale. Lo Stato non ha, dunque, abbandonato la popolazione. Negli anni Ottanta, il tasso di crescita, che era negativo, supera il 5%. Il PIL aumenta, l’inflazione è forte ma poi diminuisce progressivamente. Lo Stato porta avanti i propri investimenti pubblici, impiegando tra il 10 e il 15% del suo PIL. Tecnicamente parlando, il Paese è risanato e Rawlings approva una politica di rilancio fondata sugli investimenti utili per la popolazione: buone scuole, buoni centri di salute, reti di acqua potabile ed elettricità… Una volta rimessa in marcia l’economia, Rawlings può dedicarsi all’aspetto politico, essendo eletto nel 1992 e rieletto nel 1996, con un modello democratico che sembra essere solido, ma che va a pesare sui conti pubblici. Infatti, chi intende fare ritorno all’ordine democratico intende tornare alle vecchie pratiche, come l’appropriazione indebita per finanziare il sistema politico e le elezioni.

La crisi economica ritorna preponderante durante il periodo democratico, in particolare a seguito del contraccolpo degli adeguamenti strutturali. La crescita rallenta, la popolazione aumenta, viene colpito il mercato del lavoro, l’inflazione riprende a salire, i tassi di interesse aumentano, la moneta Cedi si svaluta e Rawlings deve ripartire all’offensiva con un nuovo approccio. Fare del Ghana uno Stato modello, facendo leva sull’import-export, sull’industria estrattiva dell’oro e del legno e sui servizi. In quest’ultimo ambito, il turismo è il settore che non ha mai smesso di crescere, in gran parte grazie all’azione degli Afroamericani che incrementano il turismo memoriale e panafricano. Rawlings guarda anche agli Stati Uniti e agli Stati asiatici per accompagnare l’industrializzazione del Paese. Quando abbandona il potere, lascia un Paese con molte frecce al proprio arco e una serie interessante di politiche economiche di ispirazione liberale, nonché con la consapevolezza degli impatti sociali.

È stato spesso considerato una figura panafricana. Qual è stato il suo apporto reale al progetto dell’unità africana?

Rawlings ha innanzitutto fatto molto per il Ghana, che è il Paese di Kwame Nkrumah, padre del panafricanismo. È molto importante che si abbia l’immagine del Ghana come di un Paese presentabile, ammirevole, sviluppato e autonomo. Uno Stato in regola con una popolazione educata, con universitari di alto livello, una vita sociale e culturale aperta, con forti tradizioni africane ma al contempo con un’apertura al mondo. Rawlings arriva dopo dirigenti che si sono contrapposti alla politica di Nkrumah. Il dibattito per capire se è nkrumaista sarebbe troppo lungo da affrontare, ma Rawlings partecipa alla riabilitazione di Nkrumah e mantiene uno spazio aperto al panafricanismo in Ghana. Anche se sul piano politico, le cose risultano essere ben più complicate.

Successivamente, Rawlings si è molto avvicinato a Thomas Sankara, il giovane presidente burkinabé. E questa vicinanza non è vista di buon occhio dai dirigenti vicini, Gnassingbé Eyadéma in Togo e soprattutto Félix Houphouët-Boigny in Costa d’Avorio. La politica estera del Ghana considera sempre le sfide continentali e il Paese, durante il suo governo, resta una delle mete privilegiate della diaspora africana, in particolare quella afroamericana e caraibica. Sul campo, Rawlings ha sostenuto i movimenti di liberazione in Angola, in Mozambico e contro l’apartheid in Sudafrica. Una volta lasciato il potere, ha continuato a lavorare a favore della gioventù africana, non smettendo mai di sostenere delle iniziative, tra cui la presidenza del Comitato del Memoriale Thomas Sankara.

Infine, qual è il bilancio per il Ghana e per l’Africa tutta dei suoi vent’anni passati alla presidenza del suo Paese?

Rawlings è stato al potere vent’anni. E ha vissuto vent’anni da ex presidente. Ha instaurato un clima e una cultura politica che ha fatto sì che tutti gli ex presidenti vivessero tranquillamente in Ghana. Tutte le crisi politiche ghanesi sono state risolte tra ghanesi. La personalità di Rawlings e la sua longevità politica sono, dunque, elementi importanti per comprendere l’impatto che ha avuto sul proprio Paese e sull’Africa in quanto modello. Quarant’anni di presenza, ovvero quattro volte quella di Kwame Nkrumah che resta comunque la più importante figura politica del Ghana e di tutta l’Africa, sono sufficienti per costituire un pilastro della storia politica africana. Basta vedere come la sua scomparsa abbia innescato il dibattito in occasione delle ultime elezioni presidenziali per comprendere che l’eredità di Rawlings deve essere preservata, ma deve anche essere un insegnamento per evitare un ritorno al passato.

Nota

[1] Kwame Nkrumah è il padre dell’indipendenza del Ghana, primo Stato dell’Africa subsahariana a guadagnarla nel 1957. Con il nome di Gold Coast, il Paese era governato dagli Inglesi dalla fine del XIX secolo.  Nkrumah governa il Ghana come Primo Ministro fino al 1960 e, successivamente, come Presidente della Repubblica fino al 1966. Durante la sua carriera non ha mai smesso di lavorare per il suo ideale panafricano e per l’unità del continente.

Traduzione dal francese di Ada De Micheli. Revisione di Thomas Schmid.