Boris Vian scrisse la canzone Le Diserteur nel 1954, cantata la prima volta nel maggio dello stesso anno da Marcel Mouloudji. La canzone ebbe un grandissimo successo ed è stata tradotta in moltissime lingue e dialetti, tra i quali il ligure e il piemontese.
In una delle sue tante versioni ha risuonato ancora sabato mattina in piazza Carignano a Torino in occasione della ormai consueta Presenza di Pace, arrivata il 27 dicembre 2025 ai 200 giorni di riunione. Ma ci piacerebbe non fosse così.
La prima giornata si tenne il 26 febbraio del 2022, organizzata dal Coordinamento Agite, in occasione dell’inizio della guerra in Ucraina. L’idea era quella di creare “un presidio per la pace in Ucraina che cerca di mettere insieme le istanze pacifiste e nonviolente con l’obiettivo ambizioso di far convergere tutte le forze disponibili”, così venne descritta l’idea alla base della giornata.
Una 200° Presenza di Pace in cui la canzone di Vian ben introduce l’appello di Enrico Peyretti del Centro Studi Sereno Regis: “Ce la sentiamo di dire, … noi siamo i disertori? Disertori umanamente, politicamente, civilmente, da questa tendenza del governo italiano a coinvolgerci in questa guerra? Facciamo tutto il possibile per boicottare questa situazione”.
La diserzione è quindi un modo sia di evitare di contribuire alla guerra direttamente, sia un modo per non aderire alla propaganda bellica del pacem para bellum, locuzione latina che vede nella deterrenza militare il modo di mantenere la pace, concetto sostenuto attualmente dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni ma purtroppo anche dal presidente Mattarella e concretizzato dall’aumento delle risorse economiche previste per il settore militare.
Il riarmo però, non evita i conflitti, la pace non può essere costruita con le armi ma solo con un lavoro di condivisione, confronto e accoglienza. E religiosità, ma non quella dogmatica di questa o quella religione, ma quella sociale e spirituale di Aldo Capitini ricordato da Pietro Polito nel suo intervento.
Una 200° Presenza di Pace che nonostante tutto non demorde e non si scoraggia ma, anzi, sente la necessità di allargare il cerchio che ogni sabato si forma in piazza Carignano per testimoniare l’obiezione alla guerra in ogni sua forma. Insomma, una chiamata alla diserzione da diffondere il più possibile.
Ecco il testo de Il disertore nella traduzione italiana di Giorgio Calabrese. La canzone è stata cantata, tra gli altri, da Ivano Fossati e Ornella Vanoni.
In piena facoltà,
Egregio Presidente,
le scrivo la presente,
che spero leggerà.
La cartolina qui
mi dice terra terra
di andare a far la guerra
quest’altro lunedì.
Ma io non sono qui,
Egregio Presidente,
per ammazzar la gente
più o meno come me.
Io non ce l’ho con Lei,
sia detto per inciso,
ma sento che ho deciso
e che diserterò.
Ho avuto solo guai
da quando sono nato
e i figli che ho allevato
han pianto insieme a me.
Mia mamma e mio papà
ormai son sotto terra
e a loro della guerra
non gliene fregherà.
Quand’ero in prigionia
qualcuno m’ha rubato
mia moglie e il mio passato,
la mia migliore età.
Domani mi alzerò
e chiuderò la porta
sulla stagione morta
e mi incamminerò.
Vivrò di carità
sulle strade di Spagna,
di Francia e di Bretagna
e a tutti griderò
di non partire più
e di non obbedire
per andare a morire
per non importa chi.
Per cui se servirà
del sangue ad ogni costo,
andate a dare il vostro,
se vi divertirà.
E dica pure ai suoi,
se vengono a cercarmi,
che possono spararmi,
io armi non ne ho.










