Ho lasciato passare alcuni giorni prima di scrivere. Ho fatto decantare questo evento, così come si fa con il buon vino. Questa volta ci metto la faccia e voglio raccontarvi in prima persona ciò che è accaduto il 28 dicembre 2025, un segno lampante che non si è soli nelle lotte.
Mi chiamo Simone e sono uno dei due organizzatori degli eventi “One Top is Our Shot”, riguardanti camminate a fondo resistente che si svolgono nella zona delle Prealpi varesine.
A ottobre ci fu il primo evento ed eravamo una decina; sono passati già tre mesi da quella data e questa realtà, nata dal basso, senza l’utilizzo di alcun social media è in continua crescita. Lo si è visto domenica 28 dicembre, perché a marciare in direzione “Punta di mezzo” nel Parco del Campo dei fiori, con bandiere e simboli della Palestina eravamo più di trenta.
Abbiamo condiviso il sentiero, abbiamo condiviso la salita, abbiamo anche soccorso una signora in difficoltà, abbiamo conquistato la vetta e issato la nostra terza bandiera a sventolare sulla provincia di Varese.
E’ stata messa a mezz’asta, di più non riusciva a salire, ma in fin dei conti nei gravi lutti nazionali le bandiere vengono posizionate a mezz’asta.

La situazione nella Palestina dilaniata è in continuo lutto e noi continueremo nella nostra missione, seppur piccola e di nicchia, guidati dalla forza e resilienza di questo popolo martoriato, schiacciato, calpestato, stuprato.
Non mi fermerò, non ci fermeremo perché in questo mondo, in questa nazione in cui ci stanno ”educando” a non lottare più, a restare fermi e immobili davanti agli schermi dei cellulari, io mi ribello; noi ci opponiamo e agiamo concretamente in una missione che è simbolo di riscatto e dà voce a quelli a cui la voce è stata tolta, soffocata, strozzata.
I simboli della Palestina, ogni volta ci tengo a sottolinearlo, sono i simboli portati anche per tutte quelle realtà e minoranze di cui non si sente mai parlare e che non fanno scalpore, non fanno audience. Dalla guerra civile in Myanmar iniziata nel 2021, allo sfruttamento minorile continuo delle miniere in Congo, per passare al Kurdistan, ai migranti e il cimitero del Mare nostrum, sino ad arrivare agli emarginati, alle persone sfruttate e assoggettate di ogni parte del globo.
Per me, per noi, issare una bandiera palestinese sulle vette di casa nostra significa parlare e far parlare di tutte queste realtà appena citate. Situazioni e realtà sempre più tralasciate e abbandonate.
Camminare e marciare con questo fine mi alleggerisce lo zaino; anche se è pieno e pesante, lo sento leggero perché non sono solo io a portarlo. Con me c’è lo spirito di tutti coloro che lottano con il proprio corpo, con il proprio sangue, nella propria terra, per la propria vita.
L’appuntamento è a gennaio, per la nostra quarta vetta, con un augurio per un nuovo anno di cambiamenti, convinti che solamente tramite l’azione concreta si possa avanzare verso una giustizia universale.
Buon 2026.










