Il polo di Jesi doveva essere inaugurato a giugno, ma slitta tutto al settembre 2026.

E’ arrivata l’11 dicembre a Jesi, e più in generale nelle Marche, la tanto attesa telefonata. Amazon Italia ha chiamato il sindaco della città federiciana Lorenzo Fiordelmondo (PD), per comunicargli il periodo di apertura del nuovo polo logistico della multinazionale statunitense nel settembre 2026. “Entra infatti in campo – scrive il sindaco su facebook – un nuovo importante soggetto col quale costruire un percorso in grado di offrire sviluppo industriale, economico e sociale alla nostra comunità”.

La notizia giunge poche ore dopo quella dell’accordo tra il colosso mondiale della logistica e l’Agenzia delle Entrate italiana. Amazon ha raggiunto l’accordo con il fisco per chiudere il contenzioso che la vedeva debitrice tra imposte, interessi e sanzioni per circa 3 miliardi di euro. Verserà solamente, in comode rate, 723 milioni. Il mancato gettito fiscale per lo Stato di quasi 2,5 milioni di euro, contribuirà nei prossimi anni a ridurre i servizi pubblici per i cittadini. La telefonata al Sindaco di Jesi, di conseguenza è stata letta anche come una sorta di regalia conseguente alla transazione fiscale.

In città e in regione, da qualche mese c’era grande preoccupazione per il rinvio non motivato dell’apertura dello stabilimento; dall’estate Amazon Italia si era limitata a diffondere un comunicato stampa assai vago, in cui le interpretazioni avrebbero potuto essere molteplici e contrastanti:

“Amazon pianifica i suoi nuovi edifici con anni di anticipo ed è costantemente impegnata nella revisione della propria rete logistica. Ci sono molti fattori che possono influenzare le date di apertura, e condivideremo gli aggiornamenti quando saranno disponibili”.

Eppure, da qualche mese, lo stabilimento è ultimato e in parte funzionante per alcuni servizi interni, con 110 addetti, soprattutto manutentori. Una dilazione dei tempi che ha portato in zona anche la troupe di Report, per un servizio che andrà in onda già forse entro l’anno.

La paura di fare la stessa fine di Treviso e Siena, dove, cambiati i piani di sviluppo generale, a capannoni pronti per l’inizio attività, Amazon ha deciso di non aprire più, era davvero tanta. Così come ad accrescere la preoccupazione del mondo politico e economico marchigiano, erano anche le notizie arrivate in Italia a fine ottobre, sull’annuncio dei licenziamenti che coinvolgono circa 30.000 dipendenti a livello globale, concentrati principalmente negli uffici e nelle funzioni corporate; anche se non dovrebbero interessare direttamente l’Italia, secondo quanto dichiarato dai sindacati. Licenziamenti dovuti a una riorganizzazione aziendale, anche in risposta alla diffusione dell’intelligenza artificiale e a una riduzione dei costi.

Il nuovo polo Amazon di Jesi, costato 180 milioni di euro, per una superficie di 240.000 mq, che si staglia nel paesaggio della Vallesina, fortemente voluto dalla Regione, dal Comune, e unanimemente dalla politica e dall’imprenditoria locale, avrebbe dovuto aprire in pompa magna nel giugno di quest’anno.

L’iter amministrativo partito nel 2020, dopo alcune complicazioni urbanistiche con relative polemiche politiche, si era concluso nel 2022, e nel maggio 2023 è stato aperto il cantiere dei lavori di costruzione sulle aree per gran parte messi a disposizione dalla Interporto Marche s.p.a. Questa è la società per azioni di logistica intermodale, con capitale a maggioranza pubblico, il cui presidente, Massimo Stronati è stato nominato nel 2022, confermato nel 2025, dal governatore Francesco Acquaroli (FDI). Il manager, soprannominato anche “Mr. Amazon”, ha svolto un ruolo di facilitazione strategico per l’approdo di Amazon nel territorio; è anche il presidente della dalla soc. coop. CIPA Formazione e Servizi, l’impresa che ha tenuto mesi fa, su incarico della Regione e utilizzando risorse europee, il corso di formazione per “tecnico della gestione di magazzino”, teso a preparare persone tra i 18 e i 50 anni ad affrontare i processi di selezione delle grandi aziende.

“La comunità darà i suoi figli a questa grande macchina”, aveva esordito Lorenzo Socci, il moderatore di un convegno su Amazon tenutosi nel giugno 2024. Espressione che racchiude la visione della classe dirigente locale, politica ed economica, rispetto all’arrivo di Amazon. Viene demandata in maniera pressoché esaustiva all’iniziativa del colosso di Jeff Bezos la capacità di risolvere i problemi legati all’occupazione del territorio, ed in particolare della generazione più giovane (qui, molto più in fuga rispetto ad altre regioni). Sperando anche, considerate la prospettate assunzioni di 1000 posti a tempo indeterminato entro i primi tre anni, che possa farsi parzialmente carico delle diverse crisi aziendali che gravano nella provincia di Ancona.

La bolla mediatica gonfiata ad arte, copre però alcune questioni che riguardano sia lo stesso lavoro, che l’impatto ambientale di Amazon.

“Posti di lavoro – aveva spiegato nell’aprile 2024 l’ad di Amazon Italia Lorenzo Barbo – con una retribuzione di 1780 € lordi mensili, più benefit aggiuntivi; daremo spazio al 35% di occupazione femminile; verrà sviluppato un ambiente di lavoro inclusivo, con annessa la mensa di 700 posti e un parcheggio con 1000 posti auto dotato di colonnine per la ricarica elettrica dei veicoli. Per Amazon il rapporto con il territorio, la transizione ecologica e la sicurezza sul lavoro sono coordinate prioritarie”. Infatti, il 20 luglio 2023, a 2 mesi dopo la posa della prima pietra, nel cantiere ha perso la vita Ciro Adinolfi, operaio specializzato di 75 anni che lavorava per conto di una ditta esterna, a seguito di un malore fatale dovuto alle ondate di calore di quelle giornate.

Chissà poi se il lavoro sarà come quello annunciato dall’amministratore delegato, o come quello raccontato dal giornalista Andrea Rossi su La Stampa tempo fa? O se chi sta troppo in bagno verrà sanzionato? Amazon si è insediato in un territorio gravato da forti problematiche, già “Area ad elevato rischio di crisi ambientale”.

Ad oggi poi, ci sono anche questioni tutte ancora da risolvere, e che preoccupano gli abitanti del territorio: l’aumento del traffico pesante rispetto alla rete infrastrutturale già fortemente congestionata, considerato che i mille nuovi occupati, non avranno alcuna alternativa per raggiungere il luogo di lavoro, se non l’automobile. La movimentazione a stabilimento operante prevede 18 camion all’ora in entrata e in uscita da Amazon, che equivale a 432 camion giornalieri. Altro aspetto che preoccupa è quello del rincaro del mercato immobiliare, specie per le locazioni, a Jesi e paesi limitrofi. Una lievitazione dei canoni già iniziata all’arrivo delle centinaia di lavoratori delle ditte coinvolte nel cantiere.

Ma nessuno pensa a questi aspetti, già noti dall’esperienza dello stabilimento di Castelguglielmo in provincia di Rovigo, aperto nel 2020: dopo due anni e mezzo dall’apertura c’è stato un aumento del numero di precari che ha superato quello dei lavoratori con contratto stabile; contratti rinnovati di tre mesi in tre mesi, l’impiego di maestranze in lavori poco qualificati unito ad un ricambio continuo di lavoratori; a cinque mesi dall’apertura, i lavoratori a somministrazione erano l’84% degli occupati, un anno dopo il 53%. Anche lì l’aumento del 30% del prezzo degli affitti, e la difficoltà a trovare alloggi a cifre abbordabili in tutta la provincia, in cui una stanza singola è arrivata a costare fino a 400 euro.

Da ricerche fatte, nelle aree di insediamento Amazon in Italia, il reddito medio è compreso tra i 14 e i 20mila euro, mentre nelle Marche, nel 2023 il reddito medio dichiarato è stato 22.413 euro. Quindi, come dimostrato in altre zone d’Italia, l’arrivo di Amazon con la tipologia di contratti che applica, porta ad un impoverimento generale del territorio. Ma tutti a Jesi sperano che l’economia marchigiana, grazie ad Amazon, torni a correre.

E fino a settembre 2026, le variabili locali e internazionali, sono tante.