Dati inediti elaborati dal centro di ricerca olandese Profundo per conto di Altreconomia mostrano la gravissima responsabilità del colosso assicurativo tedesco (sponsor delle Olimpiadi) nell’acquisto di titoli di Stato emessi da Tel Aviv per finanziare anche la spesa militare. Per quanto riguarda l’Italia è confermato il passo indietro di Bper. Tra i “nuovi” investitori, pur con importi ridottissimi, c’è anche una società che fa capo a Fondazione Cariplo_

 

Nell’ultimo anno Allianz ha continuato di fatto a finanziare il genocidio contro la Striscia di Gaza. Il colosso tedesco dei servizi finanziari e assicurativi ha infatti acquistato “War bond” emessi dallo Stato di Israele per qualcosa come 1,7 miliardi di dollari solo tra gennaio e novembre 2025.

Lo mostrano dati inediti elaborati dal centro di ricerca olandese Profundo per conto di Altreconomia e aggiornati a metà novembre 2025. Ecco dunque chi ha in pancia i titoli obbligazionari emessi da Tel Aviv con sempre maggiore intensità dal 7 ottobre 2023 allo scopo di finanziare anche le spese militari.

Per quanto riguarda il ruolo di attori italiani, la ricerca di Profundo conferma il “passo indietro” del Gruppo Bper (di cui abbiamo scritto qui e qui) ma fa emergere, pur in maniera estremamente minoritaria, tre nuovi investitori nazionali. Tra loro c’è anche la Quaestio capital Sgr, società di gestione del risparmio con sede a Milano e di proprietà di una holding domiciliata in Lussemburgo il cui primo azionista è la Fondazione Cariplo.

Per quanto riguarda il ruolo di attori italiani, la ricerca di Profundo conferma il “passo indietro” del Gruppo Bper (di cui abbiamo scritto qui e qui) ma fa emergere, pur in maniera estremamente minoritaria, tre nuovi investitori nazionali. Tra loro c’è anche la Quaestio capital Sgr, società di gestione del risparmio con sede a Milano e di proprietà di una holding domiciliata in Lussemburgo il cui primo azionista è la Fondazione Cariplo.

Facciamo però un passo indietro. Nel febbraio di quest’anno le Ong BankTrack e Pax hanno pubblicato una ricerca, sempre sulla base di evidenze messe in fila da Profundo, che mostrava il ruolo significativo di banche e gestori europei e statunitensi nel finanziare Tel Aviv dall’inizio dell’offensiva sulla Striscia di Gaza dell’ottobre 2023.

Per sostenere l’imponente macchina bellica israeliana il Governo Netanyahu aveva infatti dato un forte impulso all’emissione di titoli di Stato, per un totale di 19,4 miliardi tra ottobre 2023 e gennaio 2025. L’emissione di questi prodotti finanziari era stata accompagnata da dichiarazioni pubbliche (ad esempio a opera di funzionari del ministero dell’Economia) e addirittura da un banner pubblicato sul sito istituzionale israelbonds.com che indicavano esplicitamente la finalità di finanziare la “guerra” contro Gaza.

BankTrack e Pax lo avevano detto chiaramente: “Le istituzioni coinvolte negli acquisti di titoli corrono il rischio di aver contribuito a violazioni dei diritti umani su larga scala, crimini di guerra e genocidio”.

I maggiori investitori in titoli di Stato israeliani all’inizio dell’anno erano Allianz e sette grandi banche europee e statunitensi: Goldman Sachs, Bank of America, Citigroup, Deutsche Bank, Bnp Paribas, JPMorgan Chase e Barclays (e in piccola parte anche Bper, come detto, tramite Arca Fondi Sgr).

I risultati di questa nuova analisi aggiornata danno conto di dinamiche interessanti. Tra ottobre 2023 e novembre 2025 il governo di Israele ha emesso quasi 24 miliardi di dollari di titoli di Stato. Un aumento rispetto ai 19,4 miliardi di dollari riscontrati a gennaio 2025 anche se decisamente ridotto rispetto ai primi mesi di guerra.

Questa decelerazione è probabilmente dettata dal tentativo di normalizzazione portato avanti dal governo israeliano. Sul sito israelbonds.com, infatti, sono scomparsi i riferimenti alla “guerra”, seguendo la retorica del finto “cessate il fuoco” dichiarato in pompa magna da Donald Trump a inizio ottobre 2025 e più volte violato proprio dall’esercito israeliano. Ma tutto ciò potrebbe essere dovuto anche a una difficoltà sostanziale di piazzare ulteriori titoli sui mercati internazionali.

Sta di fatto che a novembre 2025 i “War bond” israeliani risultano principalmente in mano a investitori interni al Paese. Se si prendono in considerazione i primi 20 per valore delle quote possedute, 12 di questi sono israeliani. Una quota che sale se si considerano i primi 10 (otto sono israeliani) e i primi cinque (quattro). Secondo gli analisti di Profundo questa esposizione crescente degli investitori israeliani è superiore alle loro capacità e potrebbe esporli a un rischio elevato sul lungo termine.

La maggior parte dei War bond è concentrata del resto in pochi istituti. I primi 20 possiedono la quasi totalità del pacchetto (22,9 miliardi su poco meno di 24 miliardi), i primi 10 detengono poco più di 20,6 miliardi e solo i primi cinque ben 14,4 miliardi (cioè il 60% del totale).

Al primo posto c’è il fondo comune di investimento Ksm mutual funds, quotato a Tel Aviv, per un’esposizione di poco più di 3,6 miliardi di dollari. Seguono l’assicuratore israeliano Migdal (poco più di tre miliardi) e la citata Allianz. L’assicuratore tedesco, che è pure partner globale del Comitato olimpico internazionale e sponsor di Milano Cortina 2026, non è solo il più esposto tra gli investitori stranieri ma ha anche aumentato sensibilmente la sua posizione, passando dai 960 milioni di dollari registrati a gennaio 2025 a 2,67 miliardi di novembre 2025, un incremento come detto di 1,7 miliardi in meno di un anno. Quindi mentre la maggior parte degli istituti finanziari internazionali si libera dei titoli di Stato israeliani, Allianz ha triplicato la propria esposizione, associandosi sempre di più a un governo responsabile di gravissimi crimini contro l’umanità.

Segue il fondo di investimenti Meitav mutual funds (2,64 miliardi) e Harel Group (2,46 miliardi), la più grande compagnia di assicurazioni di Israele. Tra i primi 20 rientrano poi anche i grandi fondi speculativi statunitensi: Vanguard (968 milioni), BlackRock (149 milioni) e State Street (65,7 milioni).

Le grandi banche internazionali sembrano invece essersi sbarazzate dei titoli israeliani. L’analisi di febbraio 2025, infatti, mostrava i grandi istituti di credito statunitensi ed europei in testa ma adesso la musica sembra cambiata. L’esempio più significativo è quello di Goldman Sachs: se a inizio anno l’istituto statunitense deteneva qualcosa come 7,2 miliardi di dollari di titoli di Stato israeliani, a novembre di quest’anno la quota è scesa a soli 10 milioni. Casi analoghi si sono registrati per Bank of America (da 3,6 miliardi a non risultare più in elenco), Citigroup (da 2,9 miliardi a zero), Deutsche Bank (da 2,5 miliardi a 15 milioni), Bnp Paribas che si è sbarazzata dei due miliardi di titoli, JPMorgan Chase (690 milioni contro i 28 attuali) e Barclays (che ha venduto per 500 milioni). Una scelta non dovuta certo a motivazioni etiche quanto piuttosto a operazioni di natura speculativa: prima comprare titoli obbligazionari ad alto rendimento a causa delle necessità belliche di Tel Aviv per poi sbarazzarsene una volta che quel rendimento viene a calare, magari per via di un finto “accordo” imposto da chi continua a bombardare.

Una parte dell’analisi di Profundo riguarda anche l’Italia. A gennaio 2025 il Gruppo Bper possedeva titoli di Stato israeliani per un totale di 99 milioni di dollari, tramite Arca Fondi Sgr, cresciuti fino a oltre 190 milioni nell’estate di quest’anno. Dopo la sua uscita di scena -frutto anche delle proteste di diversi correntisti e lavoratori- rimangono, a novembre 2025, tre investitori istituzionali italiani che possiedono ancora titoli di Stato israeliani per un totale di “soli” 7,1 milioni. Un ammontare minimo che merita comunque un approfondimento.

Il primo investitore è la società di intermediazione finanziaria ConsultInvest, con sede a Modena, con 3,1 milioni di euro. Segue con 2,4 milioni Banca Mediolanum, che ha acquistato titoli israeliani per il tramite della Mediolanum International Funds Ltd., veicolo societario del Gruppo con sede però in Irlanda. Chiude il cerchio la Quaestio Capital Management Sgr con 1,5 milioni. Nata nel 2009, la società con sede a Milano dichiara sul proprio sito di gestire a oggi oltre 15 miliardi di euro grazie a “un team di circa 50 professionisti”.

Il capitale sociale di Quaestio Sgr risulta interamente detenuto dalla Quaestio Holding S.A., società lussemburghese di proprietà di Fondazione Cariplo (43,98% del capitale), Fondazione Cassa di risparmio di Forlì, Fondazione Cariparma, Fondazione Sardegna, Cassa italiana di previdenza e assistenza dei geometri liberi professionisti, e Fondazione Cassa di risparmio di Bolzano.

 

La compagine sociale di Quaestio Holding al 2 dicembre 2025

 

Quando abbiamo chiesto a Quaestio le “ragioni” di questa operazione finanziaria ci è stato risposto che l’ammontare è infinitesimale e che la scelta dei titoli è da attribuirsi a fondi di fondi cui la società si appoggia, limitandosi a una valutazione del loro operato di natura meramente regolamentare. Per qualcuno è davvero tutto in ordine.

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