Una coalizione di organizzazioni umanitarie e della società civile ha diffuso nuovi dati che evidenziano ostacoli gravi e ricorrenti nell’accesso alla procedura per la protezione internazionale a Trieste. I risultati mostrano pratiche in contrasto con la normativa nazionale ed europea, che lasciano centinaia di richiedenti asilo senza documentazione, accoglienza o servizi di base.
Principali evidenze:
- Accesso limitato: Ogni giorno decine di persone tentano di chiedere asilo presso l’Ufficio Immigrazione della Questura di Trieste, ma solo 10–12 vengono ammesse e ancora meno riescono a formalizzare la domanda.
- Ritardi eccessivi: La registrazione delle richieste di protezione internazionale avviene in media tre settimane dopo il primo tentativo, con molti costretti ad attendere 30–60 giorni, intrappolati in un limbo giuridico senza documenti, assistenza sanitaria adeguata o sistemazione.
- Pratiche illegittime: Il rapporto documenta criteri di accesso non trasparenti, ripetuti allontanamenti senza giustificazione, controlli informali dei telefoni cellulari, rinvii orali verso altre Questure o Paesi, mancata protezione delle persone vulnerabili e persino provvedimenti di espulsione nonostante una chiara manifestazione della volontà di chiedere asilo.
Le organizzazioni avvertono che queste pratiche hanno lasciato centinaia di persone senza riparo, spesso costrette a vivere in situazioni precarie come l’area dell’ex Porto Vecchio. Nell’autunno 2025 si stima che oltre 200 persone al giorno abbiano vissuto in tali condizioni, esposte a gravi rischi per la salute. Attualmente più di 100 individui rimangono in strada senza accoglienza. La giurisprudenza europea sottolinea che tali situazioni possono configurare trattamenti inumani e degradanti.
International Rescue Committee










