Report dei sei osservatori della sezione italiana di Amnesty International che erano presenti alla manifestazione nazionale ‘Show Israel the red card’ svolta in concomitanza alla partita di calcio Italia-Israele per monitorare e accertare il rispetto degli standard internazionali su diritto di raduno pacifico, libertà di espressione e uso della forza da parte della polizia.
11 novembre 2025 – Al momento della diffusione di questa dichiarazione, le autorità non avevano risposto.
Il 14 ottobre 2025, in occasione della partita di calcio Italia-Israele, si è svolta a Udine la manifestazione nazionale Show Israel the red card contro la normalizzazione del genocidio nella Striscia di Gaza da parte di Israele e contro la partecipazione della nazionale di calcio israeliana alle qualificazioni per la prossima Coppa del mondo.
Alla manifestazione, iniziata alle 17:30, hanno preso parte persone arrivate da tutta Italia, in una città dove Viminale e Prefettura avevano disposto un importante dispositivo di sicurezza, visibile già dai giorni precedenti.
Durante la manifestazione, sei osservatori di Amnesty International Italia specializzati nel monitoraggio di situazioni pubbliche a rischio hanno monitorato lo svolgimento della protesta per verificare che l’operato delle forze di polizia rispettasse gli standard internazionali su diritto di raduno pacifico, libertà di espressione e uso della forza da parte delle forze di polizia.
L’organizzazione ha poi intervistato 18 persone: 15 che avevano partecipato alla manifestazione, un avvocato, un esponente del Comitato per la Palestina di Udine (uno dei gruppi organizzatori) e un giornalista.
Il 30 ottobre Amnesty International Italia ha infine condiviso le proprie preoccupazioni in materia di diritti umani con la Questura di Udine al fine di offrire la possibilità di rispondere e commentare prima della pubblicazione.
Preoccupazione per le violazioni dei diritti umani commesse il 14 ottobre a Udine
Uso massiccio e indiscriminato di gas lacrimogeni
Al termine di una manifestazione svoltasi in maniera pacifica per le strade della città di Udine, la grande maggioranza delle persone partecipanti si è concentrata nell’area concordata per la fine del corteo, piazza I Maggio.
Intorno alle 20:15 un piccolo gruppo di manifestanti, composto da svariate decine di persone, ha tentato di sfondare il cordone della polizia in viale della Vittoria. Le autorità hanno risposto – senza preavviso – utilizzando prima due cannoni ad acqua a distanza ravvicinata e subito dopo gas lacrimogeni e in misura minore i manganelli. L’osservazione della task force e i video visionati da Amnesty International hanno rilevato un utilizzo massiccio e indiscriminato di munizioni e granate contenenti gas lacrimogeni; la stessa Questura di Udine riporta di averne utilizzate circa 150.
L’ingente lancio di gas lacrimogeni, inizialmente in direzione di una minoranza di persone che cercava di sfondare il cordone delle forze di polizia, ha poi raggiunto anche la piazza I Maggio, dove si svolgevano gli interventi finali della manifestazione pacifica, imponendo alle realtà organizzatrici di porre fine alla stessa con un largo anticipo rispetto alle tempistiche concordate con le autorità, in modo da tutelare la sicurezza delle migliaia di persone ancora presenti, incluse persone anziane e minorenni.
Le testimonianze delle persone manifestanti e degli osservatori di Amnesty International Italia e i video che Amnesty International Italia ha potuto visionare hanno confermato che il lancio dei gas lacrimogeni è durato per circa un’ora e mezzo e che in diversi casi le munizioni sono state sparate ad altezza di persona e in alcune occasioni a distanza ravvicinata anche contro persone che stavano manifestando pacificamente.
Un manifestante e giornalista che stava scattando fotografie durante la protesta ha testimoniato ad Amnesty International Italia di essere stato colpito con il manganello sulla schiena e sulle braccia insieme a circa altre cinque persone, molte delle quali con le mani alzate, che si stavano nascondendo dietro una fermata dell’autobus all’angolo tra piazza I Maggio e viale delle Vittorie, nel tentativo di evitare il getto d’acqua dell’idrante. Il manifestante ha presentato denuncia in Procura per le contusioni subite e ha testimoniato che altre due persone che erano con lui sono state colpite dai manganelli dopo essere cadute a terra.
Fermi e misure amministrative
Dopo la conclusione della manifestazione, intorno alle 21:45, almeno 13 persone (sette uomini e sei donne) sono state fermate dalle forze di polizia e trasferite in Questura.
Amnesty International Italia ha parlato con dieci di loro, che hanno testimoniato di essere state fermate in via Giosuè Carducci, a circa un chilometro dall’area del raduno in piazza I Maggio, mentre stavano rientrando a piedi dalla manifestazione. Alcune si stavano dirigendo verso l’automobile e altre verso la stazione ferroviaria. In base alle testimonianze raccolte, svariate decine di agenti in tenuta antisommossa hanno bloccato la strada in entrambe le direzioni e hanno tentato di fermare indistintamente tutte le persone che vi si trovavano in mezzo.
Le persone fermate hanno raccontato di esser state afferrate bruscamente dalle forze di polizia, perquisite e poi portate in Questura a sirene spiegate per la loro identificazione. In almeno due casi, le persone hanno riferito ad Amnesty International Italia di essere state messe a terra dagli agenti e colpite dai manganelli, nonostante avessero le mani alzate; altre due manifestanti hanno raccontato di essere state prese mentre camminavano impaurite dall’ingente numero di agenti in tenuta antisommossa e di essere poi state spinte violentemente verso il muro per essere perquisite.
Le persone ascoltate da Amnesty International Italia hanno affermato di aver partecipato in maniera pacifica alla manifestazione.
Le persone fermate sono state trattenute per circa cinque ore in Questura: i sette uomini sono stati chiusi a chiave in una stanza a parte mentre le donne sono state tenute nel corridoio. Nessuna delle persone fermate ha potuto ottenere informazioni rispetto alle ragioni del fermo e tutte sono state private del proprio cellulare e della possibilità di effettuare telefonate. A dieci di loro è stato poi notificato il foglio di via obbligatorio di un anno dalla città di Udine.
Questa misura amministrativa preventiva vieta la presenza di una persona in un territorio specifico diverso da quello di residenza ed è imposta dal questore senza un preventivo controllo giudiziario quando si ritiene che la “pericolosità sociale” di una determinata persona possa costituire una minaccia per la sicurezza pubblica. Tra le persone fermate e trattenute era presente un ragazzo che ha dichiarato di aver partecipato pacificamente alla manifestazione di piazza I Maggio insieme ai genitori. Il ragazzo ha riferito di essere stato fermato mentre stava camminando verso la stazione ferroviaria, nei pressi di piazza della Repubblica, dopo la fine della protesta, quando ha visto arrivare decine di poliziotti a bloccare tutte le strade intorno e le vie d’uscita. Anche lui è stato trasferito in Questura, dove ha ricevuto un foglio di via da Udine, nonostante avesse un lavoro che richiedeva la presenza quotidiana in città e da cui è stato costretto a dimettersi. Secondo il suo avvocato, il foglio di via obbligatorio è stato emesso in maniera frettolosa e senza le verifiche necessarie e ha pertanto presentato ricorso alla Prefettura.
Un’altra persona colpita dalla misura amministrativa stava collaborando con un ufficio nella città di Udine e stava per firmare un contratto, che ha dovuto però essere sospeso a causa dell’impossibilità di recarsi sul luogo di lavoro. Amnesty International Italia ha espresso preoccupazione per il rischio che, sulla base delle testimonianze raccolte, i fogli di via obbligatori siano stati emessi illegittimamente contro persone che erano state fermate in maniera casuale e la cui “pericolosità sociale” non era stata valutata.
Amnesty International Italia ha potuto visionare i documenti dei fogli di via delle persone intervistate, che confermano l’assenza di una valutazione complessiva necessaria sui soggetti colpiti dal provvedimento e l’assenza di denunce o precedenti penali o di polizia. Solo in un caso, il foglio di via rilevava precedenti denunce che non avevano condotto in alcun caso a condanne penali o amministrative né a misure di prevenzione.
Amnesty International denuncia da tempo l’utilizzo abusivo dei fogli di via in quanto misura che si basa su motivazioni vaghe e discrezionali ed è imposta dalle autorità amministrative senza una preventiva autorizzazione giudiziaria e senza le garanzie del processo penale. Misure amministrative del genere violano i principi di legalità e della presunzione di innocenza, sono in contrasto con le garanzie di un processo equo e possono anche violare i diritti alla libertà della persona e alla libertà di movimento.
L’organizzazione per i diritti umani ha rilevato anche come lo strumento del foglio di via venga sempre più utilizzato come mezzo di dissuasione per impedire l’esercizio del diritto di riunione pacifica o come deterrente per la partecipazione attiva.
Allo stesso tempo, la modalità per poter annullare un foglio di via obbligatorio prevede un aggravio procedurale e di spese legali rilevanti per le persone ricorrenti. Almeno cinque tra le persone colpite dal foglio di via hanno dichiarato che vorrebbero presentare ricorso contro la misura amministrativa ma che non hanno le possibilità economiche per sostenerlo.
Ulteriori informazioni sull’uso delle armi meno letali
Riguardo ai gas lacrimogeni, gli standard internazionali riguardanti l’uso della forza e delle armi meno letali prevedono che il loro impiego e uso debbano essere posti sotto il comando e il controllo di un ufficiale con funzioni di comando e adeguatamente formato per evitare o ridurre i danni per le persone e per garantirne un uso sicuro e appropriato.
Le forze di polizia possono legittimamente usare i gas lacrimogeni solo in caso di violenza diffusa, ma mai possono ricorrervi nel caso di atti isolati di violenza e tantomeno per disperdere un’assemblea pacifica. La quantità di gas lacrimogeno erogato deve essere attentamente monitorata e controllata. È necessario evitare quantità eccessive per prevenire danni sproporzionati e limitare l’impatto sulle persone che vivono nella zona o sulle stesse persone partecipanti.
Nel caso si renda necessario l’uso dei lacrimogeni, vi deve essere sempre un preavviso prima del loro impiego per permettere la dispersione delle proteste; se utilizzati, non devono mai essere lanciati direttamente contro le persone manifestanti, poiché potrebbero causare gravi lesioni o morte, né contro persone in fuga o già disperse.
Secondo gli standard internazionali, l’utilizzo dei cannoni ad acqua deve essere limitato a situazioni in cui la violenza è così grave e diffusa che non è più possibile affrontare individualmente le persone violente e gli stessi non dovrebbero essere utilizzati su persone troppo vicine.
I manganelli infine possono essere utilizzati solo come difesa contro attacchi violenti, dando un chiaro ordine di cessare la violenza. Ogni colpo deve essere giustificato. Non devono in nessun modo essere utilizzati per disperdere un raduno pacifico o contro persone che sono pacifiche, che oppongono solo una resistenza passiva, che sono già sotto il controllo di un agente o che stanno fuggendo.










