La sera del 3 novembre presso il Centro Pace di Forlì di è svolto un incontro sulle tematiche della riforma costituzionale sull’ordinamento giudiziario. 

Organizzato dal Centro Pace con Libera e Costituzione e Democrazia, si è parlato  della riforma con il dottor Carlo Sorgi, già magistrato, il dottor Emanuele Picci, presidente sezione Associazione Nazionale Magistrati di Forlì, e con gli avvocati Marco Martines e Licia Zanetti, presidente Camera penale Romagna. 

Il titolo significativamente era  “ informare e confrontarsi” che sono stati i due scopi dell’incontro al quale hanno partecipato circa 80 persone, molte delle quali sono intervenute con domande e riflessioni.

Nella serata  sono state date  informazioni sul tema, fornendo anche materiale cartaceo di riferimento,  e si sono confrontati i diversi orientamenti con rispetto reciproco per fare in modo che al termine  dell’incontro i presenti potessero formarsi una propria opinione.

La centralità del tema è di tutta evidenza così come la necessità di una corretta e completa informazione. Infatti occorre sgomberare il campo da messaggi fuorvianti.

La riforma, che per essere definitiva richiede auspicabilmente ancora un passaggio referendario, non è una riforma della giustizia, non ci sarà nessuna conseguenza sulla situazione reale della giustizia del paese ed è lo stesso ministro Nordio, d’altro canto, a precisarlo: “Non ho difficoltà a riconoscere che la riforma non risolve nessuno dei problemi della giustizia” (Repubblica, 11/10/2025 ) questo nonostante i gravi problemi in termini di tempi e di risorse del settore giustizia. 

La riforma non è neppure una separazione delle carriere tra giudici e PM come si cerca di indicare attraverso i mezzi di informazione. Infatti le carriere sono già di fatto separate ( 40 magistrati all’anno su un organico di 10 mila magistrati transitano annualmente dall’una all’altra funzione) e comunque non serviva una legge costituzionale per separare le carriere per il semplice fatto che l’unione delle funzioni giudice PM non è un principio costituzionale (come a suo tempo affermato anche dalla Corte Costituzionale: ”La Costituzione … non contiene alcun principio che imponga o al contrario precluda la configurazione di una carriera unica o di carriere separate fra i magistrati addetti rispettivamente alle funzioni giudicanti e a quelle requirenti”,  (sent. n.37\2000).

La chiave di lettura della riforma Nordio è esclusivamente politica: con la legge costituzionale si vogliono superare i controlli sempre più “indigesti” per  chi vede nella investitura popolare un lasciapassare per poter decidere come crede. L’ultimo esempio della Corte dei Conti è significativo in questo senso. 

L’”interpretazione autentica” di questa riforma è quella fornita  dalla Presidente del Consiglio che, dopo la recente decisione della Corte dei Conti, ha dichiarato: «La mancata registrazione da parte della Corte dei Conti della delibera riguardante il Ponte sullo Stretto è l’ennesimo atto di invasione della giurisdizione sulle scelte del Governo e del Parlamento. La riforma costituzionale della giustizia e la riforma della Corte dei Conti rappresentano la risposta più adeguata a una intollerabile invadenza, che non fermerà l’azione di Governo».

Un ulteriore aspetto altrettanto preoccupante è lo svilimento del ruolo del Parlamento al quale abbiamo assistito nell’iter per il doppio passaggio del testo ai sensi dell’art. 138 Costituzione che non ha potuto dibattere la legge, ma solo votarla a “scatola chiusa”.

Piero Calamandrei, uno dei padri della nostra Costituzione, scriveva: “Nel campo del potere costituente il governo non può avere alcuna iniziativa, neanche preparatoria. Quando l’Assemblea discuterà pubblicamente la nuova Costituzione, i banchi del governo dovranno essere vuoti”. Per la riforma sulla separazione delle carriere abbiamo assistito ad una umiliazione delle prerogative parlamentari con votazioni blindate sul testo governativo della riforma e nessuna possibilità di dibattito parlamentare. 

Aula sorda e grigia la chiamava Mussolini e il rischio è che la caduta delle prerogative parlamentari accentui i richiami.

 

Carlo Sorgi, già magistrato

Raffaele Barbiero, Centro Pace Forlì