La vicenda è nota: Angelo D’Orsi, storico e accademico, avrebbe dovuto tenere una conferenza dal titolo “Russofobia, russofilia, verità” presso il Polo del 900 a Torino, ma l’evento previsto per il 12 novembre è stato annullato a seguito di un post di Carlo Calenda, che ha chiesto al sindaco di Torino Stefano Lo Russo di intervenire per fermare l’iniziativa definendola “propaganda putiniana”, richiesta che è stata rilanciata da Europa radicale e da Pina Picierno, vicepresidente PD del Parlamento Europeo. A stretto giro è poi arrivata una presa di posizione ufficiale dell’Anppia nazionale, che ha preso le distanze dall’adesione della sua sezione torinese alla conferenza. A fronte di quello che a molti appare come un atto di censura, il circolo Arci La Poderosa ha offerto la propria sede per ospitare l’incontro con la partecipazione del giornalista Vincenzo Lorusso, in collegamento da Lugansk, di Alessandro Di Battista e di Moni Ovadia.
Questo l’antefatto. Certo il confronto tra la manifestazione degli antiputiniani doc che si è svolta nel tardo pomeriggio in centro e la serata a La Poderosa è impietoso: una sessantina mal contata contro un capiente salone stracolmo già un’ora prima dell’inizio della conferenza, tanto che gli organizzatori hanno dovuto predisporre sedie e impianto audio nel cortile; c’era parecchia gente ad ascoltare assiepata anche in strada.
Prima dell’inizio della conferenza sono riuscito a chiedere ad Angelo D’Orsi qual è il senso del titolo della sua riflessione su russofobia, russofilia, verità e cosa pensa della censura che lo ha colpito.
“In generale” mi ha risposto il professore “diciamo che la russofobia, pur avendo momenti alterni, in realtà ha degli elementi di fondo. Vale a dire che i russi sono presentati non solo come orientali, ma come barbari, diversi da noi, sono un altro da noi che non ci interessa conoscere, con il quale non ci interessa dialogare. Questo è l’elemento di fondo che attraversa le varie epoche. Ci sono stati però anche dei momenti di russofilia, cioè di attenzione benevola verso la Russia, ad esempio quando è andato al potere Gorbaciov. C’è stato un momento più remoto di russofilia dopo la prima rivoluzione russa, quella del febbraio del 1917 con la caduta dello Zar, che aveva suscitato entusiasmo anche nel mondo occidentale, e perfino con la nascita dello Stato Sovietico c’è stato un momento di attenzione benevola per ciò che stava accadendo in Russia; tra l’altro Torino è stata capofila da questo punto di vista. Noi non possiamo concepire, infatti, un’identità europea che escluda Tolstoj, Dostoevskij, Cechov, o tutto ciò che la Russia ha prodotto nei secoli perché è parte intrinseca della nostra identità europea. La russofobia poi invece ha prevalso negli anni della guerra fredda e, dopo la fine dell’URSS, da quando Putin è salito al potere.
“Oggi” ha proseguito D’Orsi “i media hanno cominciato di nuovo a spargere una russofobia veramente estrema, anche grottesca, ridicola, di cui noi siamo ancora vittime. Allora lo scopo della mia conferenza è proprio questo, provare a mettere un po’ le cose in chiaro, analizzando le scaturigini storiche, le implicazioni politiche e la situazione attuale, mostrando anche l’assurdità e la stupidità della russofobia.”
Alla mia domanda sull’annullamento della serata al Polo del 900, il professor D’Orsi ha risposto: “Assolutamente non mi aspettavo, non avrei mai potuto immaginare, neanche in un incubo, che nella mia città, dove io sono stato professore universitario per 45 anni, dove ora insegno come professore a contratto al Politecnico, mi si impedisse di tenere una pubblica lezione.
Non mi è mai successo, io faccio lezioni un po’ dappertutto, tra novembre e dicembre ne farò due a Parigi, una a Teheran, a Saragozza, a Barcellona e in varie città italiane. Ma che nella mia città mi si impedisse di fare una conferenza al Polo del Novecento è veramente una cosa raccapricciante. Calenda è un personaggio per me patetico, però ho anche contato che ieri erano 500 i messaggi, adesso sono di più, di solidarietà, in cui mi incoraggiano a non mollare, andare avanti, e così via. Anzi, mi invitano ad approfittare di questa situazione per rilanciare un movimento che parta da alcune basi, uno delle quali è il rifiuto della guerra, il rifiuto del sostegno a questa guerra accelerata in cui noi siamo pienamente implicati.
Insomma, io prima non mi aspettavo la censura e dopo non mi aspettavo tanto movimento di solidarietà, che non è solidarietà ad Angelo D’Orsi, che non conta niente, ma è solidarietà all’idea che non possiamo lasciarci sopraffare, non possiamo perdere il diritto all’espressione di un pensiero diverso rispetto al pensiero binario: cioè che se non sei a favore di Zelensky, sei per Putin, se non sei a favore di Netanyahu, sei per Hamas, c’è solo il 7 ottobre, il 22 febbraio eccetera, eccetera. In realtà è compito dello storico di far vedere proprio i processi che portano alle situazioni attuali e questa conferenza è parte del mio mestiere di storico. Quindi la parola verità nel titolo ha proprio questo senso. Il compito della storia è accertare la verità al di là della russofobia e della russofilia, tutto qua”.
Questi concetti sono stati approfonditi dal professor D’Orsi durante la conferenza che ha visto la partecipazione on line di Vincenzo Lorusso, intervenuto da Lugansk, Alessandro Dibattista e Moni Ovadia, che hanno espresso solidarietà e sdegno per la censura e preoccupazione per il clima di intolleranza verso le voci indipendenti portato avanti da questo governo di destra, ma purtroppo anche da parti dell’opposizione. D’Orsi ha concluso con queste parole la serata a La Poderosa: “Il fascismo ha sempre imposto il proprio potere non solo con la repressione, ma soprattutto con la prevenzione e l’atto di censura preventiva che voleva impedirmi di parlare gli assomiglia molto”
Cesare Manachino










