Ieri sera, 2 ottobre, il gruppo “Da Varese a Gaza” è riuscito nel suo intento di tenere alta l’attenzione sulla Palestina e sulla Global Sumud Flotilla. Sempre ieri è stato attivato un profilo Instagram del gruppo creatosi a fine agosto per la raccolta alimentare da destinare a Gaza: https://www.instagram.com/da_varese_a_gaza/
Mercoledì sera, 1° ottobre, la Global Sumud Flotilla è stata intercettata e bloccata in acque internazionali dalle forze militari israeliane e tutti gli equipaggi delle barche sono stati arrestati. Questo momento, purtroppo, era atteso e non ha colto impreparati i sostenitori a terra, tra cui i partecipanti al gruppo Da Varese a Gaza, che si sono fatti trovare pronti a mobilitare le piazze e a bloccare tutto. In tutte le piazze d’Italia ci sono state grandi manifestazioni e Varese non è stata da meno.
Nel giro di 24 ore è stato organizzato un presidio di emergenza con ritrovo alle 18:30 in Piazza Monte Grappa, che nel corso della serata si è trasformato in un corteo fino alla piazza adiacente l’Ospedale del Ponte, dove alle 21:00 era previsto un flash mob nazionale organizzato dalla rete degli operatori sanitari #DigiunoGaza e Sanitari per Gaza per commemorare gli oltre 1’600 operatori sanitari uccisi da Israele.

Il presidio si è aperto con diversi interventi di persone che hanno voluto parlare e portare il loro punto di vista per tutto quello che sta succedendo in Palestina, per manifestare sostegno agli attivisti della GSF e mandare loro un messaggio di incoraggiamento da lontano.
Da molti è stato ribadito il concetto che la piazza in questo momento storico così complicato è il luogo dove è giusto stare, dove potersi parlare, guardare in faccia, sostenersi e partecipare. Manifestare è scegliere di non stare zitti, di non essere indifferenti e la neutralità non è solo la decisione di non schierarsi, ma è menzogna e vigliaccheria, perché oggi Varese sa da che parte stare e si schiera dalla parte giusta. In piazza la rabbia viene condivisa. Molte persone che sono intervenute erano visibilmente commosse dalla partecipazione dei varesini, che evidentemente non sono solo elettori di destra, come solitamente si pensa di una città come la nostra.
Sono intervenute anche delle educatrici a portare la loro testimonianza di quanto poco si parli all’interno delle istituzioni scolastiche delle questioni politiche, ma la politica, quella alta, riguarda la vita comune e dovrebbe far parte dell’educazione dei nostri bambini e dei nostri ragazzi. Far crescere persone consapevoli e informate dovrebbe essere il primo compito della scuola pubblica, e questo spesso non avviene nella scuola italiana. Il messaggio che ci hanno lasciato è che “L’educazione non cambia il mondo, cambia le persone che cambiano il mondo” (Cit. Paulo Freire)
È intervenuto anche Gimmy, un ragazzo di origini peruviane, che ha ribadito come in momenti come questi non serva essere oratori coinvolgenti, ma serve essere “umani” e ha esortato a ricordarsi che i diritti si conquistano quando gli oppressi alzano la testa. Così come hanno fatto grandi figure di resistenza del passato, a partire dall’antico capo inca Tupac Amaru (José Gabriel Condorcanqui) che nel 1780 guidò un’insurrezione armata contro i dominatori spagnoli, passando per il popolo che chiedeva pane e diritti nella Rivoluzione Francese, arrivando a Rosa Parks, attivista per i diritti degli afroamericani negli Stati Uniti, o tanti altri che hanno avuto il coraggio e un’umanità più forti della loro paura di reagire agli oppressori. Così noi dovremmo ispirarci a chi ha combattuto prima di noi, per proseguire in questa lotta contro il genocidio in Palestina realizzato da un governo sionista e fascista come quello di Netanyahu
Poiché per oggi 3 ottobre è stato indetto uno sciopero generale a livello nazionale che nella serata di ieri sembrava potesse essere precettato, è intervenuta Stefania Filetti, segretario provinciale della Cgil, per dare indicazioni e chiarimenti su eventuali responsabilità di chi volesse partecipare e ragguagli sulle normative che regolano lo sciopero.
A seguire sono intervenute altre persone a portare la loro diretta testimonianza: Taqua, una ragazza di origini palestinesi che ha parlato della sua famiglia a Gaza e del fatto che la situazione sanitaria è disastrosa e ha raccontato quello che succede negli ospedali, dove gli operatori sanitari, a causa del blocco degli aiuti umanitari, da parte di Israele non possono curare feriti e malati. È intervenuta anche una donna pakistana, madre di 3 figli, che ha ricordato che la pace e la giustizia non sono solo sogni, ma diritti che appartengono a tutti i popoli.
Dalla piazza nel frattempo si alzavano grida di sostegno, cori e qualche richiesta di comporre un corteo, così gli organizzatori si sono attivati con le forze di polizia ed è stato chiesto di fare un corteo che potesse portare tutti i partecipanti davanti all’Ospedale del Ponte, dove terminare la serata e sciogliere il presidio.
Dopo l’autorizzazione delle forze dell’ordine, il corteo si è sviluppato tra Corso Aldo Moro, Via Vittorio Veneto, Via Morosini e in Piazza Trieste, dove qualche autobus ha dovuto attendere il passaggio del corteo per poter riprendere la circolazione.



Si è arrivati all’ospedale cantando Bella Ciao, lanciando slogan sulla Palestina Libera e sulla Resistenza, e qualche slogan contro la presidente del Consiglio Meloni. Molti cittadini affacciati alle finestre e ai balconi applaudivano al passaggio del corteo e i manifestanti li invitavano a scendere a manifestare.
In via Leonardo Da Vinci, nei pressi dell’Ospedale, ad un certo punto si è avvicinata anche un’ambulanza e la folla si è divisa ordinatamente per lascarla passare. Poi improvvisamente il mood è cambiato e un profondo silenzio e le tante luci, torce, candele accese hanno creato un’atmosfera più composta per avvicinarsi al punto di ritrovo, in Piazza Biroldi, per il flash mob dell’iniziativa nazionale “Luci sulla Palestina – 100 Ospedali per Gaza”.
Uno stetoscopio appoggiato su una bandiera palestinese circondata da piccole candele accese in memoria degli oltre 1.600 operatori sanitari morti a Gaza mentre compivano i loro lavoro: salvare le persone. Sono stati letti tantissimi nomi di medici, infermieri, assistenti che hanno perso la vita perché uccisi deliberatamente dai militari di Israele.

Si sono susseguiti canti e letture di poesie in un’atmosfera molto commovente. Al termine del flash mob è stato lasciato il microfono a chiunque volesse esprimere un pensiero e hanno parlato diverse persone emotivamente coinvolte: una ragazza che frequenta la terza media ha raccontato di aver potuto parlare con il suo professore di arte di quanto sta accadendo in Palestina e che era contenta di trovarsi in quella piazza in quel momento; due sorelle di origine marocchina uscite di casa poco prima su invito del corteo che le incitava a scendere in strada a protestare e a manifestare la loro vicinanza al popolo palestinese, diversi operatori sanitari che si dispiacevano e rammaricavano di quanto fosse accaduto ai loro colleghi palestinesi.
La serata si è conclusa con la lettura della poesia “Su questa terra” di Mahmud Darwish, tradotta da Saleh Zaghloul:
“Su questa terra esiste qualcosa per cui vale la pena vivere: il ritornare di aprile, il profumo del pane all’alba, il punto di vista di una donna sugli uomini, gli scritti di Eschilo, l’inizio dell’amore, l’erba su una pietra, le madri in piedi sul filo di un flauto, e la memoria che impaurisce gli invasori.
Su questa terra esiste qualcosa per cui vale la pena vivere: la fine di settembre, una donna che lascia i quarant’anni nel pieno della propria grazia, l’ora d’aria in prigione, le nuvole che prendono le sembianze di uno stormo di creature, i canti del popolo per coloro che muoiono sorridendo e la paura che hanno i tiranni delle canzoni.
Su questa terra esiste qualcosa per cui vale la pena vivere: su questa terra esiste la signora delle terre, la madre degli inizi e la madre delle fini. Il suo nome era Palestina, il suo nome è di nuovo Palestina. Mia signora: è proprio perché sei la mia signora, che sono degno di vivere.”
Foto di Michele Testoni










