Nel report appena pubblicato dall’Osservatorio contro la militarizzazione (Il processo di militarizzazione università iniziative nonviolente) si tenta di delineare le direttrici principali lungo le quali si è sviluppato il processo di militarizzazione negli Atenei, cercando di evidenziare alcune delle iniziative portate avanti con una modalità nonviolenta da parte delle componenti della comunità accademica (studenti, docenti, ricercatori e personale tecnico-amministrativo).

Pur senza la pretesa  di esaustività rispetto a tutte le azioni messe in campo, vi si delinea un quadro d’insieme che consente di valutare come ci si è mossi su questo tema nel mondo accademico negli ultimi anni (2023-25).
Ne riportiamo qualche stralcio, rinviando al sito per la lettura completa.

Premessa
A differenza del mondo della scuola, dove la militarizzazione si evidenzia nella didattica e nell’orientamento, in università oltre a questi ambiti occorre considerare anche quello della ricerca e quello della Terza Missione, cioè le collaborazioni con le aziende sul territorio e la divulgazione presso l’opinione pubblica.
Negli ultimi anni si è riscontrato un intensificarsi delle iniziative di militarizzazione del sistema universitario, con una presenza sempre più frequente e invadente delle Forze Armate, delle forze dell’ordine, ma anche dell’industria bellica (in primis Leonardo, Thales, Rheinmetall, RWM), di organizzazioni internazionali come la NATO e di partner legati alla filiera bellica come ad es. alcune università israeliane.

Le proteste contro il processo di militarizzazione hanno riguardato inizialmente la filiera bellica nel suo complesso, ma dopo il 7 ottobre 2023 si sono concentrate anche sulle collaborazioni con Israele per cercare di scongiurare o limitare il più possibile l’azione genocidiaria che sin dai primi momenti si intravedeva e si dispiegava su Gaza e sul resto del popolo palestinese.

Sintesi
Tra il 2023 e il 2025 diverse iniziative civiche e accademiche hanno preso posizione contro la progressiva presenza di logiche militari nelle università: collaborazioni con industrie belliche, ricerca con finalità militari, presenza di forze dell’ordine e misure di sicurezza negli Atenei.
Le forme d’azione sono state prevalentemente nonviolente: encampment e occupazioni pacifiche, sit-in e blocchi simbolici, scioperi e astensioni, cortei, lettere aperte e petizioni, campagne di disinvestimento e boicottaggio, lezioni all’aperto e azioni legali/denunce. Le reazioni delle istituzioni sono variate: talvolta dialogo e impegni, talvolta sgomberi coatti e procedimenti disciplinari.

Alcuni esempi in Italia (2023–2025)
C’è da rilevare che anche negli anni precedenti le proteste in questo ambito erano forti nelle università e si concentravano principalmente contro la NATO e contro l’ENI, la quale indirettamente interviene con i suoi interessi energetici ad alimentare scenari di guerra. Ed anche il conflitto in Ucraina, iniziato nel febbraio 2022, aveva stimolato le comunità accademiche e principalmente gli studenti a cercare di capire quali fossero le complicità del sistema accademico col sistema di guerra cui anche il nostro Paese stava contribuendo con l’invio di armi, in uno scenario di guerra nel quale dietro le quinte (ma neanche tanto dietro) era evidente la presenza della NATO.

E proprio contro la NATO nel 2022 iniziarono le prime contestazioni studentesche (principalmente con l’organizzazione Cambiare Rotta) attraverso qualche presidio informativo in alcuni Atenei della penisola nei quali, attraverso volantinaggi e “smegafonate” davanti ai Rettorati, si metteva in piedi una “contronarrazione” delle dinamiche che avevano portato al conflitto fra Russia e Ucraina.

Alle proteste degli studenti si unirono anche le mobilitazioni sindacali dei lavoratori del personale tecnico-amministrativo, in particolare di USB – Unione Sindacale di Base, che attraverso scioperi, manifestazioni, presidi e volantinaggi lanciò la campagna “Abbassare le armi, alzare i salari” con tanto di striscioni, proprio durante il conflitto ucraino, intravedendo il crinale verso il quale anche l’Italia si stava dirigendo e puntando il dito contro la NATO.

Segue un elenco (non esaustivo, ma documentato) delle principali iniziative di protesta nonviolenta nelle università italiane e all’estero sul tema degli accordi con la filiera bellica / partner israeliani e contro la militarizzazione dell’università nel periodo 2023–2025.
Riportiamo, infine, la chiusa del documento.

Buone pratiche nonviolente emerse (raccomandazioni operative)
Chiarezza nelle richieste: formulare richieste specifiche e misurabili (es. moratoria su nuovi contratti con aziende X per N anni).
Documentazione e trasparenza: registrare in forma pubblica le azioni e i rivendicati risultati per evitare narrazioni contrapposte.
Alleanze ampie: includere docenti, personale tecnico-amministrativo, sindacati e comunità locali per aumentare la legittimità e protezione.
Formazione alla nonviolenza: organizzare workshop su de-escalation e pratiche di protesta pacifica per minimizzare rischi di escalation.
Supporto legale: predisporre assistenza legale preventiva per i partecipanti, e raccogliere prove documentali di eventuali violazioni dei diritti di manifestazione.

Conclusioni
Tra il 2023 e il 2025 le iniziative contro la militarizzazione nelle università si sono espresse principalmente con forme nonviolente (encampment, sit-in, walkout, petizioni, teach-in, divestment). Queste azioni hanno aumentato la visibilità pubblica del tema e talvolta ottenuto aperture al dialogo; in altri casi hanno incontrato repressione o sgomberi, sollevando questioni giuridiche e di policy su libertà di espressione e ruolo delle forze dell’ordine nei campus.

Le pratiche più efficaci sembrano combinare pressione pubblica nonviolenta con strategie istituzionali (appelli formali, mozioni, supporto legale, alleanze ampie).
Ma bisogna poi monitorare quanti Atenei stiano davvero dando seguito a quanto previsto dalle varie delibere e decisioni approvate dagli Organi accademici.

Giuseppe Curcio, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università