D:La  Palestina in questi anni ha drammaticamente peggiorato le proprie condizioni politiche sociali ed economiche e le prospettive di vedere riconosciuto uno stato indipendente si sono assottigliate, mentre si inasprisce il genocidio anche il conflitto tra Hamas e l’OLP si è intensificato e nella società israeliana avanza il sionismo radicale. Qual è la tua analisi?

Io penso che per capire ciò che sta succedendo oggi in Palestina si debba riprendere la storia degli ultimi 20 anni perché i fatti attuali sono inevitabilmente legati al passato, al periodo del processo di Oslo all’inizio degli anni 90. In quel periodo c’era la volontà da parte delle società palestinesi e israeliana di arrivare a una soluzione, a un compromesso. Da una parte c’era Rabin dall’altra Arafat. Rabin è stato ammazzato da un’estremista di destra israeliano, è questo ha segnato l’arresto del processo che si era innescato. In quegli nella società israeliana è emersa la figura di Netanyahu ed è iniziato quel processo di spostamento a destra, una destra non solo sociale ma politica messianica, religiosa. In Palestina con la morte di Arafat si è rafforzata Hamas e altre fazioni religiose e militari.  C’è anche uno slittamento del conflitto che diventa sempre più un conflitto religioso, anziché tra un popolo colonizzato e colonizzatore. Questo all’interno della società palestinese dove l’OLP portava avanti un progetto di lotta pacifica, mentre Hamas con la Jihad islamica hanno portato avanti una soluzione armata così come nella società israeliana ce la tentazione di una soluzione finale nei confronti del nostro popolo.

Quello che sta accadendo a Gaza è l’accelerazione di un progetto genocida riconosciuto dalle Nazioni Unite, dal massimo storico israeliano dell’Olocausto Amos Goldberg e dalla relatrice dell’Onu per la Palestina Francesca Albanese, eppure ad eccezione della Spagna che ha riconosciuto lo stato di Palestina, l’Europa è complice in questo genocidio.

Per rispondere alla seconda domanda penso che da 100 anni il popolo palestinese è sottoposto a un genocidio; con una intensità minore ovviamente rispetto a ciò che sta succedendo a Gaza però non possiamo che parlare di Genocidio per quello che è successo a noi palestinesi negli ultimi 100 anni anche se oggi a Gaza Israele ha inflitto alla nostra gente una accelerazione che nel caso di Gaza ha visto la complicità degli Usa e dell’Europa. L’impunità che Israele ha ottenuto in tutti questi anni ha certamente contribuito all’attuale accelerazione del genocidio nei confronti dei palestinesi. Direi che, per quanto riguarda gli Stati Uniti, oltre che complici sono esecutori diretti del genocidio, basti pensare all’appoggio sia dal punto di vista militare, sia economico, sia dal punto di vista delle coperture politiche e diplomatiche.

Tuttavia, la società civile europea si muove, dal boicottaggio ad Israele che ha assunto sempre più importanza e diffusione, al tentativo di creare un movimento globale come la Global March to Gaza per fare pressione su Israele, rompere l’assedio e cercare di portare un po’ di solidarietà alla popolazione stremata di Gaza. Penso alla Freedom Flottiglia che insieme ad altre associazioni e GMTG sta cercando di organizzare una flotta che salperà a fine agosto nel tentativo di raggiungere la striscia. Pensi che siano azioni utili per spostare le politiche europee nei confronti di Israele?

Penso che qualsiasi azione che viene dal basso e dalla società civile sia estremamente positiva perché il popolo palestinese ha bisogno di ricevere un segnale di sostegno, di sdegno e ribellione nei confronti dell’attuarsi del genocidio sotto i nostri occhi. Tutte le iniziative che denunciano la complicità e il silenzio della cosiddetta comunità internazionale danno forza al popolo palestinese sia a Gaza che nella sua lotta di liberazione.

Io personalmente penso che non possiamo eliminare gli Israeliani dalla Palestina come gli israeliani non riusciranno a eliminarci da un territorio in cui abitiamo da migliaia di anni; una soluzione dobbiamo continuare a cercarla. Non possiamo aspettare mille anni non abbiamo così tanto tempo. Lo dobbiamo agli uomini e alle donne palestinesi che non possono continuare a vedere figli, nipoti e parenti sterminati. Penso che, anche in una situazione drammatica e dolorosa, dobbiamo continuare a sperare e immaginare una soluzione, che a mio parere è quella di arrivare a uno stato unico per i due popoli.

Uno stato laico democratico e plurinazionale.