Il convoglio Soumoud è stato un faro di resistenza ed una testimonianza di unità nella lotta di liberazione del popolo Palestinese. Il messaggio con cui è partito, nonostante le difficoltà nell’affrontare questi 10 giorni di viaggio, è rimasto invariato, rompere l’assedio, fermare il genocidio, e restare fermi al fianco della Palestina.
All’alba del 19 giugno, il Convoglio Soumoud ha attraversato il confine dalla Libia rientrando in Tunisia. Nell’aria delle varie città in cui il convoglio si è fermato si respiravano speranza e liberazione.
Io e Vittoria abbiamo viaggiato tutta la notte verso Ras Jedir che è stata raggiunta all’alba mentre i primi autobus varcavano il confine. Anche se non hanno raggiunto Rafah, la missione viveva ancora, lo spirito del convoglio era inconfondibile: una miscela potente di determinazione elettrizzante e sollievo silenzioso, presente in ogni passo, in ogni volto.
Mentre il convoglio risaliva il cuore della Tunisia, abbiamo viaggiato accanto a loro, non era un semplice gruppo di attivisti, ma un connubio di forza disciplinata e intersezionale, dove squadre distinte lavoravano in armonia: logistica, medica, mediatica.
A Ben Gardane, la prima città dove il convoglio si è fermato, le strade si sono riempite di famiglie, anziani, giovani, tutti ad applaudire, cantare, celebrare. Non erano semplici spettatori ma compagni di lotta, che rivendicavano il proprio posto nella liberazione di Gaza. Una parata completa ha accolto gli autobus a Sfax, seconda tappa dove tamburi tradizionali, musicisti e attivisti hanno infiammato le strade. Si poteva sentire il battito comune di un popolo che diceva, senza esitazioni: “La Palestina sarà libera.” Non stavano applaudendo uno spettacolo, ma rendendo omaggio a una forza morale. Man mano che il convoglio proseguiva verso Sousse e poi Tunisi, l’energia non diminuiva mostrando che il Nord Africa non è spettatore in questa lotta: è una linea del fronte viva e pulsante della solidarietà internazionale.
La mattina seguente, il 20 giugno, il Convoglio Soumoud ha tenuto una conferenza stampa a Tunisi. La missione, hanno detto, non è finita. Si sta riorganizzando. Sta diventando più forte. Era presente anche la Special Rapporteur delle Nazioni Unite Francesca Albanese, la cui sola presenza diceva tutto. Ha detto: “Vi auguro di stare bene e di essere al sicuro, perché vi state prendendo una responsabilità che non dovrebbe essere vostra.” Le sue parole sono state un promemoria chiaro e profondo di ciò che questo momento richiede da noi: non solo coraggio, ma unità.
Partecipanti della Marcia Globale per Gaza provenienti da tutto il mondo, insieme a rappresentanti della Freedom Flotilla Coalition, sono ora arrivati a Tunisi.
Nei prossimi giorni, la delegazione internazionale—circa 75 persone—terrà incontri e laboratori cruciali, per riflettere, riorganizzarsi e pianificare nuove strategie.
All’ombra di una guerra che si aggrava e dell’ assenza di azioni da parte della comunità internazionale, ricordiamo: Gaza continua ad essere bombardata. I bambini continuano a morire. E il mondo, in gran parte, continua a voltarsi dall’altra parte. Ma qui, tra questi autobus, queste persone, questo movimento, il fuoco arde ancora. Non abbiamo finito. Ci stiamo riorganizzando.
La Palestina non è sola. E non lo sarà mai.
traduzione dall’inglese di Vittoria Antonioli










