Aidos è l’Associazione Italiana Donne per lo Sviluppo, nata nel 1981 e riconosciuta come Ong dal Ministero degli Affari Esteri. Da oltre 40 anni lavora in Italia, in Europa e nel sud globale del mondo per difendere i diritti, la dignità e la libertà di scelta di donne e ragazze, collaborando con organizzazioni locali e partecipando attivamente ai tavoli delle Nazioni Unite. Aidos fa parte del Network italiano Salute Globale, insieme e nell’ambito di un progetto di sensibilizzazione sulla salute globale realizzano iniziative con attiviste che arrivano da fuori Italia.

Siamo stati invitati nella loro sede romana per incontrare Mirembe Jovia Birungi e raccontare la sua storia e la sua missione di sensibilizzazione internazionale verso l’importanza di un supporto mirato per la salute e i diritti umani in Africa. Jovia è un’avvocata ugandese positiva all’HIV che ha fatto della sua professione e delle sue competenze uno strumento di lotta a favore delle donne, in particolar modo nelle comunità marginalizzate, nelle adolescenti e nelle adulte con disabilità per difendere il diritto alla salute, per lo screening contro il tumore della cervice e per combattere contro pratiche disumane come la sterilizzazione forzata delle donne con HIV.

Jovia, sei riuscita a trasformare la tua storia personale di convivenza con l’Hiv in tanta energia per combattere per i diritti umani e per far conoscere al mondo la condizione di migliaia di donne nel mondo discriminate e abusate anche a causa della malattia. Quando hai cominciato a capire che fare l’avvocato era il tuo strumento di lotta contro tutto questo?

Nascere e crescere con l’Hiv in Africa, ed in particolar modo in Uganda, è una condizione veramente difficile. Ero sempre ammalata e oggetto di discriminazione e stigma, ho dovuto abbandonare la scuola. Sapevo che quella non era la vita che volevo, né per me né per le tante altre ragazze che nascono con questo problema. Poi a 14 anni sono rimasta incinta e ovviamente le difficoltà sono aumentate, anche perché nel mio paese quando sei una teenager e aspetti un bambino devi andar via dalla tua famiglia e sposare il padre del bambino, ma nel mio caso lui è fuggito. Se non hai una famiglia aperta e solida alle spalle, finisci in strada a fare cose che non vorresti, e ho capito che grande ingiustizia le ragazze devono subire. Ho compreso fino in fondo che dovevo aiutare chi si trova in queste situazioni, le ragazze hanno dei diritti da far rispettare, ma le spese legali sono costose. Se fossi diventata un’avvocata avrei potuto difendere gratuitamente queste ragazze. Ed è quello che sto facendo.

Parlaci della sterilizzazione forzata delle donne affette da HIV, una pratica disumana della quale poche persone conoscono l’esistenza in Europa ma che purtroppo è una intollerabile realtà in alcune nazioni africane, come il Sudafrica e il Kenya.

La sterilizzazione forzata succede spesso alle donne che vivono con l’Hiv perché la società crede ancora che, quando sei sieropositiva, non dovresti avere figli per non mettere al mondo un’altra persona malata. Ma questo non è vero grazie ai progressi della scienza. Io ad esempio sono sieropositiva, ho 4 figli e un marito, tutti negativi. Ed è molto triste che questa arretratezza venga proprio dalla classe medica che esegue direttamente la sterilizzazione. È una procedura semplice e silenziosa che viene eseguita con parto cesareo, con pochi colpi di bisturi e senza che tu te ne accorga vieni sterilizzata contro la tua volontà. Non te ne accorgi neanche se non molto più tardi quando magari desideri un altro bambino. È tremendo e disumano, e noi siamo vicino a queste donne per far rispettare i loro diritti.

Leggendo la tua biografia mi ha colpito molto l’attenzione verso le comunità emarginate e le adolescenti, che rappresentano le donne adulte di domani che grazie al tuo esempio potrebbero essere protagoniste di un cambiamento reale nel prossimo futuro. Parlaci di queste giovani donne.

Sono orgogliosa che, pur provenendo da una tipica e povera famiglia africana sia riuscita a studiare e capire alla radice i problemi della mia gente. La scuola è fondamentale, mia madre mi ha aiutato moltissimo a riprendere a studiare dopo la nascita del bambino, e se anche le altre famiglie riuscissero a puntare sull’educazione, la loro vita potrebbe veramente cambiare, e io ne sono un esempio. A quell’età non sai neanche bene cosa sia il sesso, ma potrebbe condizionare completamente la tua vita e a quel punto il ruolo della famiglia è fondamentale. A volte le ragazze hanno bisogno di una seconda possibilità, altrimenti puoi veramente finire male.

In questi giorni stai partecipando in Italia a diversi meeting ed incontri per spiegare quello che fai e aumentare la consapevolezza verso i diritti umani negati delle donne e del ruolo centrale del Global Fund Advocates Network. Che accoglienza hai ricevuto e quanto è importante il sostegno di un fondo internazionale per queste campagne di civiltà?

Il governo italiano è sembrato comprensivo sull’importanza di investire e supportare i progetti sanitari nel sud del mondo. Ma anche se l’Italia dovesse decidere di supportarci concretamente, sarebbe fondamentale l’appoggio anche degli altri stati membri dell’Unione Europea. L’Africa, suo malgrado, ha una grande esperienza nella prevenzione, nel trattamento e nella convivenza con l’HIV, ma tutto questo know-how rischia di andare perduto a causa della mancanza di fondi adeguati. Ne abbiamo bisogno, ora più che mai.

Diffondere e far conoscere il tuo lavoro è solo il primo passo per far valere i diritti delle donne nel mondo. Gli stati occidentali, l’Europa in particolare, cosa possono fare?

L’unione Europea può veramente fare molto, non solo sul piano finanziario ma anche politico, orientando le decisioni dei governi africani sulle vere priorità sulle quali investire. Ho appena saputo che l’Uganda ha presentato il bilancio 2025 e abbiamo stanziato soltanto l’1,9% per la sanità, veramente poco. Così’ non riusciremo mai a creare un vero stato sociale e sanitario che aiuti le persone davvero. E la gente morirà.
Altra cosa fondamentale è quella di ripensare le politiche di asilo, ultimamente anche nei nostri paesi si stanno diffondendo ideologie e pregiudizi contrari ai diritti umani. Sono modelli negativi e carichi di odio che vengono direttamente dagli Stati Uniti su temi come la sessualità e il razzismo e che causano quotidianamente una vera e propria fuga per salvarsi la vita. E l’Europa deve essere veramente più accogliente in questi casi.

La videointervista integrale: