In 50 sono entrati nel cantiere Snam ed hanno piantato un albero di ulivo nell’area devastata dalle ruspe della multinazionale del gas. E’ accaduto a Sulmona, in località Case Pente, dove la Snam da mesi sta portando avanti la costruzione della centrale di compressione destinata a spingere il metano nel mega gasdotto “Linea Adriatica” che dalla cittadina abruzzese, attraverso i crinali dell’Appennino, dovrebbe raggiungere Minerbio, in provincia di Bologna.

L’azione di disobbedienza civile nonviolenta è stata compiuta in segno di protesta per l’ultimo scempio attuato dalla Snam attraverso l’abbattimento illegale di 317 alberi di ulivo che, in base alla normativa regionale, dovevano invece essere espiantati e successivamente ricollocati in altro luogo. La piantumazione dell’albero di ulivo, preceduta da un flash mob con cui è stato simulato il brutale intervento della Snam, ha voluto rappresentare anche un segnale di rinascita di un territorio martoriato da un’opera totalmente inutile che il governo Meloni ha deciso di finanziare con 180 milioni del Pnrr ad esclusivo profitto della società fossile.

E’ infatti paradossale che, proprio quando i consumi di metano sono ai minimi storici e non risaliranno più ai livelli precedenti, si sia deciso di inondare l’Italia di tutta una serie di nuove infrastrutture fossili – quali gasdotti, rigassificatori, depositi di GNL, trivelle, impianti di CCS – che comporteranno lo sperpero di miliardi di euro e il cui costo ricadrà sulle bollette dei cittadini italiani per decenni.

“Il costo complessivo dell’opera, se si considera sia la centrale che il metanodotto – spiegano gli attivisti No Snam – è di due 2 miliardi e 500 milioni di euro. Una somma che poteva essere spesa per risollevare i territori dell’Appennino sotto l’aspetto economico e sociale; invece viene utilizzata per affossare ancora di più aree già depresse ed esposte ad un elevatissimo rischio sismico, oppure soggette a rischio idrogeologico, come è nel tratto in cui il tubo attraversa la Romagna. In molti casi si tratta di aree di grande valore ambientale e ricche di biodiversità. Basti pensare che per l’interramento del gasdotto lungo le aree boscate di Abruzzo, Umbria e Marche. saranno abbattuti almeno 2 milioni di alberi”.

Dagli scavi di archeologia preventiva condotti a Sulmona nel sito della centrale è emerso di tutto: due necropoli, una di epoca romana e l’altra dell’età del bronzo, per complessive 120 tombe; una grande costruzione romana; una strada di 2.000 anni fa; un impianto termale; una fornace; e soprattutto un villaggio protostorico con 40 capanne e recinti per animali risalente a 4.200 anni fa.
Ma, pur di evitare la delocalizzazione dell’opera e per non far perdere alla Snam i 180 milioni del Pnrr, il Ministero della Cultura ha autorizzato la distruzione della gran parte dei preziosi reperti che, se fossero stati salvati, studiati e valorizzati, così come impone la legge, avrebbero consentito di riscrivere la storia delle origini di Sulmona e dell’antico popolo dei Peligni.

“Si tratta di un vero e proprio crimine archeologico e culturale – rimarcano gli ambientalisti che da oltre 17 anni stanno lottando contro un’opera ritenuta a ragione non solo inutile, ma anche dannosa e pericolosa – che fa il paio con il crimine economico dello sperpero di denaro pubblico”.
Ma, nonostante i tanti esposti per le illegalità della Snam, nessuna autorità è finora intervenuta. Per questo gli attivisti annunciano azioni ancora più incisive che essi definiscono di “obbedienza civile” perché finalizzate al rispetto della legge e dei diritti del territorio violati dalla prepotenza della multinazionale.