Ieri l’udienza predibattimentale. Il reato? aver detto la verità sulle politiche distruttive e neo coloniali di Eni
Roma, 18 aprile, 2025: Si è tenuta ieri, alle 10.30 presso il Tribunale di Roma, l’udienza predibattimentale nel processo che vede Michele Giuli, professore di storia in un liceo romano imputato per diffamazione contro Eni. Il GIP ha dato luogo a procedere: la prima udienza dibattimentale (l’inizio vero e proprio del processo) si terrà il 10 giugno del 2025. Il professore è stato denunciato da Eni dopo aver criticato sui social le politiche, distruttive e neo-coloniali, del colosso energetico. Nei giorni scorsi, Michele aveva iniziato uno sciopero della fame per chiedere a Mattarella di non firmare il dl Sicurezza. Il dl Sicurezza e questo processo sono due facce della stessa medaglia: l’ottusità del potere incarnata da questo governo e da Eni, con il governo che prova a reprimere il dissenso forzando le regole del gioco democratico con il dl Sicurezza, mentre Eni utilizza le denunce come strumento intimidatorio. Quella contro il professor Giuli, ma anche contro Antonio Tricarico, giornalista di ReCommon, denunciato da Eni per aver parlato dei legami tra la multinazionale e il regime egiziano.
Michele, 29 anni, professore di storia, ha dichiarato: Eni continua a investire nei combustibili fossili, facendo profitti sulle nostre bollette che volano alle stelle, mentre ai cittadini italiani resta ben poco. Dopo la guerra in Ucraina, ha quadruplicato i guadagni, pagando pochissime tasse. L’86% dei suoi investimenti va in gas e petrolio, solo il 14% nelle rinnovabili. È come pagare un medico 4 euro per ricevere 3 pillole che ti causano un tumore e solo una che prova a curarti.
LE AFFERMAZIONI CONTESTATE
Quali sono le affermazioni contestate? Sono due:
- “Eni continua a portare avanti affari illeciti dettando politiche energetiche all’Italia e sfruttando in modo coloniale le risorse di paesi come Nigeria e Mozambico”
- Eni è “colpevole e criminale” affermando che “non sta rispettando alcun accordo internazionale e invece sta aumentando gli investimenti in combustibili fossili” e ancora “ Eni sapeva fin dagli anni settanta perché aveva pubblicato degli studi privati che dicevano, testuali parole che ci sarebbero state delle conseguenze devastanti se avessero continuato ad immettere anidride carbonica nell’atmosfera”
LA VERITÀ È UNA SOLA
Cominciamo dall’ultima affermazione (Eni conosceva i rischi delle emissioni). Da un’ inchiesta di ReCommon infatti sono emersi report del centro di ricerche di Eni che, già negli anni settanta, avvertiva dei rischi derivanti dalle emissioni. Avvertimenti che evidentemente sono stati ignorati. Ancora, dire che Eni: “… sta aumentando gli investimenti in combustibili fossili” è dire la verità. L’organizzazione Oil Change International basandosi su documenti ufficiali di Eni, pubblica un rapporto che riporta che il 90% del capitale investito di Eni riguarda progetti di estrazione ed esplorazioni di nuove fonti fossili. In più, veniamo a scoprire come nell’anno 2022 Eni, a fronte di un miliardo investito in Plenitude (il segmento “rinnovabile delle sue attività”) ha investito 15 miliardi nel segmento legato ai combustibili fossili. Dunque dire che Eni “sta aumentando gli investimenti in combustibili fossili”, fregandosene dei parametri stabiliti in sede internazionali per arrestare la crisi climatica, è dire la verità. Quanto all’accusa di “colonialismo”. Eni ha forti interessi in Africa, nei paesi citati dal Prof. Giuli, Nigeria e Mozambico, interessi a cui corrispondono gravi danni per le comunità e gli ecosistemi locali, come lo sversamento di 4.1 milioni di litri di petrolio nella sola area del delta del Niger, mente in Mozambico l’impianto di produzione di GNL (gas naturale liquefatto) di Coral South (produzione iniziata a partire dal 2022), non solo l’impianto emette gas climalteranti 7 volte di più di quanto stimato originariamente, ma non apporta nessun beneficio economico alla comunità locale al paese: come riportato da ENI stessa, l’ammontare netto versato nelle casse dello stato del Mozambico derivante da questo progetto per gli anni 2022 e 2023 è di 0 dollari.
Oltre ciò, il cane a sei zampe ha proficui rapporti anche con l’Egitto, cioè con un regime dittatoriale e spietato che, tra i tanti crimini, si è reso responsabile della morte del ricercatore italiano Giulio Regeni; è stata proprio la denuncia di questi rapporti a portare alla denuncia per diffamazione di Antonio Tricarico.
Per questo Michele si rende disponibile per interviste e interventi pubblici, per raccontare anche questa, ennesima prevaricazione del diritto; lo sciopero della fame è terminato prima del previsto, ma l’opera di testimonianza e lotta continua nei tribunali, nei media e in strada, ovunque serva.
Cartella stampa su tutte le azioni organizzate da dicembre 2021 qui
PROSSIMI PROCESSI:
- Roma -28 aprile – udienza per imbrattamento Ministero della Transizione ecologica ore 10.00
- Milano – 29 aprile- sentenza per blocco in vale Don Sturzo ore 10.30
- Roma -2 maggio -udienza per blocco sul GRA/Aurelia ore 9.00
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