Indipendentemente dall’importanza a livello geostrategico della relazione tra Stati Arabi e Stati Uniti, i primi dovrebbero rimarcare un’opposizione ferma e unanime al piano catastrofico di Trump e Netanyahu di prendere il controllo di Gaza ed esiliare i palestinesi indigeni. Gli Stati Arabi dovrebbero affermare chiaramente che i loro paesi useranno ogni risorsa a disposizione per impedire che gli Stati Uniti e Israele agiscano in violazione delle leggi internazionali, delle norme e dei codici di condotta, e che tali violazioni causeranno danni geostrategici pericolosi sia per Israele che per gli Stati Uniti.
La partnership tra gli Stati Uniti e gli Stati Arabi è durata decenni perché è stata utile a entrambe le parti in termini di interessi strategici, economici e di sicurezza. Gli Stati del Golfo, la Giordania e l’Egitto in particolare, hanno fornito intelligence strategica, basi militari aeree, navali e terrestri e garantito la sicurezza energetica. Inoltre, le partnership USA-Stati Arabi sono state fondamentali nella lotta al terrorismo e l’estremismo violento, limitando la diffusione delle armi di distruzione di massa e promuovendo la stabilità regionale. Tutto ciò ha contribuito a mantenere l’influenza americana nella regione e a contrastare la presenza crescente di potenze rivali, in particolare Russia e Cina.
Naturalmente, la relazione non è mai stata unilaterale. Ma lasciamo a Trump il compito di fare il prepotente, come se gli Stati Arabi sopravvivessero solo grazie ai contributi caritatevoli degli Stati Uniti. Quello che ignora è che a livello geostrategico la situazione è cambiata drasticamente negli ultimi due decenni. Gli Stati Arabi hanno molteplici opzioni a disposizione, e la percezione che dipendano esclusivamente dagli Stati Uniti per l’aiuto economico e militare è errata. Possono resistere alla pressione se lo desiderano, perché consapevoli del loro potere, della loro importanza e del ruolo indispensabile che giocano nei confronti degli Stati Uniti.
Inoltre, gli Stati Arabi dovrebbero considerare Trump per ciò che è: un bullo che mette sempre alla prova i limiti del suo potere. Bluffa, mente e trama, ma viene fermato solo se affrontato con fermezza e quando si rende conto che ciò che potrebbe perdere supera qualsiasi potenziale beneficio. Nonostante sappia che la sua idea sfacciata di prendere il controllo di Gaza sia del tutto improponibile, continua a sondare la situazione, nel remoto caso in cui i suoi avversari cedano. Al primo segno di opposizione da parte di Egitto e Giordania alla sua proposta sfrontata, ha ritirato la sua minaccia di sospendere gli aiuti esteri se non avessero accettato di accogliere un numero sostanziale di palestinesi.
Il fatto che abbia osato proporre un’idea tanto assurda – prendere possesso di terra araba come se fosse di sua proprietà, senza curarsi dei suoi abitanti – è estremamente preoccupante. Gli Stati Arabi dovrebbero fargli capire che non può intraprendere azioni unilaterali di questo tipo, ora o in futuro, che abbiano un effetto devastante sui loro interessi di sicurezza nazionale.
La decisione della Lega Araba di convocare una sessione di emergenza al Cairo è fondamentale di per sé, poiché trasmette un senso di urgenza nel contrastare Trump, adottare misure concrete, dimostrare unità e determinazione e lanciare un monito fermo.
Sostituire gli aiuti USA a Giordania ed Egitto
Anche se Trump aveva precedentemente avanzato l’idea di tagliare gli aiuti esteri all’Egitto e alla Giordania se non avessero accettato di assorbire i palestinesi in massa, durante il suo recente incontro con il re Abdullah della Giordania ha cambiato la sua posizione, dichiarando: “contribuiamo con molti soldi alla Giordania e all’Egitto, molto a entrambi. Ma non servono minacce su questo punto, credo che siamo al di sopra di tutto ciò”.
Tuttavia, gli Stati Arabi dovrebbero annunciare che sono pronti a coprire eventuali aiuti persi qualora Trump dovesse mettere in atto la sua minaccia. Gli aiuti annuali complessivi che gli Stati Uniti forniscono a Egitto e Giordania ammontano a 3,2 miliardi di dollari, una goccia nell’oceano rispetto ai fondi di riserva estera degli Stati del Golfo, che superano i 700 miliardi di dollari. Questo invierebbe un messaggio chiaro a Trump: l’Egitto e la Giordania non esistono grazie agli Stati Uniti, e le sue vergognose tattiche di coercizione e non funzioneranno.
Interrompere le forniture globali di petrolio
Gli Stati del Golfo hanno servito gli interessi economici degli Stati Uniti garantendo forniture stabili di petrolio. L’Arabia Saudita, il maggiore produttore di petrolio, è stata cruciale nel mantenere il flusso libero di petrolio verso i mercati globali e nel controllare la produzione di petrolio, che influisce direttamente sui prezzi della benzina che gli americani pagano al distributore. L’Arabia Saudita potrebbe minacciare di ridurre sostanzialmente la produzione di petrolio, il che farebbe aumentare i prezzi della benzina quasi immediatamente. Questo aggraverebbe la tendenza inflazionistica negli Stati Uniti, che Trump cerca disperatamente di fermare.
Minaccia di riconsiderare i principali contratti di armamenti
Sebbene gli stati del Golfo, l’Egitto e la Giordania siano equipaggiati con armamenti statunitensi, possono facilmente sospendere l’acquisto di ulteriori armi dagli Stati Uniti, il che comporterebbe perdite finanziarie per i produttori di armi statunitensi. Tra il 2018 e il 2022, gli Stati Uniti hanno facilitato vendite di armi nella regione per un totale di 35 miliardi di dollari, di cui 18 miliardi a favore dell’Arabia Saudita, 6 miliardi agli Emirati Arabi Uniti, 5 miliardi all’Egitto, 3 miliardi al Kuwait e 2 miliardi alla Giordania. Nessuno di questi paesi è attualmente coinvolto in conflitti militari e potrebbe fermare l’acquisto di armi per chiarire la propria posizione a Trump.
Sanzionare Israele
Il primo a compiacersi della disgustosa idea di Trump di espellere i palestinesi è stato Netanyahu con il suo governo fascista. È un sogno che si avvera. Hanno lodato Trump per la sua “idea ingegnosa”. Per loro, esiliare la popolazione di Gaza non solo permetterebbe a Israele di reinsediare Gaza, ma aprirebbe anche la porta all’annessione della maggior parte della Cisgiordania e costringerebbe innumerevoli palestinesi a lasciare il territorio, realizzando così il loro sogno di una “Grande Israele”.
I firmatari degli Accordi di Abramo—gli Emirati Arabi Uniti, il Bahrain, il Sudan e il Marocco—dovrebbero avvertire Israele che revocheranno la normalizzazione delle relazioni con Israele, qualora tentasse di esiliare i palestinesi. L’Egitto e la Giordania dovrebbero ritirare i loro ambasciatori da Israele e l’Arabia Saudita dovrebbe ribadire che non manterrebbe le relazioni con Israele in nessun modo.
Proporre risoluzioni ONU
L’Algeria, che attualmente fa parte del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, dovrebbe presentare una risoluzione al Consiglio di Sicurezza per vietare agli Stati Uniti di espellere i palestinesi da Gaza. Anche se gli Stati Uniti porranno senza dubbio il veto, il dibattito sull’idea folle di Trump intensificherebbe ulteriormente l’indignazione internazionale. Successivamente, la Lega Araba dovrebbe chiedere all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite di convocare una votazione su una risoluzione simile per condannare la proposta di Trump. Naturalmente, ad eccezione degli Stati Uniti e di Israele, quasi tutti i paesi voteranno a favore. Sebbene le risoluzioni dell’Assemblea Generale non siano vincolanti, il messaggio non passerà inosservato, nemmeno da Trump.
Insieme alle misure di cui sopra, gli Stati Arabi dovrebbero anche avanzare i propri piani per Gaza circa la risoluzione del conflitto israelo-palestinese. Offrendo soluzioni concrete per la ricostruzione di Gaza, priverebbero Trump e Netanyahu della possibilità di proseguire con il loro piano pericoloso.
Offrire un piano di ricostruzione completo guidato dagli arabi
Considerando la portata del fenomeno di distruzione, gli stati arabi dovrebbero concordare di stanziare una somma iniziale di 20 miliardi di dollari per la ricostruzione di Gaza, dei 50-80 miliardi di dollari necessari, secondo le stime. Anche gli Stati Uniti, che hanno aiutato Netanyahu a distruggere Gaza, devono fornire una somma sostanziale. I paesi donatori dovrebbero invitare altri paesi a partecipare alle offerte per vari progetti, inclusa la necessità urgente di scuole, cliniche sanitarie e ospedali.
Stabilire un governo di unità palestinese
Gli Stati Arabi devono intraprendere tutte le azioni necessarie per aiutare a stabilire un governo di unità tra Hamas e l’Autorità Palestinese: uno che accetti il diritto di Israele di esistere, rinunci alla violenza e sia pronto a negoziare una pace basata su una soluzione bilaterale. Sebbene Israele rifiuti fermamente di negoziare con un governo palestinese che includa Hamas, non ci sarà pace finché Hamas non sarà parte integrante di qualsiasi nuovo governo palestinese.
L’insistenza di Netanyahu sul fatto che Hamas possa essere sradicato è un’illusione. Dopo 15 mesi di perdite e distruzioni orribili, Hamas è ancora in piedi. Israele sta negoziando con Hamas, sebbene indirettamente, e se non è riuscito a sradicarlo in 15 mesi, non potrà farlo nemmeno in 15 anni. La disponibilità di Hamas a rinunciare alle responsabilità amministrative ma a rimanere una forza militare al di fuori del governo non sarà accettata dagli Stati Arabi e da Israele.
Che Hamas scelga o meno di svolgere un ruolo rilevante in un nuovo governo, deve disarmarsi. Tuttavia, avendo cambiato con successo la dinamica del conflitto e costretto gli Stati Arabi a insistere su una soluzione bilaterale, c’è una buona possibilità che Hamas accetti di essere un partner in un futuro governo palestinese e si attribuisca il merito del suo risultato storico.
Partecipare a una forza multinazionale
Gli Stati Arabi dovrebbero essere preparati a partecipare a una forza multinazionale per mantenere la sicurezza e garantire la completa smilitarizzazione di Gaza. Giordania, Egitto e Arabia Saudita, che hanno un interesse diretto a trovare una soluzione permanente, dovrebbero guidare una forza che includa paesi stranieri, da concordare con tra Stati Uniti e questi Stati Arabi.
In conclusione, vale la pena ricordare che la brutalità di Hamas e la guerra di ritorsione di Israele hanno cambiato radicalmente la natura stessa del conflitto israelo-palestinese. Tutti gli sviluppi recenti hanno dimostrato che sarà impossibile tornare alle condizioni precedenti al 7 ottobre 2023. Indipendentemente da quanto possano sembrare insormontabili le difficoltà future, gli Stati Arabi hanno un’opportunità storica unica per porre fine al conflitto israelo-palestinese, innanzitutto avviando e partecipando a un processo di riconciliazione tra Israele e i palestinesi. Questo processo dovrebbe culminare in una soluzione a due Stati con accordi di sicurezza rigorosi, coinvolgendo Israele, i palestinesi, la Giordania e gli Stati Uniti.
Il mondo resterà in attesa. Gli Stati Arabi avranno il coraggio di cogliere questo momento storico, assumere il controllo, fermare l’idea letale e moralmente fallimentare di Trump e Netanyahu di esiliare i palestinesi da Gaza, raggiungere una svolta storica ed evitare una catastrofe imminente?
Questi non sono tempi ordinari. Che questo serva da avvertimento. Se Trump e Netanyahu riusciranno nei loro intenti, distruggeranno Israele così come lo conosciamo e incendieranno il Medio Oriente su una scala senza precedenti.
Il dottor Alon Ben-Meir è un professore in pensione di relazioni internazionali, più recentemente presso il Center for Global Affairs della NYU. Ha insegnato corsi sulla negoziazione internazionale e gli studi sul Medio Oriente.
Traduzione dall’inglese di Laura Proja. Revisione di Thomas Schmid.










