Il Consiglio d’ambito dell’Autorità regionale dei rifiuti del Piemonte ha deciso che nel termovalorizzatore del Gerbido (Trm) verranno bruciate altre 240-280mila tonnellate di rifiuti (oltre le 600 mila già attualmente incenerite). L’impianto di Trm, del gruppo Iren, verrà dunque ampliato con una quarta linea. Uno scarno comunicato che non passa neanche le cronache dei giornali locali e non crea dibattito nella rassegnata popolazione locale. Eppure, tra le sostanze emesse dal camino del Gerbido ci sono diossine, furani, idrocarburi policiclici aromatici, cadmio, tallio, CO2, acido cloridrico, ossidi di zolfo e d’azoto, particolato di diverse frazioni granulometriche (PM10, PM 2,5, PM1, PM 0,1), microinquinanti (principalmente policlorobifenili, metalli pesanti). Emissioni dirette a cui vanno aggiunte le quote inquinanti derivate dalla formazione di particolato secondario (a valle del camino) e quelle derivanti dal traffico veicolare in ingresso/uscita dall’impianto.

Il particolato è classificato dalla IARC (Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro) come cancerogeno certo (classe 1A), oltre ad essere causa ben nota di numerose patologie acute e croniche non oncologiche. Gli impianti di incenerimento di rifiuti, come il Gerbido, producono particolato con ridotta frazione granulometrica (inferiore a 2.5 μm) e nel range delle nanoparticelle (tra 1 e 999 nm), che sono le più pericolose per la salute umana. Tra i principali inquinanti gassosi prodotti dall’incenerimento di rifiuti, gli NOx (ossidi di azoto) rivestono particolare rilevanza in termini di rischio sanitario. Come per il particolato, spiegano di medici dell’ISDE (Associazione Medici per l’Ambiente) «non esiste un limite al di sotto del quale le concentrazioni atmosferiche di NOx siano ritenute innocue per la salute umana. Il rischio sanitario nella popolazione esposta è proporzionale alle concentrazioni atmosferiche e le emissioni di questi inquinanti generano, nel breve termine, aumento di mortalità per tutte le cause e per cause cardiorespiratorie e, nel lungo termine, tumore maligno del polmone». Le emissioni di NOx degli impianti di incenerimento di rifiuti si sommano a quelle degli stessi inquinanti prodotte dal traffico veicolare, dal riscaldamento domestico e da altre fonti industriali inquinanti e contribuisce ad incrementare la formazione di ozono e altri inquinanti secondari. L’area del Gerbido (Mirafiori, Beinasco, Grugliasco) è già un luogo di forte intersezione di inquinanti industriali (Stellantis), traffico veicolare (solo a Mirafiori entrano ogni giorno circa 10 mila auto) e appunto l’inceneritore. Inoltre, oltre al particolato secondario, tra gli inquinanti secondari generati in seguito alle emissioni degli impianti industriali di incenerimento dei rifiuti (ma non direttamente emessi da essi) deve essere ricordato l’ozono (O3), uno dei principali componenti dello smog fotochimico. Tutti dati che sono comunicati in microgrammi per normal metro cubo e inducono in cittadini a sottovalutare l’impatto sulla salute. In nessun ambito avviene una comunicazione di questo tipo, infatti, se una petroliera affonda nell’oceano non si comunica che sono stati ritrovati 0,0003 mg di petrolio per m3 di acqua, ma che sono state riversate in mare 30.000 tonnellate di petrolio; a Torino non si dice che vive in strada solo lo 0,2% della popolazione torinese, ma che ci sono 2 mila persone senza dimora oppure che nel Mediterraneo sono morti solo lo 0,00000002% degli abitanti dell’Africa.

C’è poi un tema di proprietà e di profitti: la società che gestisce l’impianto del Gerbido (Trm) ha pagato un dividendo agli azionisti di 36,7 milioni. Che sono per l’80% Iren (di cui la Città metropolitana è il primo azionista con il 19%) e poi la città di Torino ha una sua ulteriore quota del 16,5% significa che oltre un terzo dei dividendi ricadono all’amministrazione torinese. Il ruolo di amministrazione pubblica e azionista (con un interesse) non rende l’ente pubblico soggetto terzo e indipendente. Poi dal Comune, spiega la sig.ra Deiana «si chiedono perché è in atto una desertificazione e uno spopolamento del territorio, ma chi, potendo scegliere, andrebbe a vivere in un quartiere dove l’inquinamento mette a rischio la salute dei suoi figli?».

Critiche le principali associazioni ambientaliste in primis perché se, come programmato, crescerà la raccolta differenziata e contemporaneamente diminuirà la popolazione piemontese non ci sarebbe alcun bisogno di aumentare la capacità di smaltimento, inoltre, sottolineano da Lega Ambiente «sarebbe un vero e proprio freno alla transizione verso l’economia circolare». Alla fine il Consiglio regionale ha provato frenare la procedura di ampliamento dell’impianto con un ordine del giorno che impegna la Giunta ad una valutazione indipendente dell’impatto. Andrebbero anche analizzate secondo Daniel Cannati (sindaco di Beinasco) «le mancate misure ambientali compensative promesse in passato e mai realizzate».

Fabrizio Floris