Importante, doverosa e necessaria la manifestazione svolta il 1° febbraio a Roma a Piazza Esquilino da ‘Sanitari per Gaza’ per ricordare che ‘la caccia all’uomo’, leggasi genocidio, in Palestina passa anche e soprattutto con la distruzione delle strutture sanitarie, con gli arresti del personale sanitario, quando si è fortunati(?), vale a dire quando non si è uccisi.

Il genocidio si persegue anche cosi: impedendo la somministrazione di cure e ogni possibilità di portare soccorso, come è stato ricordato negli interventi. E’ stato ricordato, ad esempio,  che molti neonati sono morti di freddo perché le loro madri sono state costrette a partorire tra le macerie, per strada, all’addiaccio!

Grandissimi gli striscioni, ma altrettanto grande la sorpresa e la disillusione dei manifestanti nel constatare la scarsa adesione all’iniziativa, cosa peraltro registrata abbastanza spesso ultimamente.

Uno degli striscioni reclamava la libertà per il medico Abu Safyya, pediatra e responsabile di un ospedale a Gaza, arrestato e torturato nelle carceri israeliane.

Oltre ai sanitari erano presenti con il loro striscione firmato Rete antisionista, studenti universitari e medi di Cambiare rotta, che attribuiscono ai social un ruolo importante nel far conoscere la reale portata di ciò che succede in Palestina. Esplicitamente antisionisti sono stati alcuni interventi che denunciavano il progetto politico della Grande Israele che, dopo la tregua di Gaza e con il beneplacito della nuova amministrazione USA, ha iniziato apertamente ‘la rivendicazione’ della Giudea e della Samaria, vale a dire della Cisgiordania. “Crediamo che il popolo palestinese abbia tutto il diritto di difendersi… Finché l’ideologia sionista prevale in quella parte del mondo siamo tutti in pericolo… finché Israele continua ad uccidere ed a espandersi”, cosi si è espresso un intervenuto.

E’ stato anche diffuso un  volantino, in più lingue, della campagna di boicottaggio della multinazionale farmaceutica Teva, che sostiene moralmente e materialmente l’esercito israeliano.

Interessante la presenza delle ‘donne de borgata’, un’associazione presente nei quartieri periferici di Roma quale Magliana e Primavalle, impegnata anche e soprattutto nella difesa dei consultori. Valeria riferisce che lottare a fianco della resistenza palestinese significa lottare per la propria emancipazione perché ‘non saremo davvero libere finche non lo saranno anche le palestinesi’.

Si segnala inoltre un tentativo, più che altro rumoroso, di un gruppetto di ragazzotti che volevano disturbare la manifestazione, subito fermati dalla polizia che era presente, ma questa volta molto discretamente.