La scuola di italiano per stranieri nasce su impulso del collettivo che opera all’interno dello spazio autogestito Casetta Rossa, cosi chiamata anche per via del colore dei suoi muri. Casetta Rossa nasce come cura del bene pubblico a costo zero per la collettività. Quando questa struttura è stata occupata era abbandonata e a dir poco fatiscente. Dopo le operazione di recupero si è costituita una cooperativa che ha aperto un ristorante dove, nel tempo, sono state assunte una quindicina di persone. Con i proventi di questa iniziativa, pagati gli stipendi, si finanziano tutte le attività culturali e non, compresa la manutenzione del parco in cui Casetta Rossa è inserita. Il parco, recintato, è ora utilizzato da tutta la collettività ed è un luogo in cui i bambini possono giocare serenamente.

Contestualmente alla cooperativa si è formalizzata una associazione che gestisce e promuove iniziative culturali. Numerose sono le associazioni che vi fanno riferimento; si citano, ad esemplificazione, solo alcune: APE-associazione escursionisti proletari, la Casetta di Babele – gruppi di pratica di lingue straniere con insegnanti madrelingua e, non ultima, la scuola di italiano per migranti, tutte accolte in modo assolutamente gratuito.

Mutuando lo stile informale ed accogliente di Casetta Rossa si sono così ritrovati lavoratori, precari, pensionati ma anche studenti che da subito hanno condiviso l’obiettivo di accogliere e favorire l’incontro di culture ed esperienze diverse attraverso l’insegnamento della lingua. La scuola è ora un punto di formazione/informazione non solo scolastico ma anche legale e sanitario suggerendo e talvolta accompagnando le persone che necessitano di questo tipo di aiuto. Altro impegno che la scuola si è assunto è accompagnarne l’ inserimento nel mondo del lavoro .

Agli inizi la scuola era frequentata da migranti accolti negli Sprar o da altri centri, quali la Caritas e altre strutture a carattere locale, fino a diventare un punto di riferimento cittadino avendo ottenuto il riconoscimento della Rete Scuole Migranti della regione Lazio. Non solo, la scuola ospita numerosi tirocini universitari per l’insegnamento della lingua italiana – L2 dell’ateneo Roma 3 e dalle università per stranieri di Perugia e Siena. Attualmente la scuola ospita tirocinanti di atenei on-line.

Con la L 132/2018, famigerata legge Salvini, gli Sprar sono stati aboliti e con essi è venuto meno anche l’insegnamento della lingua italiana con danno anche alla occupazione degli italiani che vi operavano. Ricordiamo tutti la polemica dei ’30 euro’ spesi per accogliere i migranti ma che in realtà servivano a coprire i ‘costi’ degli operatori italiani. Gli insegnanti decani ricordano, a proposito, alcuni migranti espulsi dai centri che, non avendo dove andare, nascondevano le loro buste di plastica, con dentro i pochi vestiti, dietro le siepi del parco e molti richiedevano il ‘ pranzo sospeso’ allora praticato nel ristorante.

Agli inizi l’utenza era soprattutto adulta e molto variegata: centroafricani, curdi, qualche afgano, pochissimi i nordafricani. Dal 2019 è iniziato il grande afflusso di albanesi minori e solo in seguito si registra l’arrivo dei nordafricani. I curdi invece hanno iniziato ad andare in Germania. Successivamente la scuola è stata ‘scoperta’ dalla comunità bengalese che a tutt’oggi è la comunità più rappresentata. Sono soprattutto le mamme che hanno bisogno di un aiuto linguistico quando hanno figli in età scolare e devono necessariamente rapportarsi con gli insegnanti o con il medico di base. Sono una comunità di donne ‘operose’, molto materne, che contribuiscono in modo significativo alla organizzazione delle annuali cene di autofinanziamento preparando i loro piatti tipici molto apprezzati dai ‘sostenitori’ della scuola.

La scuola è totalmente autofinanziata; agli inizi ai costi dei libri e cancelleria varia provvedeva direttamente Casetta Rossa, ora si finanzia attraverso iniziative varie gestite dagli stessi insegnanti che utilizzano i fondi raccolti anche per supportare gli allievi in condizioni meno agiate (abbonamenti, costi per esami, patente, ecc).

Il gruppo degli insegnanti nel frattempo si è consolidato ed è cresciuto come pure il numero degli utenti. Gli ‘insegnanti di professione’ non si trovano ‘bene’ perché ovviamente manca l’organizzazione di una vera struttura scolastica:

  • non c’è obbligo di frequenza che gli studenti non possono garantire;

  • il loro livello di istruzione è assolutamente vario, dagli analfabeti ai laureati;

  • i tavoli o ‘classi’ vengono organizzati, di volta in volta, facendo attenzione che gli studenti abbiano lo stesso livello di conoscenza della lingua e, possibilmente, siano di lingua madre diversa per incoraggiare lo scambio amicale di esperienze e bisogni;

  • gli studenti che chiedono di iscriversi, inviando una mail, appartengono a ‘tipologie’ molto diverse: minori non accompagnati, donne provenienti dai centri antiviolenza, persone segnalate dai Servizi sociali e, ovviamente, tutta la comunità migrante non solo del quartiere;

  • non tutti gli insegnanti, infine, sono in grado di assicurare la loro presenza continuativamente nei 4 giorni di apertura. Ricordiamo che la scuola è aperta dal martedì a venerdì dalle 10 alle 12.

A seconda della loro disponibilità di tempo e preparazione pregressa, gli insegnanti si sono organizzati in gruppi di lavoro: accoglienza, progetti, informatica… Ogni primo lunedì del mese, inoltre, si riuniscono per un confronto sulle problematiche emerse, sui nuovi progetti, sulla possibilità di accogliere nuovi studenti in una sorta di ‘parlamento comunitario’.

In parallelo all’insegnamento allievi e allieve sono sollecitati a partecipare ai laboratori che via via si organizzano, a visite guidate alla città o a mostre significative. Si ricorda qui, a titolo esemplificativo, il laboratorio di falegnameria o il corso gratuito per pasticceri mentre ora sono in corso di realizzazione un laboratorio di fotografia e, nell’ambito dell’alternanza scuola-lavoro in collaborazione con il Liceo Artistico ‘Ripetta’, si sta progettando la realizzazione di un ‘murale’ su uno dei muri di recinzione del parco con la finalità di facilitare l’incontro di studenti italiani con i minori non accompagnati della scuola attraverso la progettazione e la realizzazione di un manufatto artistico.

Nel corso dei 7 anni di attività sono passati per i ‘banchi’ di Casetta Rossa centinaia di studenti tra i 14 e i 70 anni per periodi più o meno lunghi. C’è chi si è diplomato e chi si è iscritto all’università e chi ha trovato lavoro altrove. L’intento della scuola è continuare a seguire tutti affinché possano aspirare non solo ai ‘lavori che gli italiani non vogliono più fare’ ma alla realizzazione delle loro aspettative, alla realizzazione del sogno che li ha spinti a lasciare il loro paese e le loro famiglie.

Mentre la progressiva erosione del welfare ci rende tutti più vulnerabili, esperienze cosiddette ‘dal basso’ come quella di Casetta Rossa suggeriscono risposte assai diverse sia nella concezione che nella prassi. Le attività di volontariato che non hanno il ‘denaro’ come riferimento possono suggerire risposte utili e pioneristiche alla domanda di cambiamento verso una economia ‘sostenibile’. L’attività di cura, di attenzione all’altro e all’ambiente, l’impegno per una trasformazione culturale, il rapporto di reciprocità come quello descritto, sono una vera e propria critica alla economia neoliberista. Teoria e prassi come si diceva una volta.

Rachele Colella