Per i tipi di Multimage è uscito in questi giorni il volume della “Collana dei Libri di Pressenza” Occupare l’Utopia. Per la liberazione e la costituzione del Comune, a cura di Toni Casano ed Antonio Minaldi  Pubblichiamo di seguito uno stralcio dell’Introduzione e si ringrazia l’editore per la gentile concessione_

Nel febbraio del 2023 veniva pubblicato il nostro primo volume Sfruttamento e dominio nel capitalismo del XXI secolo, frutto di un lavoro collettivo e di una serie di dibattiti tematici realizzati dal Caffè filosofico “Beppe Bonetti” nell’ambito delle iniziative del Laboratorio “Andrea Ballarò”, con la collaborazione della redazione palermitana dell’Agenzia Stampa “Pressenza”.

La nostra ambizione era quella di mettere insieme, in un lavoro militante di ricerca e di studio, attivisti dei movimenti antagonisti ed intellettuali di professione nel tentativo di definire i caratteri peculiari del presente comando globalizzato, a partire dall’assunto che uno degli aspetti che maggiormente definisce il capitalismo, nel farsi della sua storia, è la sua attitudine, solo apparentemente paradossale, a riprodurre l’invarianza sostanziale delle gerarchie sociali del dominio, grazie alla capacità di sussumere le trasformazioni dei modi e delle forme della cooperazione sociale nella produzione della ricchezza, modificandone contestualmente gli assetti istituzionali e il sistema di controllo delle dinamiche conflittuali della società.

A questa indagine finalizzata alla comprensione dei “luoghi” del mondo esistente, comprese tutte le sue storture e le sue ingiustizie, non poteva non seguire una seconda fase del nostro lavoro, che, riproponendo i modi collettivi della nostra ricerca, si indirizzasse ora alla scoperta delle tracce di percorsi possibili verso “il mondo che vorremmo”, verso il farsi della rivoluzione che lega il presente al futuro. Occupare l’Utopia, dunque, come presa di possesso ideale e valoriale di un luogo che ancora non è definito, ma che viene tendenzialmente pensato come possibile divenire comune, innanzitutto perché necessario e desiderabile, così come ci indica la prassi di ricercazione – seppur nella frammentazione antagonistica – delle intersezionalità soggettive in lotta. In questo senso ci pare di scorgere nella eccezionalità d’oltralpe una indicazione da non sottovalutare: l’esperimento del fragilissimo NFP – Nouveau Front Populaire – non sarebbe stato possibile senza le determinazioni dal basso dei movimenti antagonisti che hanno caratterizzato le lotte nell’ultimo decennio in Francia – dalle rivolte della banlieue del 2005 a quelle recentissime contro le modifiche del sistema pensionistico imposte da Macron – e che hanno qualificato l’intero programma del NFP. Ora lungi dall’esaltare la via istituzionale della rappresentanza indiretta, quel che ci preme rilevare è che sono le fonti della conflittualità l’essenza stessa della politica, attraverso la quale si possono decidere le forme più appropriate del divenire comune sopraddetto, non trascurando momentanei passaggi su opzioni politiche “verticali” e, quindi, anche mediante l’uso di tradizionali dispositivi istituzionali di rappresentanza (vedi – per esempio – anche il caso Ilaria Salis), nell’intento di favorire la prospettiva costituenda di nuove forme orizzontali di istituti organizzativi di autogoverno dal basso.

Inutile dire che questa seconda parte del nostro lavoro è stata quella più complessa e difficile. Forse anche quella più problematica e controversa (ma proprio per questo forse anche più stimolante e “più ricca”) negli esiti ora in questo volume configuratisi. Ciò con cui si è dovuto necessariamente fare i conti sono state innanzitutto le molteplici conseguenze maturate a seguito della crisi – di fatto irreversibile nei suoi postulati fondamentali – della sinistra storica. Ci riferiamo a quella grande ipotesi rivoluzionaria che per più di un secolo, a partire dalla Comune di Parigi fino alla caduta del muro di Berlino, ha caratterizzato la storia dei movimenti radicali ed antagonisti. Un progetto che si è definito nel tempo, passando per alcuni snodi fondamentali, tra i quali veramente centrale è stato quello della Rivoluzione d’ottobre e della nascita e della storia dell’Unione Sovietica. Una visione complessiva della storia ed una ipotesi di conquista del futuro che avevano come elemento immediato di forza, ma anche di intrinseca debolezza strategica, l’evidenza di basarsi su un progetto organico e per molti versi univoco e poco contraddittorio, e dunque anche chiaro e non problematico, fondato, in ultima istanza su due principali idee guida, che forse è bene provare a sintetizzare brevemente.

Il primo di questi assunti fondamentali era quello della centralità che assumeva come guida del processo del cambiamento rivoluzionario il partito-classe come punto di coagulo e di indirizzo di tutte le forze, attraverso il disciplinamento organizzativo e il monopolio nella gestione del percorso politico strategico. Il secondo elemento, strettamente correlato al primo, era quello che vedeva come strumento principale del cambiamento “la presa del potere” e di conseguenza la sua gestione centralizzata attraverso la forma Stato. Un assunto che poteva essere coniugato a partire dalla occupazione armata dei luoghi del potere come avvenuto nella Rivoluzione d’ottobre, ma anche attraverso il metodo democratico della lunga marcia dentro le istituzioni finalizzata alla realizzazione di “riforme di struttura” che avrebbero dovuto cambiare l’indirizzo di classe delle istituzioni, come immaginato nel nostro paese dal PCI, a partire dalla cosiddetta “svolta di Salerno”.

 

il volume potrà essere anche ordinato presso l’editore cliccando https://multimage.org/info/ordinare/