Riceviamo e pubblichiamo da Giancarla Codrignani, giornalista,scrittrice, già Presidente della Lega Obiettori di Coscienza

NON DIMENTICHIAMO L’AFGANISTAN

Il contesto internazionale si sta abituando a ritenere “normale” un paese – magari! volesse normalizzarlo – come l’Afganistan.

Dopo oltre tre anni dall’invasione, non c’è segno di ammorbidimento di tipo siriano.

Anzi, sotto la guida del “leader supremo” Hibatullah Akhundzada, sfornano leggi per promuovere la virtù e prevenire il vizio che penalizzano le donne, ma anche le minoranze religiose e in particolare la stampa.

Il Ministero per la Prevenzione dei Vizi e la Promozione della Virtù di uno Stato teocratico diffida di ogni forma di autonomia delle coscienze individuali da ricondurre, semmai, all’uniformità dell’unica verità, proposta da Dio.

Anche l’Islam è diviso e le sue varianti possono essere reciprocamente considerate – dalle diverse partizioni – errori storici o scismi e non avere diritti.

D’altra parte la sharia va interpretata e la mediazione è autoritaria anche se l’Islam teoricamente non avrebbe gerarchie se non “di governo” perché ognuno può farsi imam (e beati i cattolici che hanno ancora il Vaticano, ma non più il potere temporale).

Come tutte le religioni e gli stessi costumi delle diverse etnie (pashtun, hazara, uzbeki, tagiki), i talebani diffidano del corpo umano, responsabile dei peccati redenti solo in nome dell’impegno (jihad, che non significa direttamente guerra) per l’Islam.

Nella virtù delle donne risiede l’onore dell’uomo, bene di cui ha la proprietà, ma inquietano la libertà, la cultura sua collaboratrice, il pluralismo e la scuola.

Anche per gli uomini. Così come sono costume la barba (anche per l’estraneo essere sbarbato può essere causa di licenziamento), il divieto dei rapporti omosessuali, dell’adulterio, dell’amicizia con un non musulmano, così sono vietati la musica, l’alcol, le droghe.

Ne derivano scelte politiche, come l’ambiguità delle operazioni economiche di cui i sunniti degli emirati hanno il primato; ma anche la produzione del papavero destinata al mercato del vizio dei cristiani.

I talebani cercano di diffondere il radicalismo fino al Kashmir e al Pakistan.

Forse gli occidentali si vergognano dei loro cedimenti morali e politici – condanniamo Putin che è un talebano, non i talebani e preferiamo silenziare.

Sorprende che non “passino” le notizie scomode, per esempio le dichiarazioni di intento di quattro Stati – Canada, Paesi Bassi, Australia e Germania intenzionati a procedere contro l’Afganistan dei Talebani in nome della violazione della Convenzione ONU sulle donne, firmata nel 2003, anche dal governo afgano di allora.

Nessun paese osa pensare alla Corte Penale di Giustizia, anche se non mancherebbero le motivazioni.

Intanto gli uffici delle Nazioni Unite, alcune Ong, le donne emancipate degli anni passati praticano lezioni clandestine e si è letto perfino su Internazionale l’intervista ad un giovane universitario afgano, musulmano praticante che batte i villaggi con la lavagna in spalla per insegnare a bambine (e a bambini) che, cresciuti in questo regime, non debbono restare analfabete: si è fatto maestro itinerante e ha creato l’ong Today Child.

Ma noi?

Ricordiamo la fuga repentina e “codarda”, come dicono gli eroi dei fumetti, degli Usa e l’ansia dei nostri aerei che imbarcavano donne alla rinfusa? Sono già passati tre anni, in agosto quattro.

Giancarla Codrignani