L’assessore Maran è sceso in campo. Grandi manifesti nella città, una campagna elettorale che dai social sembra molto intensa e impegnativa, tour in teatro, incontri. A Marzo il sindaco Sala aveva dichiarato che avrebbe appoggiato gli assessori intenzionati a candidarsi, ma non avrebbe “rischiato, per Milano, di lasciare un ruolo vuoto”. E invece così è stato. Chi dell’amministrazione oggi si sta preoccupando di promuovere e realizzare politiche pubbliche, ascoltando e riconoscendo i bisogni abitativi espressi da chi in città non riesce  più a viverci dignitosamente?

Possiamo immaginare come gli sviluppi delle inchieste della procura sui presunti abusi edilizi stiano assorbendo tutte le attenzioni del Sindaco, impegnato a difendere a spada tratta il suo modello di gestione della città sia a livello politico insieme con il Ministro Salvini, ma anche a livello comunicativo in modo da rassicurare investitori e cittadini, perché Milano non si ferma e  perché rimane il migliore dei mondi possibili.

Nel dibattito pubblico cittadino, e in particolare sui mezzi di informazione, il tema abitativo è diventato ultimamente quasi un leitmotiv: da una parte ci sono le notizie, ormai giornaliere, sull’andamento dei mercati immobiliari, corredate quasi sempre da consigli di esperti per chiudere il miglior affare, magari nel nuovo quartiere diventato di moda, perché coinvolto da un grande progetto di rigenerazione urbana.

È così propagandata l’illusione che anche il piccolo proprietario, allo stessa maniera del grande investitore finanziario, beneficia  di una città in mano al mercato, con valori immobiliari e affitti alle stelle; dall’altra parte ci sono le ricerche, anche accademiche, che mostrano come il costo delle case sia così aumentato da  espellere dalla città anche i lavoratori essenziali più qualificati, come insegnati, infermieri, ecc…che non riescono né a comprare né a stare sul mercato delle locazioni né ad accedere all’offerta abitativa pubblica.

Nello spazio tra queste due polarità si dipana la narrazione più ambigua e pericolosa: la delegittimazione dell’intervento pubblico diretto, da sostituire con il dirottamento delle risorse verso il privato, più solido e competente: l’istituzione pubblica non ha risorse, le case popolari sono da bocciare, il soggetto privato è migliore, le persone che non possono permettersi gli affitti di Milano devono spostarsi e cercare casa altrove, magari anche a Genova, facendo i pendolari con l’alta velocità, come consigliava Manfredi Catella, in una grottesca video intervista al Corriere della Sera.

Ed è proprio solo in questa direzione che si muovono oggi le politiche abitative pubbliche milanesi e lombarde: Regione promette 1,5 miliardi di euro con il piano denominato “Missione Lombardia”per sovvenzionare programmi di housing sociale e di valorizzazione del patrimonio ERP di ALER; è in corso un bando  regionale rivolto a enti pubblici (Comuni e Aler) e privati per ristrutturare  alloggi sfitti da affittare a canone concordato o convenzionato; è stato da poco siglato un nuovo accordo per l’assegnazione a canone agevolato di alloggi ERP ALER ai dipendenti dell’Amministrazione Giudiziaria.

Proseguono i bandi di valorizzazione degli alloggi ERP di Aler nella città metropolitana (ne sono già stati sottratti alle assegnazioni ordinarie 800); è stato deliberato il progetto “una casa accessibile” del Comune di Milano , che assegna 20 alloggi a canone concordato o a enti gestori o direttamente a famiglie con ISEE fino a 40000 euro; prosegue il progetto di valorizzazione di 2000 alloggi di proprietà del Comune, avviato con il progetto Casa ai lavoratori.

Qualunque accordo e progetto pur di non ristrutturare le case popolari e assegnarle alle decine di migliaia di famiglie che ogni anno ne fanno richiesta! Lo scandalo è che, ancora una volta, nonostante siano stati deliberati nel piano dell’offerta abitativa 1100 alloggi disponibili,  il nuovo bando ne prevede solo 400, una cifra ridicola. E gli altri 700 come verranno utilizzati?

A Milano, a seguito della sottoscrizione del nuovo Accordo Locale tra le associazioni dei proprietari e solamente i rappresentanti degli inquilini SUNIA-CGIL e Conia, una casa con una metratura catastale di 50 mq può essere affitta in periferia a 170 euro/mq, oltre gli oneri accessori, mentre una stanza singola anche a 500 euro.

Canoni quindi che è difficile definire sostenibili e agevolati e che certamente non sono una risposta alle proteste degli studenti universitari. A portare a compimento il progetto di distruzione della funzione sociale del patrimonio abitativo pubblico è arrivata infine la decisione della giunta di Milano di costituire un fondo immobiliare gestito da INVIMIT (Invimit Sgr Investimenti Immobiliari Italiani Sgr S.p.A., è una società il cui capitale è interamente detenuto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze). in cui conferire il proprio patrimonio abitativo, notizia che abbiamo condiviso qualche mese fa su Arcipelago.

La campagna di raccolta delle adesioni alla richiesta di sospensione del percorso è ancora in corso . Il Comune ha così aperto una nuova via, visto che la stessa operazione è stata proposta per il patrimonio abitativo del Pio Albergo Trivulzio, decisione che ha suscito subito la reazione degli  inquilini e che rischia di portare, se verrà confermata, a un ulteriore impoverimento dell’offerta abitativa cittadina a costi contenuti.

Le politiche di smantellamento del patrimonio di edilizia pubblica comprendono infine gli interventi di rigenerazione urbana realizzati attraverso lo spostamento di centinaia di famiglie e l’abbattimento e la ricostruzione di stabili, come ad esempio in Giambellino (quartiere Aler e quartiere MM). Gli edifici che verranno ricostruiti rimarranno ERP? Questa è la preoccupazione e la sfida più importante: il valore che l’area acquisisce, liberata da edifici con carenze manutentive e abitati da famiglie povere,  porterà a differenti destinazioni d’uso?

Proprio per impedire che vengano avanti in maniera strutturale progetti di abbattimento dei quartieri pubblici e di espulsione degli abitanti, è stata presentata dalla rete dei comitati milanesi una richiesta di interlocuzione con la Soprintendenza Archeologia belle Arti e Paesaggio per la tutela del bene comune costituito dal quadrilatero di edilizia residenziale pubblica San Siro, oggetto del progetto Roj-Verga, presentato al Forum dell’Abitare dell’anno scorso e a novembre consegnato anche ai vertici di ALER.

Eppure è noto e stranoto come la precarietà abitativa, lo sfratto, la mancanza di una politica di promozione e tutela del diritto alla casa siano la prima causa di povertà, in particolare nelle grandi città. Se le case popolari vengono lasciate sfitte per essere messe a rendita, le Istituzioni pubbliche finanziano progetti che costruiscono o rigenerano patrimoni per la vendita o l’affitto calmierato ( Dal 2010 al 2023 sono stati costruiti circa 7.000 alloggi di edilizia residenziale sociale (sas), di cui però solo il 30% in affitto), dove dovrebbe andare a vivere chi guadagna 1000 euro al mese o meno, in nero o con contratti precari?

Oggi vediamo aumentare sfratti per morosità e per finita locazione, ma anche le situazioni di irregolarità e truffe. Tra qualche giorno verrà sfrattato Mahmood, cittadino pakistano, rifugiato, rider per una piattaforma di delivery, insieme con la moglie e i 4 figli, da poco arrivati in Italia, in attesa della consegna del permesso di soggiorno. Ha continuato a versare a una sedicente proprietaria un affitto di 700 euro mensili per un monolocale di 30 mq, in realtà all’asta. Ha pagato fino a quando l’ufficiale giudiziario non ha bussato alla sua porta. E ora cosa succederà? La moglie e i figli non sono ancora residenti e, se non troveranno qualcuno che, gratuitamente o a pagamento, darà loro questa possibilità, non potranno nemmeno essere presi in carico dai servizi sociali.

Cittadini e abitanti di serie z, costretti a subire ingiustizie e ad arrangiarsi, nonostante il contributo che danno alla comunità e alla crescita della città. La riforma realizzata da Renzi con la legge 80/2014 ha reso ancora più difficile la vita delle famiglie più povere, che neppure possono riuscire a ottenere la residenza senza una casa. Il Comune di Milano, diversamente dal Sindaco di Roma, che ha scelto di applicare il diritto di deroga all’art 5, ha istituito un servizio di “residenza fittizia”. Il sistema però non riesce ad assorbire le migliaia di richieste e oggi non è più possibile prendere neanche un appuntamento. Venerdì è stata sfrattata Maria, cassiera all’Esselunga, con un figlio di 19 anni, studente. La sua domanda di casa popolare non riesce ad arrivare in assegnazione, il punteggio è basso (essere vittima di uno sfratto vale solo 4 punti, mentre essere residente nel comune di Residenza da più di 10 anni garantisce 8 punti), della domanda di emergenza (case date dal Comune) presentata mesi fa, non sa nulla, nonostante siamo certi che ci siano alcuni alloggi liberi gestiti da una cooperativa sociale e che potrebbero quindi essere subito assegnati.

Ci sono famiglie, sfrattate, senza casa, che aspettano la consegna delle chiavi dell’alloggio di emergenza SAT da novembre. Nel piano dell’offerta abitativa gli alloggi disponibili sono 240, come è possibile che in 6 mesi neanche un alloggio è stato proposto? Ci sono famiglie che vivono in viale Ortles, in Residenze Sociali Temporanee a carico dei servizi sociali, in albergo prima gratuitamente poi arrivando a spendere centinaia di euro alla settimana. Bambini che per andare a scuola devono attraversare la città, svegliandosi all’alba. Famiglie divise o che vivono in condivisione con altri nuclei famigliari, dormendo per terra o cambiando ospitalità più volte alla settimana. Famiglie che mandano i figli al paese di origine in attesa di trovare una casa, malati che devono rimandare  cure salvavita perché senza un posto dove svolgere il periodo di convalescenza. Non si tratta di qualche nucleo, vittime collaterali di un sistema giusto ma imperfetto.

Si tratta di decine di migliaia di famiglie, vittime di politiche strutturalmente ingiuste contrarie alla Costituzione italiana, in particolare art. 3 art. 42, e contrarie alla normativa internazionale per cui l’abitazione dignitosa è un diritto fondamentale di ogni persona. A Milano esiste ormai una questione abitativa che ha riportato indietro il tempo di due secoli. Lo sforzo delle organizzazioni sindacali, dei movimenti, dei comitati e dei tanti gruppi che aiutano, tutelano, difendono anche facendo presenza agli sfratti, non sembra però ancora sufficiente a dare visibilità al tema e voce alle persone coinvolte.  È necessario forse andare più fondo e  avere più coraggio.

Chiudiamo con la notizia di due importanti iniziative di protesta e di difesa della città pubblica: 1)Mercoledì 22 maggio, alle ore 18, la Rete dei Comitati organizza un presidio davanti al Tribunale per dire “No al condono salva grattacieli”; 2)il 12 giugno le organizzazioni sindacali promuovo una mobilitazione alle ore 16 a Palazzo Lombardia per chiedere la riforma della legge di accesso e permanenza delle case popolari, lo stanziamento dell’1% del bilancio regionale alle politiche abitative, sospendendo vendite e valorizzazioni, l’assegnazione di tutti gli alloggi sfitti.

 

di Veronica Puija

Qui l’articolo originale, pubblicato da Arcipelagomilano.org il 24 maggio