Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa lettera di una giovane milanese ad Arianna Censi, Assessore alla Mobilità e Marco Granelli, Assessore alla Sicurezza, sui pericoli che i ciclisti devono affrontare in città. Finora la lettera non ha avuto risposta.

Gentili Arianna Censi e Marco Granelli,

mi chiamo Greta Joyce Fossati e vi scrivo questa mail perché ho deciso di rendere pubblico un fatto che mi è accaduto settimana scorsa sulle strade di Milano, più precisamente sulla ciclabile di viale Monza, altezza MM Precotto.

Prima due premesse: queste mie parole che vi indirizzerò saranno una lettera aperta che condividerò anche con l’esterno. Spero possano raggiungere anche le autorità politiche che vi sono vicine.

Poi vorrei prima dirvi qualcosa su di me: ho 29 anni e sono una persona comune, mi sono laureata nel 2017 in Statale e ora svolgo un lavoro d’ufficio. Nel 2020 ho partecipato al progetto MilanoAiuta, promosso dal Comune e da quell’esperienza ho scritto il mio primo libro intitolato “E voi state bene?”. Libro grazie al quale ho potuto promuovere una raccolta fondi a scopo sociale e parlare del mio impegno durante la pandemia assieme a tanti, tanti altri ragazzi normali. Ora sono volontaria di una colonia felina comunale vicino a casa. (Più volte abbiamo denunciato la situazione di grave incuria in cui vivono i nostri gatti senza purtroppo ottenere miglioramenti, ma qui non dirò altro sull’argomento perché rischierei di andare fuori tema). Vivo a Milano in affitto, come molti ho avuto una vita precaria e incertezze sul futuro, utilizzo quotidianamente la bicicletta per spostarmi e come molti altri cittadini di questa città partecipo alle manifestazioni settimanali a favore della Palestina.

Arriviamo ora a noi.

In data 19 marzo dopo il lavoro ho preso la mia bici per tornare a casa; una macchina di grossa cilindrata occupava l’intera ciclabile, vi dirò che non era una situazione diversa rispetto a quella che mi trovo davanti ogni sera, quando sono sempre costretta a fare slalom pericolosi tra macchine e motorini che non dovrebbero stare sulla ciclabile. Mi rendo conto che a raccontarla scegliere di spostarsi così suoni davvero una mossa suicida, ma lo faccio soprattutto perché i mezzi che dovrebbero portarmi a casa purtroppo sono sempre in perenne ritardo e la bici mi consente invece di tornare a casa in pochi minuti.

Quella sera le persone sono scese dal veicolo e io allora ho chiesto loro di spostarsi perché non si trovavano in un parcheggio. Di rimando mi hanno detto di farmi i fatti miei e di non rompere le scatole, avevano a bordo una persona anziana e pertanto nella loro mente avevano tutto il diritto di occupare quello spazio.

Dovevo essere io ad adattarmi. Preciso che la loro intenzione non era quella di sostare brevemente sulla ciclabile per eventualmente far transitare questa persona sul marciapiede, ma di rimanervi per un tempo non ben definito e comunque secondo le loro esigenze.

Sono allora passata oltre, pedalando sulla corsia delle macchine e mettendo quindi a rischio la mia sicurezza, poi mi sono fermata per attendere il verde.

È stato allora che ho sentito due mani prendermi con forza per i fianchi; non ho avuto modo di realizzare che cosa stava accadendo e ho rivisto il proprietario della macchina sbattermi a terra e lanciare in aria la mia bici, forse nel tentativo di romperla. Avevo nel cestino una borsa che è volata sull’altro lato della carreggiata.

L’uomo ha fatto per picchiarmi, ma ha visto che accorrevano altre persone ad aiutarmi e allora si è trattenuto. Alle mie rimostranze mi ha detto che gli avevo rotto lo specchietto retrovisore apposta. Lo specchietto, tengo a dirlo, era intatto. Sono arrivati allora i carabinieri.

Come potete immaginare ero molto spaventata dall’accaduto, sono molto grata a chi mi ha soccorsa e si è preso cura della mia sicurezza e salute. Dall’altra parte invece nessuna parola di scusa, anzi, mi è stato detto dal guidatore che gli dovevo 2mila euro per aggiustare lo specchietto; la sua accompagnatrice invece mi ha urlato che avevo sulla coscienza una persona di 90 anni e che le facevo schifo.

I carabinieri ci hanno identificato e mi hanno invitata alla calma. “Non possiamo fare multe a tutte le macchine che parcheggiano sulla ciclabile” mi sono sentita dire quando ho fatto presente che non se ne può più delle macchine che usano la ciclabile come parcheggio.

Chi mi aveva aiutato ha testimoniato e si è identificato. Sono molto grata a quelle persone per bene. Poco dopo ho perso conoscenza e mi hanno portata al pronto soccorso. Prognosi di tre giorni.

Sto bene fisicamente, mentalmente no, faccio fatica a dormire la notte e a volte sento ancora quelle mani prepotenti sui miei fianchi. Ho avuto paura a ripercorrere lo stesso tragitto in bici i giorni successivi.

Ho sporto denuncia e la mia vicenda è finita sui giornali, come riportato qui:

https://milano.repubblica.it/cronaca/2024/03/21/news/ciclista_aggredita_da_automobilista_su_pista_ciclabile_precotto-422353653/

https://www.fanpage.it/milano/ciclista-aggredita-da-un-automobilista-aveva-parcheggiato-sulla-ciclabile-mi-ha-insultata-e-buttata-a-terra/

Ora ho un estremo bisogno di provare a trarre qualcosa di utile da questa vicenda, ma per farlo c’è bisogno dell’aiuto di tutti.

In questi giorni tanti conoscenti e perfetti sconosciuti mi hanno scritto per mostrarmi solidarietà. È stato bello, tanti altri mi hanno detto che è gli accaduto qualcosa di simile; un’amica una volta ha percorso un piccolo tratto di strada in bici sul marciapiede perché si trovava su una strada con dei lavori in corso e un signore le ha dato una gomitata in pancia e ha tentato di farla cadere. Un’altra conoscente ha subìto un attacco da parte di alcuni conducenti; la sua colpa era quella di andare in bici su una strada che non aveva ciclabile.

Dopo questi esempi mi chiedo: ”Ma allora dove dovremmo andare con la bici, se ovunque andiamo la nostra sicurezza viene gravemente minata?”

Vi scrivo allora a nome delle persone che usano le ciclabili quotidianamente a Milano per chiedere seri provvedimenti. Basta morti in strada. Vogliamo strade sicure.

A cambiare, mi diceva giustamente qualche altro ciclista, deve essere la mentalità generale.

In questi giorni ho visto sotto gli articoli commenti che davano ragione all’uomo che mi ha aggredito. “Se le ha prese una buona ragione ci sarà stata”. “I nazi ciclisti non hanno pietà neanche di una 90enne che deve scendere dalla macchina”. “Anche chi accompagna un anziano a un appuntamento importante avrebbe diritto di parcheggiare vicino senza dover litigare con chi fa la passeggiata in bicicletta”. “Purtroppo capisco la sua esasperazione, ma se fosse passata intorno senza fare altro come sostiene lei non sarebbe successo nulla o sbaglio?” “In questo caso la scintilla è scattata da chi poi si è fatta male”. “Le domando: ma lei non poteva semplicemente aggirare la macchina e proseguire senza polemiche?”.

Ci siamo capiti, la colpa come purtroppo accade ancora troppo spesso è delle vittime, colpevoli di aver indossato una minigonna, di aver istigato o di aver detto un semplice “No”. Vorrei ricordare a questo punto la scrittrice Michela Murgia che disse: “Di tutte le cose che le donne possono fare nel mondo, parlare è ancora considerata la più sovversiva”. A questo punto mi viene da dire che forse pure andare in bicicletta lo è.

Aiutateci allora a cambiarla questa mentalità generale che proprio non giova a nessuno; si promuove una città efficiente, veloce, green, concretizziamo tutto questo, ma vi prego non il modello milanese gentrificato. No, cambiamo questa mentalità per tutelare le persone comuni, quelle che come me vivono e abitano ancora questa città che ora sembra per soli ricchi. Fatelo per scongiurare le morti dei ciclisti sulle strade e le aggressioni come quella che ho subìto io.

Proviamoci per davvero ed io sono certa che ne beneficeremo davvero tutti.

Con molta cordialità.

Dott.ssa Greta Joyce Fossati