“Stiamo combattendo e continueremo a combattere. Per la parola principale: vittoria. Arriverà di sicuro”.

Queste sono le parole di Zelensky che abbiamo letto su La Stampa del 3 gennaio 2023 e su tante altre testate giornalistiche.

Sono parole ripetute ossessivamente in settimane e mesi. Bugie patetiche per convincere l’opinione pubblica. Una massiccia campagna di propaganda e disinformazione ci ha investito. Chi metteva in dubbio la vittoria dell’Ucraina era un filorusso.
Adesso arriva la doccia fredda: “Zelensky è in una situazione disperata”. Lo scrive il Washington Post.
E così d’incanto la bolla di disinformazione è saltata.
Oggi diventa chiaro a tutti, anche ai meno perspicaci, che questa guerra si è combattuta in maniera decisiva sul terreno dei media per manipolare l’opinione pubblica, per acquisire consenso e per sostenere in questo modo la guerra.
Perché la disinformazione – diciamocelo con franchezza – non l’ha fatta solo Putin, ma l’ha fatta anche la Nato. E in massicce dosi. Occorreva far credere che Zelensky stesse vincendo quando invece stava compiendo un azzardo dopo l’altro che lo portava verso la sconfitta.

La propaganda di Zelensky non ha potuto alla fine nascondere la realtà: la guerra in Ucraina è una tragedia senza fine e lui è il presidente perdente. Il popolo ucraino è stato drogato di nazionalismo per continuare una guerra a oltranza da cui adesso in tanti si sottraggono, nascondendosi, per evitare la leva. I renitenti sono un fiume carsico che attraversa le falde profonde della società ucraina. Le donne ucraine manifestano nelle piazze reclamando i loro uomini oggi al fronte da troppo tempo: li vogliono a casa.

La retorica trionfalistica del presidente ucraino Zelensky non può mascherare la dura realtà del conflitto. Da un lato, la propaganda martellante ha dipinto un quadro di eroismo e resistenza, promettendo una vittoria imminente. Dall’altro, la realtà sul campo racconta una storia ben diversa: soldati stremati, crepe nel fronte e timori di un cedimento imminente.

Il bilancio è drammatico: centinaia di migliaia di morti e feriti, città distrutte, milioni di persone sfollate. La propaganda di Zelensky non può cancellare la sofferenza di un popolo martoriato da un conflitto che sembra non avere fine. Putin del resto ha ottenuto il suo scopo più importante: bloccare l’ingresso di Kiev nella Nato.

È venuto il momento di una seria riflessione dopo la sbornia propagandistica a reti unificate.

con la guerra a oltranza Zelensky non ha fatto l’interesse del popolo ucraino ma ha fatto paradossalmente quello che Putin voleva: portare al logoramento un esercito efficiente e ben armato ma numericamente inferiore e con meno munizioni. E lo ha portato allo sbaraglio in una controffensiva temeraria. La Nato ha stupidamente assecondato tale follia strategica.

Putin ha osservato tutto questo con perfida soddisfazione.

Infatti è stato l’azzardo della vittoria, ereditato dal nazionalismo ucraino e decantato da un ex comico privo di intelligenza politica, a far collassare una nazione che oggi è null’altro che uno stato fallito e alla vigilia del tracollo militare.

L’Ucraina ha visto il suo presidente darsi la classica “zappa sui piedi”, proprio come voleva Putin, per ragioni di vanità politica.

E la Nato è stata al gioco e lo ha rilanciato sperando di portare la Russia in una sorta di Vietnam, ossia in un lento e irreversibile dissanguamento militare. Ma la Nato ha sbagliato i conti.

Sorvoliamo su Stoltenberg che – più che un segretario generale della Nato – è sembrato un dilettante allo sbaraglio privo di competenze militari e capace solo di una debole retorica, non sapendo nel concreto che pesci prendere.

Ed è la Nato a trovarsi adesso nel pantano. Non sa cosa fare. Perché più punta sulla vittoria e più l’Ucraina perde. E se interviene direttamente porta il mondo dentro la guerra nucleare. Questa è una guerra che non può essere vinta dalla Nato se non a prezzi che sono inaccettabili per tutti.

in questo quadro di desolazione si salva forse solo il generale Mark Milley che dal Pentagono ha invano avvisato i cialtroni della politica che occorreva avviare i negoziati in tempo. È andato persino da Papa Francesco. Ma pochi lo hanno notato.

Questa guerra ha dimostrato e confermato le criticità che noi pacifisti abbiamo più volte sottolineato. Siamo stati derisi. Ma avevamo ragione. È stato osteggiato anche Papa Francesco, l’unico leader mondiale che oggi ha autorevolezza e che ispira fiducia e speranza. Lo hanno criticato per la frase sulla “bandiera bianca” che è simbolo di trattativa nelle convenzioni internazionali. Attendendo ancora, si rischia che la bandiera bianca verrà issata non per la trattativa ma per la resa, cosa ben diversa.

È tempo di dire basta a questa guerra insensata.

La retorica bellicista e la propaganda non possono giustificare il sacrificio di tante vite umane e della stessa sorte collettiva dell’umanità. Immaginare di sconfiggere la Russia portandoci in guerra è immaginare solo la guerra nucleare.

Il tempo dell’idiozia è finito. Quello della follia dobbiamo evitare con tutti i mezzi che cominci.

Dobbiamo preparare il tempo della ragione.

Serve una soluzione diplomatica che ponga fine alle ostilità e avvii un percorso di pace.

L’Europa e l’Occidente devono assumersi la responsabilità di promuovere un dialogo costruttivo tra le parti, abbandonando la stupida retorica della vittoria che, va sottolineato ancora una volta, è funzionale a Putin.

La via della guerra non porterà mai a una vera pace, ma solo a una spirale di violenza e distruzione che farà vincere il più forte militarmente, ossia Putin.

La pensa diversamente solo chi è stato vittima della disinformazione della Nato. Chi non conosceva i dettagli militari. Chi credeva che gli asini volassero e che gli ucraini stessero vincendo.

È tempo di fermare questa follia e di smontare la disinformazione che ha sorretto la guerra.

La vita di ogni essere umano è preziosa e non può essere sacrificata sull’altare di interessi geopolitici o di ambizioni di potere.

Dobbiamo unirci per chiedere la pace in Ucraina. Invitiamo tutti i cittadini a organizzare ovunque iniziative contro la guerra e a fare pressione su chi governa affinché sia esplorata una soluzione diplomatica del conflitto. I confini vanno scelti dai popoli e non vanno decisi a colpi di cannone. Si chiedano referendum ONU che consentano alle città contese a cannonate di scegliere il loro futuro attraverso un voto libero sotto controllo internazionale.

Vogliamo una pace che consenta la libera espressione della volontà popolare.

Solo la pace può portare a una vera vittoria.