È sorprendente che i neonati umani di appena 10 mesi siano in grado di identificare il rango sociale. Una ricerca rivela che i neonati imparano a distinguere chi è dominante intorno a loro, usando come indizio le dimensioni relative del corpo.

Gli esperimenti condotti dalla psicologa Lotte Thomsen dell’Università di Oslo indicano che i neonati possono usare l’indizio delle dimensioni del corpo per prevedere che un oggetto di dimensioni maggiori prevarrà su uno di dimensioni minori in una rappresentazione visiva controllata. Inoltre, un gruppo di ricercatori dell’Università di Yale ha scoperto che i bambini di appena tre mesi sembrano essere in grado di riconoscere che l’intonazione della voce è correlata alle dimensioni del corpo: gli organismi più piccoli producono un suono più acuto.

Come facciamo a sapere cosa pensano i neonati?

La ricerca e la valutazione delle percezioni dei neonati sono complesse. Gli esperimenti che valutano le reazioni dei neonati prevedono di farli familiarizzare con un oggetto visivo animato, come un blocco colorato, e poi di modificare il suo rapporto con un altro blocco simile.

Quando il rapporto previsto viene invertito, in quella che viene chiamata “violazione delle aspettative”, i ricercatori misurano quanto a lungo il bambino guarda l’immagine anomala, rispetto alla durata del suo sguardo sull’immagine prevista. Lo sguardo più lungo sull’immagine inaspettata viene interpretato come se il bambino riconoscesse che qualcosa non va bene.

Per esempio, per valutare la percezione della dominanza, Thomsen e un team internazionale di ricercatori hanno mostrato ai bambini delle animazioni che raffiguravano un blocco piccolo e uno grande che si muovevano l’uno verso l’altro, dove uno o l’altro si chinava e cedeva il passo per evitare una collisione. In una serie di esperimenti, hanno scoperto che i bambini guardavano più a lungo quando l’oggetto più grande dava precedenza a quello più piccolo, suggerendo che questo non era ciò che il bambino si aspettava.

Questa linea di ricerca suggerisce che a un anno di età i bambini possono essere in grado di riconoscere che le dimensioni sono legate alla forza e alla dominanza, che la taglia più grande prevarrà in una situazione di conflitto e che questo vale anche per altre situazioni di conflitto. Questi esperimenti concludono che la conoscenza degli indizi per percepire la gerarchia sociale si sviluppa molto presto nell’organismo umano e continua a svilupparsi durante l’infanzia e l’adolescenza.

Anche altre specie lo fanno

Gli studi che confrontano la struttura gerarchica delle società umane con quelle di altre specie suggeriscono che “sembrano non esserci discontinuità fondamentali tra la struttura sociale degli esseri umani e quella degli animali”. La gerarchia sociale nei gruppi animali è quasi onnipresente: lo fanno i primati non umani, gli insetti, gli uccelli e i pesci.

I gruppi sociali delle specie non umane formano gerarchie per aiutare a proteggere il gruppo dai predatori, ridurre l’aggressività all’interno del gruppo, trovare e allocare le risorse e garantire che coloro che sono in cima alla gerarchia possano riprodursi con successo: tutto ciò si ritiene contribuisca al benessere del gruppo nel suo complesso.

La cura reciproca del corpo (grooming) è importante per tenere uniti i gruppi di primati, incoraggiando il legame. Gli studi dimostrano che il grooming dei primati innesca il rilascio di endorfine da parte del cervello, che promuovono un senso di benessere e di rilassamento e allo stesso tempo creano un senso di fiducia reciproca. Il grooming tra i primati può essere utilizzato anche come forma di risoluzione dei conflitti e di riconciliazione. Si ipotizza che il grooming, che richiede molto tempo, limiti la dimensione massima dei gruppi di primati a circa 50 individui.

Gli esseri umani replicano la stimolazione delle endorfine del grooming, suggerisce lo psicologo R. I. M. Dunbar dell’Università di Oxford in un articolo del 2020, tramite la creazione di una “forma di grooming a distanza”, che comprende risate, canti, balli, racconti, mangiare e bere in comune. Negli esseri umani come nei primati, le pratiche che rilasciano endorfine permettono ai membri del gruppo di conoscersi e di prevedere il comportamento futuro dei membri del gruppo.

Connessioni neurali

Le connessioni neurali con lo status e la sua percezione sono un’area di costante ricerca sia nei primati che negli esseri umani. I ricercatori di psicologia della Temple University suggeriscono l’esistenza di una “origine evoluta per il raggiungimento di uno status elevato e per il riconoscimento dello status negli altri” sia nei primati non umani che negli adulti umani.

Utilizzando la risonanza magnetica per immagini, gli scienziati che hanno analizzato le aree cerebrali legate alla percezione dello status sociale e della dominanza hanno identificato le regioni del cervello e i neurotrasmettitori che si attivano quando gli esseri umani o i primati sono coinvolti nella percezione della dominanza in una relazione. I risultati della ricerca variano a seconda della configurazione sperimentale, ma gli studi hanno costantemente identificato le stesse aree cerebrali specifiche, tra cui l’amigdala, l’ippocampo e la corteccia prefrontale, come parte della rete neurale coinvolta.

Per creare un quadro più preciso di come il cervello degli esseri umani e dei primati sia coinvolto nella percezione dello status sociale, sono necessarie ricerche future, forse aiutate da migliori tecniche di rappresentazione e di rilevamento, concludono i ricercatori. Quello che si sa è che la percezione della dominanza viene appresa nei neonati umani e continua a svilupparsi in complessità man mano che l’individuo invecchia e acquisisce maggiore esperienza sociale.

Gerarchia buona o cattiva?

Se l’organizzazione gerarchica è effettivamente innata e persino necessaria per le istituzioni umane, la questione è come utilizzare questa realtà.

Le gerarchie possono essere caratterizzate come benevole o autocratiche, a seconda che vadano principalmente a beneficio del bene generale, di coloro che stanno in basso e al centro o dei pochi in alto. Guardando alla storia dell’umanità, le società gerarchiche che vengono in mente sono “cattive” nella mente della maggior parte delle persone. Si pensi a dittatori come Stalin o Hitler, o a quelli più recenti.

Ma, come sostiene un gruppo di ricerca, “l’uguaglianza è un miraggio”. Secondo i teorici politici dell’Università di Hong Kong, Wang Pei e il canadese Daniel A. Bell, per funzionare bene una società su larga scala ha bisogno di un sistema organizzativo che preveda delle gerarchie. Essi indicano il fallimento della Rivoluzione culturale cinese come esempio di “uguaglianza” fallita. Propongono invece:

“La scelta non è tra una società senza gerarchie e una con gerarchie, ma piuttosto tra una società con gerarchie ingiuste che perpetuano strutture di potere ingiuste e una con gerarchie giuste che servono a scopi moralmente desiderabili”.

La questione non diventa una scelta tra uguaglianza e gerarchia, ma come trasformare una società gerarchica in una società che promuova una maggiore uguaglianza.

Le conseguenze della disuguaglianza

L’uguaglianza è oggi un tema caldo nella società, che si parli di genere, religione, razza, reddito o istruzione. In generale, l’arco dello sviluppo politico si sta orientando verso una maggiore uguaglianza, allontanandosi dalle disuguaglianze tradizionali, come quella che relega le donne a un rango inferiore.

La questione dell’uguaglianza non è astratta. La percezione di uno status sociale inferiore ha conseguenze sulla salute e sul benessere psicofisico, nonché sull’aspettativa di vita, sia per gli esseri umani che per gli animali. Come riporta uno studio antropologico del 2019 sui macachi rhesus, “le avversità sociali si insinuano nella pelle per lunghi periodi di tempo”. Scrivendo nei Proceedings of the American Academy of Sciences, un team internazionale di ricercatori ha concluso che le avversità sociali influenzano il sistema immunitario dei macachi femmina, con alcune variazioni, come il tipo di agente patogeno, la durata dell’esposizione e il grado di avversità sociale.

Numerosi studi documentano gli effetti negativi della percezione di un basso status socioeconomico negli esseri umani. Ad esempio, una meta-analisi di 44 studi su adolescenti tra i 12 e i 19 anni, condotta dai ricercatori della Concordia University di Montreal, ha rilevato che un’autopercezione di status inferiore è correlata a una salute peggiore. È interessante notare che lo studio suggerisce che indicatori oggettivi come la ricchezza non sono rilevanti per la salute quanto la percezione soggettiva dello status.

Uno studio molto specifico, pubblicato su Health Psychology nel 2008, ha esaminato lo status socioeconomico oggettivo e la percezione soggettiva dello status e il modo in cui ciascuno di essi è stato influenzato dal comune virus del raffreddore. I ricercatori hanno coinvolto 193 adulti statunitensi sani, che sono stati prima classificati oggettivamente e poi soggettivamente in base a indicatori di status sociale. Dopo sei settimane, i volontari dello studio sono stati esaminati per verificare la presenza di eventuali sintomi di raffreddore e, se non ne avevano, sono stati esposti a una delle due varietà di virus del raffreddore comune. Nei giorni successivi, i volontari sono stati monitorati per verificare la presenza di sintomi di raffreddore.

Il risultato è stato sorprendente: Lo status sociale inferiore percepito soggettivamente era correlato a una maggiore predisposizione a prendere il raffreddore. Il basso status sociale oggettivo non presentava questa associazione.

Verso una migliore salute e felicità

Come spiega Marc A. Fournier, psicologo dell’Università di Toronto, “la disuguaglianza di reddito getta un’ombra sulla qualità delle relazioni sociali, tanto che chiunque viva in una società più stratificata ha meno probabilità di fidarsi degli altri o di partecipare alla vita della comunità”. Inoltre, coloro che si classificano soggettivamente con uno status sociale inferiore, come dimostrano molti studi diversi, hanno maggiori probabilità di avere livelli di felicità più bassi.

I rimedi per creare più felicità, e di conseguenza una salute migliore, non sono misteriosi, ma sono una sfida continua. Una misura sicura è la ridistribuzione del reddito, ad esempio attraverso una tassazione progressiva. Alcuni studi condotti in diversi Paesi nell’arco di alcuni decenni hanno documentato che questa misura diminuisce la disuguaglianza di reddito e aumenta la felicità.

Anche altre misure sembrano evidenti. Ci sono opportunità nella società per migliorare il proprio status? Come possono i sistemi di istruzione pubblica favorire tali opportunità? In che modo il sistema educativo prepara i giovani ad avere maggiore padronanza della propria vita? In che modo le istituzioni sociali possono creare maggiori opportunità di relazioni comunitarie positive?

La percezione del dominio e del rango sociale sembra iniziare molto presto nella vita e la successiva autopercezione di un rango inferiore, che sia accurata o meno, influisce sulla salute e sulla felicità. Le domande aperte sono: quanto siano innate queste percezioni e come l’approccio della società all’uguaglianza può aiutare a cambiare in meglio queste percezioni?

Questo articolo è stato prodotto da Human Bridges.


L’autrice: Marjorie Hecht è stata a lungo redattrice di riviste e scrittrice con una specializzazione in argomenti scientifici. È una autrice freelance e attivista comunitaria che vive a Cape Cod, negli Stati Uniti. È possibile leggere altri lavori di Marjorie Hecht sull’Observatory.


Traduzione dall’inglese di Giuseppe Marchiello. Revisione di Thomas Schmid.