La Snam continua ad ingannare l’opinione pubblica facendo credere che i suoi metanodotti possono trasportare idrogeno. In realtà si tratta di una smaccata operazione di greenwashing perché le tubature per il metano non sono idonee per il trasporto di idrogeno, essendo quest’ultimo un gas più espanso e soprattutto corrosivo. E’ possibile solo una miscelazione parziale che può arrivare al massimo al 10 per cento di idrogeno e al 90 per cento di metano, come dimostra lo stesso comunicato Snam relativo all’acquisto delle turbine per la centrale di compressione prevista a Sulmona.

La Linea Adriatica potrà anche essere “hydrogen-ready”, ma non lo sono le condotte che saranno collegate alla Linea Adriatica. Affinché la rete metanifera italiana possa trasportare idrogeno bisognerebbe sostituirla completamente, il che ovviamente non è possibile.  L’idrogeno, inoltre, può avere un utilizzo limitato ad alcuni settori, come le industrie fortemente energivore e i trasporti di grandi dimensioni. Pertanto, è più logico e anche più conveniente produrlo in appositi distretti lì dove serve, come nel caso del progetto IGE a Corfinio (AQ) e non portarlo attraverso enormi idrogenodotti che dovrebbero partire addirittura dal continente africano, come è nei progetti dell’ENI.

Anche l’affermazione secondo cui la Snam intende raggiungere la neutralità carbonica sulle emissioni dirette entro il 2040 è una balla. Infatti, impianti come le centrali e i gasdotti hanno una vita tecnica di almeno 50 anni, durante i quali vengono spalmati gli enormi costi di costruzione che saranno pagati dai cittadini attraverso la bolletta energetica. Se la Snam avesse davvero come obiettivo il raggiungimento della neutralità carbonica entro il 2040 non dovrebbe costruire affatto questi nuovi impianti fossili che, se i programmi saranno rispettati, saranno pronti nella seconda metà di questo decennio. Quando sarà ancora più evidente ciò che è platealmente evidente già da oggi, e cioè che la centrale di Sulmona e la Linea Adriatica non servono assolutamente a nulla e l’unica ragione per cui la Snam costruisce tali impianti è perché realizza lauti guadagni su un appalto che è lievitato fino a 2 miliardi e 500 milioni di euro, che in parte saranno pagati dalla Unione Europea.

La loro inutilità è sotto gli occhi di tutti: la rete metanifera del nostro Paese è stata in grado di trasportare e distribuire nel 2005 86,2 miliardi di metri cubi di gas; nel 2023 i consumi di metano sono crollati a 61,5 miliardi di metri cubi e tutte le previsioni dicono che continueranno a scendere. L’talia ha sostituito quasi del tutto il gas russo con altre fonti senza che ci fosse la Linea Adriatica e non ha alcun problema di approvvigionamento, tanto che continua ad esportare all’estero il metano in surplus.

La verità è che la Valle Peligna, l’Abruzzo e l’intero Appennino sono diventati “territori di sacrificio”, al servizio esclusivo degli interessi di  una multinazionale, senza alcun vantaggio né economico né occupazionale per la popolazione; ma avendone in cambio, anzi, devastazione ambientale, rischi per la sicurezza e la salute dei cittadini, e ulteriore impoverimento del tessuto economico e sociale.

E tutto ciò grazie alla complicità o, nel migliore dei casi, alla inettitudine della quasi totalità della nostra classe politica.

Mario Pizzola