Lunedì 25 marzo presso lo Spazio Rosso di Monfalcone la Tavola per la Pace
del Friuli Venezia Giulia e il Comitato in solidarietà con la Palestina hanno
promosso una conferenza sulla logistica di guerra, che muove molteplici
interessi contro la Palestina anche dalla nostra Regione, in violazione della
legge 185/’90, dei Trattati internazionali sul commercio delle armi e della
Costituzione.Con l’intervento di Carlo Tombola, ricercatore di The Weapon
Watch e Alba Nabulsi, giornalista italo-palestinese. Carichi d’armi da e per
l’Ucraina sono passati per le stazioni e i porti giuliani. La presenza militare
nel mar Nero, nel mar Rosso e nel Mediterraneo orientale rende l’Italia parte
attiva del conflitto in Medio Oriente, contribuendo alle condizioni che
impediscono l’arrivo in porto delle navi commerciali e privando gli operatori
del lavoro necessario.
Apre l’incontro Carlo Tombola in collegamento video da Milano,
introducendo le migrazioni sulle “rotte della speranza” di popolazioni che
provengono da paesi in guerra in Medio Oriente e in Africa, “guerre della
povertà” che alimentano traffici di esseri umani. Tutti i porti italiani sono
coinvolti nel movimento di armi: porti grandi come Genova, Spezia, Livorno,
Trieste e Ravenna ma anche Monfalcone, di Categoria II classe II, che secondo
il piano regolatore portuale non è abilitato al traffico di esplosivi. Ciò
nonostante da anni questa prescrizione viene ignorata, anche davanti alle
proteste dei Lavoratori e in barba alle assicurazioni dell’Autorità portuale e
del suo presidente D’Agostino. Prova ne è la presenza di navi come la
Capucine e la Severine affittate dal Ministero della Difesa italiano, che
svolgono questi traffici nonostante la Legge 185/90 che proibisce l’export di
armi verso Paesi in guerra e tutti i regolamenti e Trattati internazionali.
L’Italia ha iniziato a fornire armi a Israele nel 2002 durante il primo governo
di Berlusconi attraverso alleanze “segrete”, Israele a cui gli USA permettono
di rimanere in guerra coi Paesi vicini che in Israele vedono un avamposto
coloniale dell’Occidente. Un paio di libri sono significativi: “La guerra contro il
popolo. Israele, i palestinesi e la pacificazione globale” di Jeff Halper,
professore americano-israeliano che analizza le implicazioni delle tecnologie
industriali nella ricerca e produzione di armi, finanziate con investimenti
miliardari pubblici e privati. Un altro libro, “La catena dell’impunità” a cura
di Raffaele Spiga e Federico Zanettin analizza la “storia degli armamenti
israeliani e delle complicità di Occidente ed Italia nella guerra ai danni della
popolazione civile in Palestina”, e chiede di boicottare e disinvestire da un
Paese senza scrupoli.
Weapon Watch riesce a dedurre informazioni sui traffici di armi nei porti non
certo dalle informazioni mantenute segrete delle autorità portuali, ma
attraverso le denunce dei portuali sul carico di mezzi militari nei luoghi di
partenza e destinazione delle navi. Si è riusciti così a rilevare il traffico di
120.000 munizioni leggere verso il Qatar nel 2023 (173.000 nel 2022) o la
vendita di armi e tecnologie militari all’Egitto. O ancora le armi inviate nel
febbraio 2023 da Monfalcone in Ucraina con scalo al porto greco di
Alessandropoli, dove gli Stati Uniti hanno una base per il rifornimento
attraverso Bulgaria e Romania di armi pesanti all’Ucraina. Tutto questo
calcolando i giorni di viaggio, che non corrispondevano a quelli per
raggiungere la Sardegna come dichiarato dalle autorità portuali, che
sostenevano come il carico riguardasse mezzi disarmati con nessuna
destinazione offensiva, bensì strumenti militari dell’esercito italiano
destinati a Sant’Antioco in Sardegna per l’addestramento. Durante il viaggio
la nave Severine ha pure disattivato il segnale “transponder” AIS.
La giornalista Alba Nabulsi ha introdotto alcune inchieste giornalistiche per
Altreconomia, rete indipendente non governativa. Anche il giornale The New
Arab ha pubblicato i risultati di un’inchiesta ottenuti leggendo dati ISTAT
aggiornati: fra ottobre e novembre 2023 l’Italia ha esportato verso Israele
armi e munizioni per il valore di € 817.536, contraddicendo il governo
italiano. Il ministro Crosetto coi suoi tweet continua a ripetere anche in
Parlamento come l’esportazione di armi verso Tel Aviv sia stata bloccata dal
7 ottobre 2023, ovvero dall’inizio della guerra a Gaza. Secondo l’Istat invece,
l’Italia ha esportato in Israele € 584,511 di armi e munizioni nel novembre
2023: € 7000 riferiti a “fucili, carabine e armi non letali”; per 430.000 euro
“parti e accessori” di “armi da guerra, compresi fucili mitragliatori”,
“rivoltelle e pistole”, “armi da fuoco” e “fucili e pistole non letali”. Mentre
147.126 euro rimasti oscurati riguardano armi e munizioni a scopo militare.
Inoltre a dicembre risulta un’esportazione di oltre un milione di euro verso
Tel Aviv.
Gli organizzatori rivolgono un appello alla Cittadinanza ad opporsi alla deriva
bellica che sta trascinando il Paese e l’Europa verso la guerra mondiale. E
invitano Lavoratori e Sindacati a denunciare i traffici d’armi tanto più se
palesemente illegali, per riportare la pace nel commercio internazionale
messo a rischio da scelte politiche sciagurate, anche del Governo Italiano.
Hanno aderito all’iniziativa Rifondazione Comunista, Marcia Mondiale per la
Pace, Europa Verde, Pax Christi, Unione Sindacale di Base, Salaam Ragazzi
dell’Olivo, Coordinamento No Green Pass e Oltre, Potere al Popolo, Comunità
dei palestinesi nel Friuli Venezia Giulia, Sinistra Italiana e Mondo senza
Guerre e senza Violenza.
Per gli organizzatori, Alessandro Capuzzo
Monfalcone, 26 marzo 2024