Dalla nostra cooperante Giuditta, appena tornata dal suo viaggio in Egitto, la drammatica testimonianza della situazione oggi in Palestina

Torno da una missione  al Cairo, dal 3 all’8 marzo, per fare acquisti  di materiali da portare e distribuire  nella striscia di Gaza. Tutto legato al cessate il fuoco che sembrava oramai prossimo; purtroppo così non è stato. Tuttavia la missione è stata utile per approfondire i tempi e le modalità sia per gli acquisti dei materiali che per il progetto finanziato con 8X1000 della Chiesa Valdese.

Ho incontrato il dr. Aed Yaghi, direttore del Palestinian Medical Relief Society a Gaza, e insieme abbiamo discusso delle modalità per portare sollievo alla popolazione. Purtroppo la richiesta iniziale di acquistare carrozzine e stampelle per i tanti che hanno perso le gambe causa i bombardamenti – un rapporto di Save the Children del 8 gennaio scorso dichiarava che “ in media, più di 10 bambini al giorno hanno perso un arto. In 3 mesi a più di 1.000 bambini e bambine sono state amputate una o entrambe le gambe, senza neanche l’anestesia” – non è risultata percorribile. I controlli a cui Israele sottopone i convogli destinati alla popolazione di Gaza vietano l’ingresso di alcuni materiali in particolare di “metallo”.

Il direttore del P.M.R.S. ha fatto presente le necessità di tanti neonati che presentano malattie di origine genetica, che hanno bisogno di particolari alimenti. Si tratta di neonati affetti da fenilchetonuria (una patologia del metabolismo degli aminoacidi che compare nei bambini nati senza la capacità di degradare la fenilalanina che, tossica per il cervello, si accumula nel sangue). Per loro è stata richiesta la fornitura di latte in polvere arricchito con ferro, perché questo tipo di alimento aiuta a compensare la carenza di enzimi che causano nel neonato la  disfunzione nel controllo del movimento, nella capacità di memorizzare e su altre funzioni cognitive.  Anche per i bambini affetti da stessa malattia metabolica è stato richiesto l’acquisto di specifici alimenti.

A Gaza questi casi erano seguiti dal World Food Program, servizio oggi in parte interrotto. Si tratta di neonati e bambini già vulnerabili che corrono il maggior rischio di complicanze sanitarie e di morte se non ricevono adeguate cure.

A causa dell’aggressione israeliana, la malnutrizione acuta nella Striscia di Gaza sta raggiungendo livelli importanti: c’è bisogno di un accesso continuo a cibi sani, acqua pulita e servizi sanitari.

La mancanza di acqua potabile, così come l’insufficienza di acqua per cucinare e per l’igiene, aggravano la condizione di vita, lavarsi e cucinare. In media, le famiglie hanno accesso a meno di un litro di acqua sicura per persona al giorno. Secondo gli standard umanitari, la quantità minima di acqua sicura necessaria in caso di emergenza è di tre litri per persona al giorno, mentre lo standard generale è di 15 litri per persona, che comprende quantità sufficienti per bere, lavarsi e cucinare.

Oggi a Gaza siamo in presenza di civili affamati, assetati e deboli. La fame e le malattie sono una combinazione letale che, uniti ad una situazione igienico sanitaria insostenibile, vede l’espandersi di infezioni intestinali e respiratorie, malattie contagiose, vaiolo, meningiti, epatite. “C’è il rischio che muoiano più persone a causa di malattie che a causa dei bombardamenti a Gaza se il sistema sanitario del territorio non viene rimesso in piedi rapidamente” ha dichiarato Margaret Harris portavoce dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. L’Associazione Fonti di Pace, in sintonia con il partner P.M.R.S., cercherà di arrivare a Gaza per portare gli aiuti richiesti.

Durante gli incontri con il direttore del P.M.R.S. si è discusso anche del progetto approvato lo scorso mese di settembre e finanziato con 8X1000 della Chiesa Valdese. Il progetto entrava nel suo terzo anno di attività: offrivamo servizi di riabilitazione a bambini ed adulti con disabilità che vivono nel governatorato di Khan Yunis; putroppo, a causa dell’aggressione israeliana in corso non ci sono le condizioni per sviluppare ulteriormente il progetto che avrebbe avuto la durata di 9 mesi.

Ci sono difficoltà a trovare le famiglie inserite nel progetto – oltre 1.700.000 sono gli sfollati nella striscia di Gaza e di questi 1 milione si sono trasferiti tra Khan Yunis e Rafah – e il Centro  di Riabilitazione  del P.M.R.S. a Khan Yunis si trova in un’area fortemente sottoposta a bombardamenti e all’occupazione dell’esercito israeliano. Il centro è irraggiungibile e non sappiamo se ha subito danni. Anche gli spostamenti delle persone sono altamente a rischio causa la presenza di cecchini israeliani e posti di blocco. Rivedere il progetto è stato quindi necessario. Molti i bisogni rappresentati, ma soprattutto abbiamo discusso della fattibilità di creare e gestire un progetto.

Si è convenuto che la priorità resta quella di offrire servizi sanitari di base alle persone sfollate e che hanno trovato sistemazione nelle scuole Unrwa o nelle tendopoli. Abbiamo quindi preso in considerazione la necessità di arrivare alle persone ferite che dopo un intervento non possono restare negli ospedali, i quali sono sottoposti a bombardamenti, occupazione da parte dell’esercito e spesso evacuati forzatamente. Nella striscia di Gaza di 36 ospedali attualmente solo 6 sono parzialmente operativi. Dei feriti tanti sono i bambini – al 5 marzo scorso i dati del Ministero della salute di Gaza riportano che  9.179 sono bambini feriti. Queste persone ferite vengono dimesse quando ancora avrebbero bisogno di cure. Si è pertanto definito di rimodulare il progetto  per  portare  servizi di assistenza sanitaria-infermieristica  ai civili feriti con particolare attenzione ai bambini.

Un team composto da un medico generico, un’ infermiera, un fisioterapista e uno psicologo visiterà i feriti che vivono nelle tendopoli e nelle scuole Unrwa. Sul posto il team medico porterà farmaci e materiali sanitari per le cure necessarie. Lo psicologo affronterà gli eventi traumatici che hanno colpito le persone e che hanno determinato in tanti casi un cambiamento radicale nella loro vita. Lavorerà in sinergia con il fisioterapista-riabilitatore in quanto questa condivisione di servizi si è già dimostrata efficace per il buon esito del programma terapeutico complessivo. Il team del P.M.R.S. sarà in contatto con il personale sanitario degli ospedali ancora operativi e presenti nei governatorati di  Khan Yunis e Rafah, i quali  forniranno le informazioni utili a raggiungere i feriti dimessi.

I servizi di assistenza primaria sanitaria saranno svolti nelle “aree mediche” identificate nelle scuole dell’Unrwa e nelle tende già allestite dal P.M.R.S. nei centri degli sfollati. Il personale sanitario si sposterà sul territorio con un mezzo che verrà preso a noleggio, stante che nel corso dei bombardamenti il P.M.R.S. ha perso diversi mezzi. Le attività del progetto inizieranno il prossimo mese di maggio, avranno la durata di 5 mesi e almeno 3.500 feriti beneficeranno dei servizi.

Incontrare il Direttore del P.M.R.S. è stato molto importante per sviluppare la parte operativa, ma anche significativo sul piano personale. Si è dispiaciuto che i miei effetti personali, le macchine fotografiche e cinepresa che ho lasciato presso il nostro centro a Gaza City in Tel Al Awa siano andati persi causa l’attacco alla struttura sanitaria da parte dell’esercito israeliano. Il Dr. Aed Yaghi ancora non sa se la sua casa è stata danneggiata dai bombardamenti o andata distrutta. Una stretta al cuore quando raccontandoci della vita a Gaza, dei luoghi, delle persone e mi ha detto: “Gaza non sarà più la stessa, non troverai più nulla, ma torniamo”.  

Durante la permanenza al Cairo sono stata al Palestine Hospital dove ho visitato alcuni ricoverati, tutti feriti, arrivati dalla striscia di Gaza.  La d.ssa A. mi ha accompagnato nelle visite. Ho incontrato M. arrivato da Gaza 2 mesi fa. M. abitava a Shuja’iyy. Durante un bombardamento del 12 novembre scorso la sua abitazione è stata colpita. Ha perso 4 figli, la moglie e altri parenti. Ha avuto entrambe le gambe ferite. La gamba destra è a rischio amputazione, stanno facendo il possibile, ma purtroppo ha una brutta infezione.

A. è arrivato al Cairo da soli 3 giorni. È un giovane paramedico della Mezzaluna Rossa palestinese. È stato ferito il 7 ottobre a Khan Yunis.  A. e i suoi colleghi avevano soccorso un ferito e stavano tornando al Nasser Hospital di Khan Yunis quando due ordigni hanno colpito l’ambulanza. L’autista, gli altri due paramedici e il ferito sono morti. Lui è rimasto per 4 ore disteso a terra con bruciature sul corpo e una ferita importante alla gamba sinistra. I soccorsi non riuscivano a raggiungere il luogo perché i bombardamenti erano incessanti.  Adesso A. spera che, con altro intervento chirurgico,  possano salvare la gamba.

Z. è una bambina di 2 mesi: è arrivata al Cairo con la mamma 15 giorni fa. Da due giorni sono arrivati anche il padre, la sorellina di 2 anni e mezzo e un fratellino di 4 anni. La famiglia era stata evacuata il 15 di ottobre da Gaza City, quartiere di  Rimal, verso il sud. Avevano trovato una sistemazione in una tenda di fortuna nella zona di Khan Yunis. Z. è stata partorita sotto i bombardamenti all’ospedale Nasser di Khan Yunis, con i cecchini fuori dall’ospedale.  Dopo due ore dal parto Z. e mamma sono state dimesse e sono tornate nella tenda. La giovane mamma mi racconta che la piccola Z. ha presentato fin dalla nascita problemi respiratori, ma non c’era la possibilità di avere le cure necessarie. La sistemazione precaria e le pessime condizioni ambientali in cui viveva la famiglia di Z. hanno aggravato la sua condizione e le crisi respiratorie si sono fatte più frequenti. Da qui il trasferimento al Cairo. Oggi la bambina è sotto flebo, cure antibiotiche mirate e soprattutto viene aiutata a nutrirsi. La famiglia di Z. è sistemata nella stanza dell’ospedale, dove l’ho incontrata, e la d.ssa A. mi ha detto che purtroppo non sono in grado di dare alcuna sistemazione alla famiglia quando Z. sarà dimessa.

La mancanza di strutture di accoglienza riguarda tutti i palestinesi che sono arrivati al Cairo per farsi curare.  Salutando la giovane mamma di Z. mi sono sentita il peso per i danni che noi tutti stiamo facendo. Se la responsabilità diretta è della Comunità Internazionale, noi indirettamente non siamo stati in grado di incidere affinché le parole Pace e Basta Armamenti si concretizzassero.

A Gaza, intanto, gli attacchi sono incessanti. La popolazione continua a spostarsi  senza un posto sicuro dove andare. I bambini continuano a sperimentare orrori indicibili. La Gaza Resistente ci chiede aiuto, ci chiede di sostenere i loro diritti: Terra, Libertà ma soprattutto Giustizia. Senza Giustizia l’impunità di Israele continua.

 

da Fonti di Pace

Dati del Ministero Salute di Gaza, 10 marzo 2024

  • Nelle ultime 24 ore sono stati commessi 8 massacri da parte dell’esercito israeliani che hanno causato la morte di 85 civili e 130 feriti;
  • un numero non quantificato di civili sono ancora sotto le macerie;
  • dal 7 ottobre il numero dei morti è di 31.045 e i feriti 72.654;
  • il 72% dei morti sono donne e bambini

 

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