Troppo spesso ci capita di percepire un’artificiosa costruzione del rapporto fra locale e globale visti come due compartimenti stagni, e in particolar modo qui in Sardegna viene promossa una liberalizzazione del mercato turistico tale da non collegare più il locale e il globale, ma assorbire i luoghi nel globalismo capitalista che qui in Sardegna si traduce in un assorbimento di tipo coloniale.

Ad Alghero, in una città drogata dal turismo e occupata da un’oligarchia imprenditoriale, ci si è lasciati passare sotto gli occhi il fetente incontro avvenuto nel 2022 fra il sindaco Conoci e l’ex ambasciatore sionista che per chi non ce l’ha presente è colui che ha tradotto in parole nelle TV italiane quello che da più di 75 anni prefissano gli sionisti: distruggere Gaza.

Incontro incluso in una visita nell’isola con tutti gli elogi della regione e con la donazione di Michele Pais della spilla dei quattro mori, in un anno come il 2022 il quale benché si inscrivesse in un momento dove la questione palestinese fosse istituzionalmente ignorata, da alcune è stato definito come l’anno più sanguinoso dal 2005, (tra i fatti più tragici anche l’uccisione di una sedicenne palestinese per mano di un cecchino israeliano e l’uccisione della giornalista di Al Jazeera).

Ma citiamo questo incontro non perché sia la più grande dimostrazione di complicità nel massacro di un popolo, ma per mettere bensì in evidenza quanto sia necessario in ogni luogo, partendo dai nostri, ribadire una ferma, chiara e netta posizione non per un solo e vago cessate il fuoco ma per una solidarietà alla resistenza palestinese; per la liberazione della Palestina. Se questo non avviene, ritorniamo alla cancellazione del legame fra locale e globale, che opera, e dobbiamo individuarla prima che venga affissa una bandiera israeliana nei palazzi, perché opera già con il silenzio, con l’indifferenza.

E se lasciamo che operi il silenzio a partire dalle città in cui viviamo, entriamo nelle file dellascorta mediatica del massacro di un popolo. Il motivo per cui sosteniamo questa manifestazione è contrastare anche questo, proponendo una lucida vivibilità critica dei nostri luoghi, capendo che dove non ci sono voci per la Palestina ci potrà essere di tutto, a partire dal silenzio complice delle istituzioni o come in questo caso, per la fabbrica di bombe, la cancellazione concettuale fra locale e globale sarà funzionale alla complicità materiale sui massacri che avvengono nel resto del mondo.

E manifestare oggi a Domusnovas, significa vedere con i propri occhi anche quanto il silenzio delle istituzioni, l’indifferenza della Regione e dello Stato coloniale italiano, siano solo la superficie di una materiale alimentazione del massacro; per ogni scuola che crolla, per ogni ospedale precario, c’è un missile che parte per colpire popoli nel resto del mondo, come avvenuto per le bombe costruite qui e sganciate in Yemen e come ora dal 2021 avviene contro il popolo palestinese.

E una fabbrica di morte che da lavoro non coincide con il far vivere una popolazione locale nella ricchezza, ma coincide con il basare l’economia di un popolo sul massacro di altri popoli, coincide con il basare l’economia sulla guerra togliendo la possibilità di una vera qualità della vita in Sardegna, dal punto di vista sanitario, scolastico e più semplicemente economico.

Ogni ettaro di terreno preso dal colonialismo e dallo Stato significa la costituzione in Sardegna di un luogo per la guerra. Noi tutto questo lo dobbiamo e lo possiamo bloccare con le nostre azioni. Inoltre, quello che si dovrebbe fare qui nel luogo in cui viviamo, non è sentenziare dal calduccio del nostro privilegio, sul come e su cosa si debba fare per la pace, sul come risolvere nel modo che noi preferiamo o addirittura scegliere la data di inizio di un conflitto, bensì alzare la voce per riconoscere politicamente un dato, che non è un principio ma un fatto sociale: la nazionalità palestinese e la sua lotta per la liberazione.

È necessario inoltre contrastare la sovradeterminazione di chi, ancora oggi come nel 2004 pensa agli accordi, alle proposte di pace fra Israele e Occidente, fra Israele e Stati Uniti, senza che però venga mai lasciata la parola al popolo palestinese, costretto a non poter vivere la totalità del proprio terreno nazionale, a morire nelle case diventate gabbie o a nascere da rifugiati.

BLOCCHIAMO L’INDUSTRIA BELLICA ISRAELIANA, OPPONIAMOCI ALLA PRESENZA DELLA
FABBRICA DI BOMBE E ALL’OCCUPAZIONE MILITARE.
TOGLIAMO LA LIBERTÀ AGLI OCCUPANTI QUI IN SARDEGNA E A OGNI POTENTATO STATALE
ED ECONOMICO;
PRESIDIAMO IL NOSTRO LUOGO E VIVIAMO CONFLITTUALMENTE I NOSTRI SPAZI; in questo modo la solidarietà diventa politica, diventa concreta.

BIVAT SA RESISTENTZIA DE SA PALESTINA

Salutiamo da Alghero Il comitato sardo di Amicizia Sardegna Palestina, la “Campagna Stop RWM” e “A foras” e tuttə compagnə che si ritroveranno oggi davanti i cancelli della RWM.

 

Cristian Augusto Grosso