Quanto sta succedendo in medio oriente ha un solo grande responsabile e si chiama ISRAELE.

E Hamas? Sono santarellini senza colpe? Assolutamente no! Ma senza il lento genocidio del popolo Palestinese portato avanti in modo sistematico da Israele da più di settant’anni, Hamas semplicemente non esisterebbe.

Discorsi da estremisti? Ricordiamo allora che perfino un atlantista  convinto come Andreotti diceva che dopo cinquant’anni (allora) di invasione il terrorismo palestinese era inevitabile. E Craxi in parlamento nel 1986 sostenne che la lotta armata dei palestinesi era legittima. Per non citare gli appassionati discorsi di Pertini contro i crimini israeliani.

Noi, da parte nostra, ci limitiamo a fare un paragone con un vecchio fatto di casa nostra. Erano gli anni 60 e tra le popolazioni tedesche del trentino nacque un movimento indipendentista che iniziò a praticare il terrorismo. Il governo e il parlamento italiano, in quel clima di compromesso sociale che caratterizzava quegli anni, grazie soprattutto alla pressione di grandi movimenti di massa, reagì con una delle migliori leggi della storia del nostro paese. Venne istituito il bilinguismo e la assoluta parità tra popolazione italiana e popolazione tedesca. Non oso neppure immaginare cosa sarebbe successo se invece fosse stato mandato l’esercito. Tutto invece finì lì, senza  che il problema si sia mai più riproposto.

Basterebbe dunque che Israele cambiasse atteggiamento e politica nei confronti della questione palestinese. Ma Israele può farlo? Purtroppo dobbiamo constatare che lo Stato ebraico è nato con alcuni caratteri che lo determinano e lo definiscono per quello che necessariamente è, e che non sono dunque emendabili.

Israele è uno Stato intrinsecamente etnocentrico e teocratico. Sin dall’inizio e per sempre, lo Stato esclusivo di una comunità etnica e religiosa e di nessun altro. La pretesa di autodefinirsi come una democrazia è un falso, poiché quella ambiguità, tipica di tutte le democrazie, di stare in bilico tra identità nazionale e riconoscimento universale dei diritti, qui non funziona. L’identità è religiosa e totalizzante e i diritti degli altri semplicemente non esistono.

Israele non ha una vera Costituzione, almeno intesa in senso tradizionale. Esistono le cosiddette Leggi fondamentali, emanate dal parlamento, la Knesset, in epoche successive. l’ultima di queste norme, la Legge fondamentale N.14 promulgata nel 2018, porta il nome molto emblematico di “Israele, lo Stato-Nazione del popolo ebraico”, giusto a ricordare (non si sa mai) quello che è un dato di fatto  sin dalla sua nascita.

Questa situazione è ciò che fa di Israele il luogo dei sogni e il modello da imitare da parte di tutti i movimenti della destra occidentale, oggi sempre più egemone, e come non mai impegnata nella battaglia per l’affermazione identitaria dello homo occidentalis, bianco e cristiano, e senza che si possa dire esplicitamente anche razzista e “ariano”. Complice una sinistra, sempre più finta e sempre più allineata, che al massimo si trastulla con idiozie del tipo “la situazione è complessa”, oppure “Siamo con i popoli contro tutte le violenze”. Frasi da salotto mentre le bombe uccidono a Gaza migliaia di palestinesi, tra i quali moltissimi bambini.

Come se ne esce? Non è facile! Anche perché quello che succede tra Israele e palestinesi è solo uno degli aspetti più crudi di quanto si ripropone a livello globale: un Occidente sempre più in crisi, razzista ed identitario, e sempre più votato alla guerra in un mondo non più unipolare e con tanti nuovi soggetti in cerca di un posto al sole. A farne le spese, come al solito, i popoli del sud del mondo impegnati in una lotta per il riscatto, ormai più che secolare, e senza prevedibili e risolutivi sbocchi positivi a breve scadenza. E con in più la mancanza  di una prospettiva globale ed unitaria come poteva essere quella del “sol dell’avvenir” delle vecchie ipotesi rivoluzionarie marxiste, la cui crisi ha lasciato dei profondi vuoti, oggi purtroppo sempre più spesso colmati dalla propensione verso l’integralismo religioso.

Se vogliamo riprendere il cammino verso una rivoluzione globale (oggi sempre più necessaria, ma anche paradossalmente, e almeno in apparenza, sempre più lontana) è necessario allontanare lo spettro, tutt’altro che impossibile, di uno “scontro di civiltà”, battendosi per uno “scontro per la civiltà”, che rimetta al centro  i valori della “pura umanità”: incontro e meticciato, valorizzazione della vita e della pace e attenzione per l’altro. Responsabilità verso tutto e tutti. 

Una via di riscatto per i tempi a venire che tuttavia pone nell’immediato un inderogabile imperativo: LA SCONFITTA DI ISRAELE È NECESSARIA! (anche nell’interesse di lungo periodo del “popolo ebraico”, liberato da ogni forma di integralismo).