Domenica pomeriggio, al passaggio della Dance Parade sotto il Ponte Monumentale di Genova, alcuni attivisti di Extinction Rebellion hanno calato una grande striscione con la scritta “Estinzione powered by ENI”, per denunciare la falsa narrazione del principale sponsor dell’evento: ENI.

La svolta sostenibile che ENI promuove attraverso la pubblicità, infatti, è stata più volte oggetto di sanzioni e querele. Già nel 2020 l’Autorità garante della concorrenza e del mercato aveva multato il colosso energetico italiano per 5 milioni di euro per “pratica commerciale ingannevole” in merito alla pubblicità “ENIdiesel+”, che aveva inondato giornali, televisione, radio, cinema, web e stazioni di servizio dal 2016 al 2019. La decisione riguardava il messaggio, dichiarato ingannevole, di un diesel bio, green e rinnovabile [Legambiente].

L’azienda è stata anche querelata da Greenpeace e Recommon nella prima causa italiana in cui gruppi ambientalisti denunciano un’azienda di fare lobbying e greenwashing per promuovere l’uso di sempre maggiori quantità di combustibili fossili, nonostante fosse a conoscenza dei rischi per il clima sin dagli anni ’70 [The Guardian].
Nel 2022 il 79% degli investimenti, pari a oltre 6,3 miliardi di euro, riguardano lo sviluppo di giacimenti di idrocarburi, in particolare in Egitto, Costa d’Avorio, Congo, Emirati Arabi Uniti, Messico, Iraq, Italia e Algeria, mentre gli investimenti fatti per lo “sviluppo del business delle rinnovabili, acquisizione di nuovi clienti e attività di sviluppo di infrastrutture di rete per veicoli elettrici”, che sono in quota a Plenitude, sono limitati a 481 milioni di euro [L’altra economia]. Inoltre i profitti dichiarati per il 2022 sono pari a 20,4 miliardi di euro nel 2022, il doppio rispetto al 2021, entrate più alte riportate grazie all’aumento del prezzo delle materie prime (in primis del gas naturale), derivato dalla crisi energetica dell’ultimo anno e la relativa speculazione [L’Indipendente].

“Le aziende che ottengono enormi profitti dalla vendita di combustibili fossili dovrebbero pagare per la responsabilità degli impatti economici negativi sulla salute, gli ecosistemi e il clima delle loro attività. Giustizia climatica e giustizia sociale sono due aspetti dello stesso problema” dice Marco. ENI è infatti tra le 12 aziende petrolifere più ricche del pianeta ed opera in 60 paesi nel settore del petrolio e del gas, con progetti di esplorazione, estrazione e lavorazione di prodotti petrolchimici [The Guardian].

Negli ultimi anni la strategia comunicativa dell’azienda è diventata più sottile, con la sponsorizzazione di piccoli e grandi eventi culturali e di spettacolo in tutto il Paese. In febbraio, per il secondo anno consecutivo, è stata infatti sponsor del Festival di Sanremo con il contestato “green carpet”, ed è da anni tra gli sponsor ufficiali del concertone del Primo Maggio a Roma. In ultimo, adesso, la Dance Parade di Genova.

“L’Ente Nazionale Idrocarburi non si può decarbonizzare – dice Francesco di XR – semplicemente perché è impossibile decarbonizzare gli idrocarburi. Qualunque progetto di decarbonizzazione ha dimostrato di non essere economicamente sostenibile. Pretendiamo che lo Stato offra alla propria cittadinanza delle alternative alle fonti di energia fossile e che i cittadini siano coinvolti nelle scelte verso la transizione ecologica tramite l’istituzione di un’Assemblea di Cittadini”.