Quel che sta accadendo in questi giorni da Firenze a Crotone è una triste conferma.

Il Paese sta vivendo una deriva senza precedenti verso le politiche, la cultura, i simboli del fascismo.

La presidente del Consiglio e il suo partito non sono solo gli eredi del fascismo di ieri. Sono anche i protagonisti di un fascismo rinnovato nelle forme ma immutato nella sostanza. Sono lì a dimostrarlo il razzismo sottostante al respingimento dei poveri dalla pelle scura, una scuola del merito che giudica ed esclude, lo smantellamento della sanità pubblica, le mani libere di chi vuole fare i propri affari, i progetti di stravolgimento della Costituzione in senso presidenzialista, la secessione dei ricchi con l’autonomia differenziata, il nazionalismo e l’aumento delle spese militari, la contrazione dei diritti delle donne e dei “diversi”.

Non bastano le prese di distanze di maniera né l’inevitabile condanna delle leggi razziali, che avvengono in assenza di una lettura seria e approfondita del fascismo nei suoi fondamenti e nelle sue pratiche: di quel fascismo che è stato la stella polare del Movimento Sociale e che continua ad esserlo nella fiamma del simbolo di Fratelli d’Italia.

Viviamo un passaggio di estrema gravità nell’intero Paese. E Torino non fa eccezione. Siamo prossimi al 25 aprile e gli eredi del fascismo preannunciano la loro volontà di partecipare alla festa e alle manifestazioni e pretendono di farlo senza compiere una esplicita critica di ciò che il fascismo ha significato nella storia del Paese e nella vita dei suoi cittadini.

Non è, quindi, un riconoscimento dei valori della Resistenza ma è, piuttosto, un oltraggio al patrimonio di idee e di principi che l’hanno ispirata e animata. Fatto ancora più grave, non ci sono reazioni significative né a livello di opposizione politica né a livello di società civile. Sembra, anzi, prevalere una diffusa accettazione, quasi si trattasse di un gesto di pacificazione teso a sancire il superamento di divisioni che appartengono al passato. Non è così. Al contrario, ciò, oltre a mostrare gli effetti perversi di un antifascismo di facciata, svela una generale e pericolosa sottovalutazione della situazione che stiamo attraversando.

Torino deve reagire con una mobilitazione di lungo periodo e con iniziative politiche e culturali che attraversino la città nei prossimi mesi coinvolgendo le associazioni e le organizzazioni, i movimenti che operano in difesa di diritti, libertà e ambiente, le donne e gli uomini, giovani e meno giovani, per i quali la Resistenza e la Costituzione sono i punti di riferimento da cui partire per cambiare rotta e per uscire dalla crisi che sta vivendo il Paese.

Non è la prima volta che ciò accade. Così sarà anche questa volta. Come prima tappa e per definire l’ulteriore percorso ci vedremo

lunedì 6 marzo alle 20.30 alla Fabbrica delle E in corso Trapani 91/b -Torino

in un’assemblea autoconvocata a cui sono già pervenute centinaia di adesioni

Gastone Cottino, Maria Chiara Acciarini, Alessandra Algostino, Amedeo Cottino, Livio Pepino, Marco Revelli