Nel corso del flashmob svoltosi ieri sera davanti al teatro Politeama, per sostenere la battaglia a fianco delle donne iraniane scese in piazza per protestare contro il regime degli ayatollah – colpevole della morte di Mahsa Amini uccisa della polizia morale di Teheran -, si è determinato un forte attrito nella piazza per aver tentato d’impedire l’intonazione di Bella Ciao, oramai  divenuto globalmente un inno di libertà contro le ingiustizie dei potenti di ogni angolo del pianeta. Sulla questione abbiamo raccolto alcune dichiarazioni di attiviste palermitane per sintetizzare la cronaca della manifestazione    

Rosana Rizzo: «  Manifestazione partecipata in solidarietà delle donne iraniane. Qualche ingenuità nella organizzazione e negli interventi, ma si apprezza l’intento. Alla fine qualcuno intona Bella Ciao, la stessa canzone cantata dalle donne iraniane, cantata dalle donne curde, da tutti i popoli privati della libertà, ma dal microfono ci avvertono che non si può, è una canzone politica e questa piazza non ha connotazione politica. La Pausini ha fatto scuola ed il fatto che in tutto il mondo sia inteso come un canto per la libertà ha poca rilevanza, in piazza ci sono le donne democristiane che difendono i valori della cristianità (vorrei capire cosa c’entra con la lotta di donne islamiche contro una teocrazia ) e veniamo a sapere che ci sono partecipanti di destra, Bella Ciao non è consentita. Il monito a non cantarla mi sembra assurdo, ma un piccolo gruppo di donne incomincia a cantarla, mi unisco a loro e vedo un cerchio vuoto formarsi intorno a noi, gli sguardi non sono benevoli, cerco volti amici e vedo che a poca distanza un’altro gruppo di donne intona l’inno della libertà, isole nel vuoto che si è creato intorno. Qualcosa è già cambiato , quanto accaduto oggi è solo un segno; ci ritroveremo a cantare Bella Ciao solo su you tube e non più nelle piazze? »

Fausta Ferruzza: « È vero. Quando hanno provato a cantare Bella Ciao, al microfono hanno detto “Qui non si fa politica”. Scusate, se non era una manifestazione ‘politica’ che cos’era? Le donne iraniane manifestano contro un governo. Non è un fatto privato per cui mostrare generica ‘solidarietà’. Come ha spiegato bene Lucia Goracci non è facile fare pressioni esterne dopo l’isolamento in cui è stato messo l’Iran da Trump in poi (e noi al seguito) proprio quando accettava le sanzioni, le ispezioni etc. La conseguenza è stata forse una svolta ancora più conservatrice. Ma il movimento di oggi sembra più esteso e deciso di quelli del passato ed il nostro appoggio potrebbe essere utile. Soprattutto se rivolto alle comunità curde a cui apparteneva la ragazza uccisa»

Daniela Musumeci: « Una piazza fluida in una società liquida, secondo la fortunata espressione di Z. Bauman, quella di ieri sera … Purtroppo da tempo le destre si sono impossessate, in un’ottica liberistica funzionale al mercato, del tema della libertà, strumentalizzandolo in chiave individualistica e privatistica. All’opposto della libertà in quanto partecipazione in prospettiva anarchica (non sarò liberɘ finchè anche un solo essere vivente su questa Terra non è liberɘ), si esalta e si promuove l’appagamento sfrenato di ogni capriccio che sfocia nel consumo, di cose persone affetti, e che si destina così al solipsismo. Questa malintesa libertà provoca uno snaturamento e un fraintendimento dei diritti umani (faccio quello che mi pare e nessuno deve permettersi di impedirmelo in nome della comunità). Inoltre la questione del velo fomenta razzismo e islamofobia. Piuttosto che lasciare ciascunɘ libero di esprimere la propria fede o la propria laicità anche attraverso l’abbigliamento, si insiste con l’omologazione, come nella legge francese, o si sfrutta l’assoggettamento delle donne per giustificare scelte di campo geopolitiche ben altrimenti motivate. Non a caso i media mettono la sordina alla nazionalità curda dell’uccisa. Nessuno parla della lotta di liberazione delle donne curde, del movimento Donna Vita Libertà, del confederalismo democratico del Kurdistan, perché ispirati da Ocalan incarcerato da Erdogan. E di Erdogan l’Occidente ha bisogno per far torturare e respingere i migranti e assicurarsi le frontiere. Contro l’Iran sì, ma non contro con la Turchia! »

Patrizia Gargano: « Ho visto la piazza stracolma di gente. Ho ascoltato alcuni interventi. Mi sono commossa quando ho ascoltato l’iraniano che vive a Marsala. Mi ha fatto male assistere al canto di Bella ciao  intonato e in qualche modo boicottato. Ho riflettuto a lungo sulla questione e uno dei primi pensieri è stato che la nostra generazione è cresciuta con lo slogan il personale è politico. Per noi non c’ è mai stata questa divisione mentale di ciò che è politico e ciò che non lo è. Per noi è normale cantare Bella ciao in un contesto come quello. Ma dobbiamo pur comprendere e secondo me accettare la diversità. Accettare che la gente comune ha una accezione mentale settoriale della politica. Magari loro avrebbero intonato Inno di Mameli per dimostrare la solidarietà dell’Italia (sto facendo un esempio “ad muzzum“) e noi saremmo inorriditi. Credo comunque che in un momento come questo ci si debba sforzare di andare oltre e pensare che per aiutare veramente le donne iraniane e tutti i popoli oppressi: occorre solo Amore Solidarietà azioni concrete per ricreare un mondo di pace. Come possiamo parlare di pace se continuiamo a guerreggiare fra di noi? »

Daniela Dioguardi: « Canteremo Bella Ciao al presidio di pace di giovedì 13, ormai diventato un canto politico internazionale di dignità e libertà. Lo cantano coraggiosamente anche le donne iraniane costrette a sfidare una dittatura ottusa e barbara che utilizza l’Islam come strumento di controllo e oppressione. Per questo sono state brutalmente uccise Mahsa Amini e Hadis Najafi e tante altre di cui non sapremo mai il nome. Lo cantano per affermare la loro libertà di essere e di esistere. La libertà che si scontra con la logica patriarcale del dominio e della forza e che contrasta l’ineluttabilità degli scontri armati. Noi lo canteremo giovedì prossimo al presidio di pace alla Statua della Libertà per manifestare la nostra vicinanza alle donne iraniane, curde, afghane, palestinesi e a tutte le altre, purtroppo moltissime, che in ogni parte del mondo si ribellano alla ferocia del potere. Lo canteremo per le donne italiane, occidentali, ancora oggi vittime della violenza maschile. Lo canteremo per dire un convinto No alla guerra che oggi con gli armamenti nucleari rischia di annientare per sempre la vita. Lo canteremo con la speranza che si propaghi, che risuoni con forza in tutta la città e arrivi dappertutto, anche dentro le case di chi non vorrebbe ascoltare, per ricordare che la libertà è il bene più grande Ma la libertà che sa della necessità dell’altra e dell’altro, la libertà vera, la libertà relazionale, non asservita alla legge del profitto e del mercato, la libertà che si nutre di rispetto e di amore per il genere umano e la terra. Ecco perché invitiamo tutte/tutti a venire a cantarlo insieme a noi al prossimo presidio del 13 che si terrà – come tutti i giovedì da quando è iniziata la guerra – alla statua della Libertà ».

 

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