E’ Sveva Basirah Balzini a commentare la presa di posizione del Rivolta Pride di Bologna

Sveva Basirah Balzini è unə attivistə transfemminista, attivə nelle promozione del femminismo islamico, oltre che nella difesa dei diritti delle persone LGBTQIA+.

In questo articolo si tocca un aspetto scottante. Polis Aperta è una Associazione delle FFOO e FFAA che: “lotta contro ogni tipo di discriminazione, in special modo contro quelle fondate sull’orientamento sessuale e l’identità di genere“.

Non possiamo che accogliere favorevolmente che all’interno degli operatori delle forze dell’ordine e delle forze armate si sia costituita un’associazione a difesa di quelli che sono a tutti gli effetti Diritti Umani e Civili, che lotti contro la discriminazione.

Comprendiamo anche quanto sia difficile una lotta di questo tipo in quell’ambito. Tuttavia non possiamo non evidenziare alcuni aspetti.

La repressione delle persone LGBTQIA+, talvolta operata in modo feroce, è una ferita molto difficile da rimarginare. Questa repressione è stata operata, e viene tutt’ora operata nel mondo, anche per mano delle FFOO.

Non possiamo non osservare un certo radicamento culturale diffuso in questi corpi dello Stato, gli agenti di Polizia – aspetto benché simbolico, tutt’altro che secondario – hanno rifiutato le mascherine FFP2 di colore rosa perché, da ciò che si evincerebbe dalle dichiarazioni, ritenute causa di femminilizzazione. Un contesto culturale certamente diffuso non solo nelle FFOO. Difficile però non pensare che queste prese di posizione abbiano di fatto l’effetto di confermare e legittimare un contesto culturale vetusto, di stigma nei confronti della non conformità di genere e dell’orientamento sessuale.

Certamente tutto questo crea discriminazione biunivoca, da osservatori non possiamo non notarlo. E’ una situazione che richiede dialogo, comprensione reciproca, delicatezza e volontà di ascolto da entrambe le parti, ma soprattutto determinazione, tempo e pazienza.

Più in generale in Italia l’inquietudine, la preoccupazione, tra coloro che manifestano pubblicamente il proprio dissenso è sempre più tangibile, la sfiducia nelle FFOO da parte della base sociale è sempre maggiore: questo a seguito di un attuale clima di repressione diffusa del dissenso, operata, ovviamente, anche per mano delle FFOO e ciò va detto.

Occorre un percorso di tutela del dissenso, di coloro che lo manifestano, un percorso di riconciliazione, che non riguarda solo l’ambito LGBTQIA+.

Il post di Sveva Basirah Balzini:

Rivolta Pride esclude Polis Aperta per aprire una critica alle Forze Dell’Ordine, facendo presente quanto queste siano non sicure per le soggettività che navigano i Pride. Scrive infatti “Il Rivolta Pride vuole essere anche lo spazio di rivendicazione di queste soggettività, che devono sentirsi libere di marciare in uno spazio sicuro”.
Polis Aperta ha rimbalzato il comunicato del Rivolta Pride parlando di “esclusione” e “polemiche sterili”, e poi presentandosi alla manifestazione con il proprio stendardo e sotto l’ombrello di Plus Persone LGBT Sieropositive, pubblicando i selfie su Facebook così:
Stonewall giugno 1969
Bologna giugno 2022
Il cambiamento è possibile

Potenzialmente questa è la riattivazione gigante di tutte le frocyə che volevano starsene tranquillə stavolta, che avevano tirato un sospiro di sollievo, che si erano incazzatə un po’ di meno; per tutte quelle frocyə che hanno subito gaslighting, machismo, pestaggi, minacce, indifferenza e marginalizzazione dalle FdO, che ogni volta che si ribellano e lottano per ricostruire le proprie comunità devono trovarsi nei denti la retorica del “cambiare le cose dall’interno”. Se il comunicato della Pride è stato quasi gentile, su internet molti gruppi, progetti e soggettività si sono espressə sulla unsafety delle FdO, sul bisogno di sentirsi al sicuro in un ambiente senza polizia (non importa se LGBT), senza alcun rappresentante dell’oppressione. Impossibile da ignorare… eppure.

Questo è quello che mi arriva: “ci avete detto di no, quindi veniamo lo stesso e vi dimostriamo che come LGBT possiamo stare dove vogliamo, che siamo tra di voi”. Ecco quello che sento: insistenza, ristrettezza, sovradeterminazione, invasione, indifferenza e nessun ascolto.

È una violazione, è sfoggio del privilegio. Abbiamo detto “no”. No all’associazione perché il nostro “no” è un rifiuto verso le FdO tutte, verso la logica repressiva e la sistematicità della violenza delle FdO, con cui moltissimə di noi, moltissimə che hanno subito, non vogliono aver niente a che fare perché pensano, sentono e portano politicamente avanti l’idea che il sistema NON sia sanabile. Mentre scrivo questo post, questo “no”, mi riattivo perché so cosa vuol dire ritorsione dalle FdO e sinceramente la temo, la ricordo, già certa della noncuranza che viene dimostrata ogni giorno: sono venuti lo stesso, ma c’è gente come me che è questo che prova, è questo che si aspetta. Abbiamo detto di no e sono venutə *facendoci vedere che lo avete fatto comunque*. Abbiamo detto “ci fa male”. Abbiamo detto, anche solo una parte di noi che andava rispettata, che non ci fidiamo, che rifiutiamo le FdO, non importa se rainbow, perché siamo persone LGBT e che portano avanti la lotta queer (o non parleremmo di Stonewall, o non creeremmo collettivi e associazioni politicamente queer), ma ci è stato voluto far sapere che erano tra di noi. Ecco, la polizia che non molla, che non si stacca, che non riconosce il proprio impatto, che pretende di essere tra i cittadini anche quando i cittadini non lo vogliono, che grida all’esclusione in risposta alla critica; o meglio, rieccola.

Polis Aperta vuole essere “l’anello di congiunzione”. Ma non può esserlo. Non può esserlo per tante (non tutte, certo) tra le persone memori di Stonewall, non può esserlo per chi è stato schiacciatə o lasciatə solə da “poliziotti buoni” e “poliziotti cattivi”, non può esserlo per quelle persone che volevano le FdO fuori per protesta e per SENTIRSI e STARE al SICURO, per quelle persone che non vogliono un ponte, vogliono l’abolizione della delega del potere e del sistema delle FdO e carcerario, la ricostruzione di una società transfemminista, collettivista, queer e orizzontale. Non può esserlo in marce sempre più politicizzate e col passare degli anni sempre più radicali, non potrà più esserlo nelle marce e nelle riot che baderanno alla scelta politica delle frocyə che camminano per strada, che saranno sempre più radicalmente spazi sicuri e quindi LIBERI, DI CURA e RESPONSABILI.
Non si scelgono l’orientamento sessuale, relazionale e l’identità di genere, ma da che parte stare sì.