Nella serata del Primo Giugno a Bologna si è svolta in Piazza Maggiore la “Festa della Repubblica che ripudia la guerra” , una manifestazione nazionale  organizzata dal Portico della Pace di Bologna e promossa da AOI Cooperazione e solidarietà internazionale – ARCI – Banca Etica – CNESC – Comunità Papa Giovanni XXIII – FOCSIV – Il Manifesto in Rete – Libera Bologna – Mediterranea Saving Humans – Movimento Focolari Italia – Movimento Nonviolento – Rete Italiana Pace e Disarmo – #StopTheWarNow .

Sono intervenuti, oltre a rappresentanti degli organizzatori (Clark, Milani, Pignatti, Pugliese, Simoncelli, Valpiana), l’attore Alessandro Bergonzoni, cooperanti, volontari, giovani in servizio civile, e si sono potuti ascoltare i musicisti ‘Icentopassi’, Cico&Mama, Afrika, Mirko Menna trio e altri.

Durante la manifestazione abbiamo chiesto al Direttore di ‘Avvenire’, il giornalista Marco Tarquinio, quale sarebbe stato il concetto più importante che avrebbe espresso nel suo intervento in piazza. Ci ha detto :”Io credo che non bisogna pensare di essere pochi e con poca voce in un momento come questo in cui sembra, ribadisco ‘sembra’, da parte dei mass media e del dibattito politico, giganteggi la voce che dice che l’unica soluzione contro la guerra è fare più guerra. Bisogna avere il coraggio di dire che così si va avanti soltanto per la vecchia strada, che distrugge le persone e impoverisce la pace, la distrugge. Bisogna aver questo coraggio, questa tenacia e questa umiltà, perché si ha la sensazione di aver la voce un po’ più debole, perché non è così. Bisogna continuare a lottare”.

Le organizzazioni promotrici hanno scritto nel documento base della manifestazione: “Da tre mesi, a causa della criminale invasione russa dell’Ucraina, siamo di fronte ad una grave escalation militare con conseguenze imprevedibili. La macchina della guerra, violando tutti i diritti umani, continua ad uccidere e provocare distruzioni senza pietà per le popolazioni civili, dilagando di nuovo anche in Europa. Di fronte a questa tragica realtà e al legittimo diritto alla difesa degli ucraini e alle loro richieste di aiuto, molti governanti sembrano essersi arresi allo schema della guerra continuando a fornire armi come unica strategia, senza assumere alcuna seria iniziativa di mediazione tra le parti.

Siamo immersi nell’esaltazione dell’ideale bellico della lotta armata che non vede alternative tra la “vittoria” e la “sconfitta”, tra l’aggiunta di armi alle armi e l’essere inermi. Quindi ora è il momento che le istituzioni internazionali si assumano la responsabilità di lavorare per fermare la guerra, per proteggere veramente le popolazioni civili e creare le condizioni per costruire la pace. Non è vero che l’unica opzione possibile sia quella militare. L’alternativa alla guerra esiste nella misura in cui c’è la volontà politica internazionale di costruirla e darle una chance. A tale riguardo, innanzi tutto, è indispensabile rafforzare il ruolo dell’ONU, liberandolo dai condizionamenti degli Stati più potenti.

L’ONU e l’Unione Europea devono moltiplicare gli sforzi per avviare un negoziato per la pace in cui tutti, a cominciare dalle grandi potenze, siano chiamati ad affrontare e sciogliere i nodi del conflitto in corso in Ucraina.  L’obiettivo primario per un percorso di pace deve riguardare, nell’immediato, il cessateil fuoco, la definizione di una tregua delle operazioni militari con la diretta collaborazione delle organizzazioni umanitarie internazionali, a partire dalla quale avviare la mediazione possibile, in cui vince il sangue risparmiato.

Questo accadrà davvero nella misura in cui noi tutti sollecitiamo e pretendiamo ovunque – in Italia, in Europa, nel mondo – che si realizzino politiche attive di pace. Per questo il 2 giugno vogliamo che sia la Festa della Repubblica che ripudia la guerra, in ottemperanza alla Costituzione italiana. Una Repubblica che ripudia la guerra e la sua preparazione e -anziché aumentare le spese militari- imposti coerenti politiche attive di pace come perno della politica nazionale e internazionale. Disarmo, riconversione sociale delle spese militari, riconversione civile dell’industria bellica, proibizione delle armi nucleari, costruzione della difesa civile non armata e nonviolenta e dei corpi civili di Pace sono alcuni dei progetti che i movimenti per la pace, il disarmo e la nonviolenza hanno già messo sui tavoli della politica e delle Istituzioni”.