Il caso Madina a Strasburgo: i respingimenti sono pratica sistematica

Il 18 novembre la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo ha condannato la Croazia nel caso relativo alla morte di Madina Husseini, bimba afghana di sei anni investita da un treno dopo esser stata respinta alla frontiera serba. Oltre al divieto di espulsioni collettive, la Corte ha riconosciuto violazioni del diritto alla vita, alla libertà e sicurezza (per la successiva detenzione dei suoi familiari) e alla petizione individuale (per la criminalizzazione dell’avvocato della famiglia).

Come scrivono Hanaa Hakiki e Delphine Rodrik su Verfassungsblog, “la sua tragica morte in Croazia – come quella di Alan Kurdi in Grecia o di Mawda in Belgio – ha messo il pubblico europeo faccia a faccia con l’impatto ingiusto e mortale delle politiche europee sull’immigrazione.” Il caso Madina infatti “è emblematico di pratiche sistematiche di respingimento molto più ampie da parte della Croazia e di molti altri Stati membri europei.”

L’UE si prepara a limitare i diritti umani di rifugiati e migranti

Giusto il 1° dicembre, la Commissione europea ha proposto di limitare le garanzie sui diritti umani dei richiedenti asilo. Misure che secondo Amnesty International contribuiscono alla de-umanizzazione di rifugiati e migranti. “Se consente a una minoranza di Stati membri di eludere la legge per via di poche migliaia di persone al confine, l’UE perde qualsiasi autorità sui diritti umani e sullo stato di diritto”; Amnesty ricorda inoltre come solo nelle scorse settimane almeno 10 persone siano morte alla frontiera polacco-bielorussa, tra cui un bimbo di un anno.

Su tale questione, la Commissaria per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Dunja Mijatovic, ha ricordato la proliferazione “a ritmo allarmante” delle violazioni dei diritti umani di rifugiati e migranti alle frontiere europee, “in particolare la negazione dell’accesso all’asilo e i rimpatri senza garanzie individuali, spesso accompagnata da brutale violenza o addirittura dal pericolo per la vita”.

Il rapporto anti-tortura del Consiglio d’Europa sulla Croazia

Il 3 dicembre 2021, il Comitato contro la tortura (CPT) del Consiglio d’Europa ha deciso di pubblicare per intero il rapporto della sua ispezione in Croazia nell’agosto 2020. Il CPT denuncia l’ostruzionismo delle autorità croate, durante e dopo la vista, e riporta le “numerose e credibili denunce di maltrattamenti fisici” da parte della polizia croata, “inflitti di proposito“, tra cui le marce forzate attraverso i boschi di migranti nudi o seminudi, fino al respingimento alla frontiera. Secondo l’organo anti-tortura di Strasburgo, tali pratiche continuano nella totale impunità.

Il Consiglio UE: la Croazia è pronta ad aderire a Schengen

La valutazione Schengen della Croazia si è svolta tra il 2016 e il 2020. Il rapporto della Commissione dell’ottobre 2019 aveva concluso che la Croazia avesse adottato le misure necessarie per la piena applicazione dell’acquis di Schengen, nonostante andassero continuati gli sforzi sulla gestione delle frontiere esterne. La Commissione ha ritenuto sufficienti tali misure nel febbraio 2021.

Il 9 dicembre 2021, il Consiglio UE ha concluso che la Croazia ha soddisfatto le condizioni necessarie per l’applicazione di tutte le parti dell’acquis Schengen. “La Croazia è pronta“, ha detto la Commissaria europea per gli affari interni, Ylva Johansson.

La Commissione aveva raccomandato l’adesione della Croazia a Schengen già nell’ottobre 2019, ma Francia e Olanda vi si erano finora opposte per via di preoccupazioni relative allo “stato di diritto”.

Già allora, società civile e attivisti, nonché varie istituzioni, tra cui eurodeputati e l’Ombudsman croato, avevano esortato l’UE a tenere la Croazia fuori da Schengen fino a quando non fossero cessate le pratiche di respingimento illegale. Human Rights Watch aveva fatto appello alla Commissione perché avviasse procedure di infrazione contro la Croazia per violazione del diritto europeo.

A seguito delle pressioni di Bruxelles, le autorità croate a giugno 2021 hanno annunciato un nuovo meccanismo indipendente di monitoraggio, messo in atto con il sostegno UE, che dovrebbe proteggere i diritti umani alla frontiera. Ma i gruppi della società civile hanno già espresso dubbi sulla sua efficacia. Secondo Jelena Sesar di Amnesty International, tale meccanismo manca di trasparenza e di indipendenza, poiché i fondi UE passano dal ministero dell’Interno croato, e non ha la possibilità di effettuare visite senza preavviso sulla “frontiera verde”, laddove si verificano i respingimenti. Una posizione condivisa dal Consiglio d’Europa, nel già citato rapporto anti-tortura del CPT.

Solo a inizio dicembre 2021, Johansson aveva invece lodato le autorità di Zagabria per la loro reazione a una inchiesta giornalistica che, a ottobre, aveva mostrato prove video dei maltrattamenti dei migranti. Tre poliziotti sono stati sottoposti a provvedimenti disciplinari – che tuttavia si annunciano lievi. Secondo una fonte di Euractiv, uno degli agenti coinvolti avrebbe minacciato di rivelare prove del coinvolgimento delle gerarchie della polizia croata, confermando la sistematicità e ufficialità delle pratiche illegali di respingimento, sempre negate da Zagabria.