Un convegno, ma più ampiamente un laboratorio, si è tenuto ieri a Torino nella sede dell’associazione Volere la Luna

Hanno partecipato:
Livio Pepino, Giustino Scotto d’Aniello, Enzo di Dio, Tommaso Frangioni (Università di Torino), Simona Patria (ATC Torino), Giovanni Baratta (Sicet), Wally Falchi (Caritas Torino), Erica Mangione e Rocco Albanese (Comunet-Officine Corsare), Mirella Calvano (Alma Mater), Ivano Casalegno (Arteria Onlus), Vincenzo Iatì (Unione inquilini), Stefano Marchi (Asia-USB), Diego Montemagno (Acmos), Margherita Provenzano (Case occupate Borgo San Paolo), Mariangela Rosolen (Attac), Gianluca Vitale (Legal Team Italia).

E’ intervenuto l’Assessore alle politiche sociali di Torino Jacopo Rosatelli.

Con grande competenza è stato affrontato, da diversi punti di vista, la questione del diritto all’abitare, peraltro sancito più volte da sentenze della Corte Costituzionale. La povertà è in aumento: un numero sempre maggiore di famiglie faticano a pagare l’affitto.

Praticamente affermato da tutti: casa e lavoro, peraltro bisogni primari, sono strettamente correlati, senza uno non può sussistere l’altro, è quindi stato sottolineato come le politiche sociali e del lavoro siano strettamente interdipendenti e come più ampiamente coinvolgano il welfare.

Nella relazione introduttiva si è evidenziato che nel pre-Covid il ritardo sul pagamento dell’affitto era del 9%, nel post covid salirà quasi al 40%.

In Italia oggi la quota di abitazioni di edilizia popolare è pari ad appena il 3,3% degli alloggi, a Torino in base ai dati ATC risultano presenti in città 17.761 alloggi di edilizia sociale ed economico popolare. Sul totale di abitazioni presenti in Torino solo il 2,82 % risulta essere destinato ad edilizia sociale ed economico popolare. Gli alloggi assegnati risultano a tutti gli effetti 16.844 a fronte di una richiesta di 30.519 che lascia senza risposta 13.675 domande di residenza a basso costo, a ciò si evidenziano centinaia di alloggi vuoti, assegnati e non, per carenza di manutenzione, spesso ordinaria.

Ancora oggi è aperto il grande capitolo dei fondi Gescal, che sono per legge fondi vincolati, attivarsi per recuperare i 2,5 miliardi di euro di fondi ex-Gescal  (destinati all’edilizia economico-popolare) depositati nel cc. n. 28128 della Cassa Depositi e Prestiti, dei quali sono stati finora rintracciati “appena 900 milioni”.  A tal fine è ritenuta opportuna una iniziativa dell’ANCI, la cui Commissione Politiche abitative è presieduta dall’attuale Sindaco di Torino, Lo Russo.

La questione dei fondi ex-Gescal è stata sottolineata anche in altri interventi: 2,5 miliardi di euro sarebbero praticamente risolutivi per adeguare l’edilizia popolare all’effettiva domanda di case a basso costo.

La soluzione dell’esproprio di unità abitative ai grossi gruppi immobiliari adottata a Berlino è stata evidenziata da più parti come possibile modello di riferimento per l’adozione di misure analoghe anche in Italia.

E’ stato dichiarato in molti interventi che la questione abitativa non è un’emergenza, è una questione strutturale (e radicata) italiana, il che rende tanto rilevante quanto drammatica la situazione delle persone che hanno bisogno, e sono in numero sempre maggiore, di edilizia popolare a basso costo perché non ce la fanno più a pagare l’affitto. Si è fatto spesso riferimento alle persone che rientrano nella cosiddetta “fascia grigia”: persone con difficoltà economiche. La precarietà del lavoro, o il “lavoro povero”, in queste situazioni ha un peso determinante, ma si tratta di persone non abbastanza “povere” da poter “con facilità” accedere alle misure di welfare.

C’è un ampio spettro di esigenze: dal bisogno di un contributo per l’affitto fino alla questione delle persone senza dimora, la questione delle persone senza dimora è stata definita rilevantissima in molti interventi.

E’ stato citato uno studio dell’UE che dice che essere privi di una casa è la manifestazione più seria della povertà e dell’esclusione sociale. Per i problemi ormai purtroppo endemici di scarsità di unità abitative e anche carenze organizzative, alle case popolari accedono, per graduatoria, solo i fragilissimi: la cosiddetta fascia grigia non riesce ad accedervi.

Ha destato perplessità una dichiarazione sulla necessità di sgomberi immediati delle case ATC occupate: la casa è un bisogno primario, prima di parlare di sgomberi è necessario che l’offerta di case popolari sia commisurata alla domanda. Sebbene ove sussistano organizzazioni delinquenziali che gestiscano il fenomeno, queste  sì, vadano combattute e represse.

E’ stata ricordato come l’accensione di un mutuo sia contraddittoria con la norma introdotta col reddito di cittadinanza, che sancisce che un lavoro debba essere accettato su tutto il territorio italiano.

La precarietà del lavoro sfavorisce l’acquisto di una casa: il pagamento del mutuo è costantemente in pericolo, l’affitto di una casa, assistito laddove se ne presenti il bisogno, è la soluzione più razionale.

La scarsità di alloggi popolari spesso determina l’assegnazione di case con una metratura non adeguata al numero di componenti della famiglia. Ma non solo: gli alloggi assegnati, data la loro condizione, spesso non corrispondono a criteri di dignità

E’ stato evidenziato come la Regione sia insensibile ai problemi inerenti all’abitare: è stato istituito un tavolo in Prefettura per le persone senza dimora, grazie al quale è stato istituito un protocollo a cui ha aderito anche il Comune, documento che non è stato firmato, nonostante l’appello dell’Aricescovo Nosiglia, dagli assessorati alla sanità e welfare della Regione Piemonte, assolutamente competenti su tutta la questione.

Gravi le carenze dei servizi di igiene mentale, fondamentali nell’accompagamento per l’assegnazione e dopo l’assegnazione di una casa popolare.

Esiste anche il problema delle persone detenute in carcere, che si trovano sfrattate o con decadenza dell’assegnazione senza che abbiano ricevuto alcuna avviso: una volta rilasciati si trovano senza casa, costretti ad entrare nel circuito dell’accoglianza per le persone senza dimora, con la necessità di far ripartire l’emergenza abitativa, con indubbi aggravi di costi.

La questione dell’housing, declinata in molte forme, non è normata, ed è certamente una non soluzione. E’ semplicemente la manifestazione della differenza di domanda e offerta di edilizia popolare che viene non risolta. Sono soluzioni temporanee che non consentono alla persona la tranquillità necessaria e una vita dignitosa.

Molto interessante l’intervento di Erica Mangione di Comunet, ricercatrice e dottoranda del Politecnico di Torino, intervenuta sulle politiche abitative per i giovani, ma che rimandiamo ad una intervista di approfondimento che realizzeremo a breve.

Altrettanto importante l’intervento di Mirella Calvano di Alma Mater, che ha evidenziato come una delle forme più insidiose e nascoste di violenza sulle donne sia la violenza economica. Molti casi di maltrattamenti derivano dalla violenza economica o la creano. Ha inoltre relazionato sulla difficoltà delle donne di origine straniera, anche con figli, nel trovare casa in affitto pur avendo un regolare permesso di soggiorno e un contratto di lavoro a tempo indeterminato. Ha raccontato aneddoti, sinceramente imbarazzanti, sulla sua esperienza di accompagnamento delle donne straniere nella ricerca della casa in affitto, di come le agenzie o i proprietari “scantonino” con richieste assurde e addirittura in seguito disconosciute anche laddove soddisfatte.

Alla fascia grigia appartengono anche molte persone migranti con basso reddito che non hanno un punteggio tale da poter accedere ad un sostegno abitativo, si trovano quindi preda di immobiliaristi che speculano sulla loro situazione. Un lucroso mercato parallelo che dà risposte illegali, informali, immorali, a questi bisogni.

E’ stato ricordato come Compagnia di S. Paolo ponga in essere politiche abitative e che grazie all’indubbia consistenza economica, influenzi di fatto anche molto del terzo settore torinese che dipende dai suoi finanziamenti.

L’ampia applicazione di sfratti e pignoramenti è stato definito come insostenibile per le fasce popolari, martoriate da salari sempre più bassi, precarietà del lavoro, esiguità di ammortizzatori sociali e caro vita. La povertà è un problema strutturale causato delle politiche di austerità. E’ stato evocato il reddito sociale universale, soluzione che, dato il cambiamento e la contrazione del mercato del lavoro, andrà necessariamente percorsa.

E’ stato evidenziato come l’adeguamento alla domanda di alloggi a basso costo non richieda nuove edificazioni con inutile spreco di territorio, ma che un serio censimento catastale che consenta la determinazione degli alloggi sfitti, la ristrutturazione delle case ATC non abitabili, l’accesso da parte del Comune alle aste giudiziarie (peraltro prede degli immobiliaristi), siano le soluzioni da percorrere.

E’ stato ricordato quanto il piano regolatore di Torino sia datato e che occorre farne uno nuovo.

E stato evidenziato come molti degli alloggi vuoti torinesi siano di proprietà di gruppi finanziari che li utilizzano come base patrimoniale a garanzia di speculazioni finanziarie. Di come le banche abbiano acquisito appartamenti derivanti da mutui in sofferenza, generando capitali immobiliari di fatto inutili all’abitare. Di come tutto ciò influenzi enormemente le condizioni abitative nella nostra città, e tenga artificialmente alti i prezzi del mercato immobiliare. Citata, anche in questo caso, la soluzione di esproprio applicata a Berlino.

Apprezzata la presenza dell’Assessore Rosatelli in giunta, sebbene sia atteso alla verifica dei fatti. E’ stato fortemente auspicato che sia ascoltato in quell’ambito e che soprattutto possa disporre di risorse, in parole povere di soldi: cura di base per questi e altri problemi della dignità sociale.

Rosatelli nel suo intervento ha posto come linea di metodo l’ascolto e il confronto con la società civile organizzata, da cui “si ricavano indicazioni, intelligenza, esperienza“. Ha sottolineato come l’avvenuta assegnazione della casa non può essere considerata dal welfare come un punto di arrivo, come risoluzione effettiva del problema. In molte situazioni il sistema di welfare, anche dopo l’assegnazione di un’unità abitativa, deve continuare a fare la propria parte, altrimenti il rischio è quello delle “porte girevoli” ovvero la perdita dell’assegnazione della casa.

Riteniamo particolarmente apprezzabile, vista la nostra linea editoriale, la posizione dell’Assessore sulle persone Rom, quantunque Rosatelli abbia fatto riferimento all’associazione 21 luglio sulla cui posizione non solo noi, ma in primis le associazioni di persone Rom, dissentiamo. La questione Rom dev’essere affrontata nel rispetto della cultura Rom, senza alcuna sovradeterminazione. E questo ci teniamo ad affermarlo con forza: è concettualmente inaccettabile dal punto di vista intersezionale prescindere da un modello culturale radicato. Gli interventi, ove non sia in essere un avanzato processo d’integrazione, devono essere “parametrizzati” al modello culturale, il contrario crea solo dolore e di conseguenza conflitto. Ecco perché è fondamentale l’apporto di persone Rom perfettamente integrate (che quindi conoscono punto di partenza e percorso) che contribuiscano alla determinazione di linee guida. Torino è sempre stata avanti su moltissime cose: un laboratorio in questo senso potrebbe essere un’esperienza utile a livello nazionale.

Infine: l’aspetto che attiene in particolare ai fondi ex-Gescal, la risoluzione del problema politiche abitative, sono assolutamente ascrivibili ad una volontà politica, l’appello è inequivocabile: Lorusso, anche in funzione del suo ruolo nell’ANCI, agisca e risolva.