Per favore, usciamo dal recinto e smettiamola di spiegare la debacle delle sinistre extra Pd, autonome o alleate con Pd che fossero, con l’astensionismo. Certo, l’aumento dell’astensionismo è un fatto che preoccupa e che va letto, nel tempo e nella situazione concreta, ma non è un disastro naturale, non è come il nubifragio che ti cade in testa e non ci puoi fare niente. No, l’astensionismo è un fatto politico e non è uguale per tutti.

Ma diamo un’occhiata ai numeri, quelli concreti, per capire il punto. Ecco qualche dato relativo alle elezioni amministrative di Milano:

Insomma, a Milano vanno a votare meno persone, ma Sala aumenta di oltre 50mila i suoi voti e anche il Pd guadagna oltre 6mila voti. E non è nemmeno vero che tutto questo sia dovuto al solo Municipio 1, perché tra tutti i municipi milanesi il centro storico ha registrato l’affluenza più bassa (44,6%), mentre l’affluenza più alta si è registrata nei municipi 3 (50,87%) e 2 (48,54%). E Sala comunque supera il 50% dappertutto. Poi, c’è anche la lista Europa Verde, che evidentemente è riuscita ad agganciare il movimento d’opinione sulla giustizia climatica e raccoglie un ottimo risultato, con oltre 22mila preferenze.

Poi arriviamo alle sinistre e qui la cosa si fa cupa. Cominciamo con l’aggregazione più grande della sinistra autonoma dal Pd, quella che ha candidato Gabriele Mariani. Ebbene, rispetto a cinque anni fa (candidato Basilio Rizzo) registriamo un ammanco di 11mila voti. Il quadro si fa ancora più netto se guardiamo al voto della lista Milano in Comune, che nel 2016 raccolse oltre 17mila voti e ora si ferma a meno di 5mila. Una perdita secca che non viene certo compensata dai 2.500 voti della lista alleata Civica AmbientaLista.

Il discorso non cambia se passiamo alla lista animata da Sinistra Italiana e alcuni settori ex arancioni, cioè Milano Unita, che si è presentata a sostegno di Beppe Sala. 7mila voti appena (1,56%) e, anche qui, nessun eletto. Quella lista non c’era nel 2016, ma di fatto ha occupato nella coalizione lo spazio politico che era di Sinistra x Milano e, quindi, pare legittimo fare un confronto. Ebbene, mancano oltre 12 mila voti.

Per completezza, vanno citate anche le altre quattro liste di ispirazione comunista (Potere al Popolo, Pci, Pc e Pcl) che si sono presentate in maniera autonoma e che hanno raccolto tra lo 0,11% e lo 0,57% dei voti. Facendo il totale dei voti assoluti raccolti, arriviamo a 5.984. Anche in questo caso, il numero non compensa quanto perso dalle altre forze di sinistra. Inoltre, va detto che cinque anni fa una di quelle forze si era già presentata, il Pcl, che raccolse da solo oltre 2mila preferenze.

Infine, va aggiunto che il discorso non cambia neanche se allarghiamo lo sguardo alle altre grandi città che hanno votato, perché con la sola parziale eccezione di Napoli, che viene però dall’esperienza di governo cittadino di De Magistris, il disastro è generalizzato. Cioè, le sinistre sono del tutto irrilevanti e i risultati pessimi.

Insomma, pare evidente che continuare a cercare alibi e scuse, ieri l’oscuramento mediatico e oggi l’astensionismo, non faccia altro che produrre la coazione a ripetere. La lunga agonia della cosiddetta “sinistra radicale”, iniziata nel 2008 con l’esclusione dalla rappresentanza parlamentare di Rifondazione Comunista e proseguita con un processo sempre più spinto di atomizzazione e autoreferenzialità, sta arrivando alla sua fine. Anzi, probabilmente la fine è già arrivata, anche se il paziente fatica ad accettare la realtà.

Io non ho ricette e soluzioni miracolose, sono parte di quella storia. Anche perché il problema non è solo italiano e il quadro europeo ce lo conferma. Il risultato delle amministrative nelle grandi città italiane sembra, infatti, in piena sintonia con la tendenza prevalente nel periodo post pandemia (se davvero siamo al post…) a livello europeo ed esplicitata bene dal recente voto tedesco. Le forze sovraniste e xenofobe hanno perso spinta e le preoccupazioni di natura sociale, economica e anche sanitaria tendono a premiare le opzioni centriste che, alimentate dai miliardi del NextGenerationEU, promettono stabilità, sicurezza e crescita. Beninteso, si tratta di un centro padronale, in stile Draghi, socialmente schierato con gli interessi dominanti a livello nazionale ed europeo, ma con qualche venatura green e progressista. E le forze ex socialdemocratiche, come la Spd o il Pd, che da tempo ormai si identificano anzitutto nella funzione governativa, quasi a prescindere, sembrano le più attrezzate a giocare un ruolo in questa fase.

Con tutto questo bisogna fare i conti, cioè con la realtà concreta. Ma se a sinistra si continua a confondere il proprio recinto, peraltro sempre più ristretto, con la realtà e a praticare la separatezza con i soggetti e le soggettività, nonostante si proclami come un mantra l’esatto contrario, allora l’esito è già scritto. Fuori dai recenti c’è un mondo intero, ci sono movimenti, conflitti, progetti e sogni, insomma, c’è sinistra. E c’è una nuova generazione, che non ha bisogno di tutor, papà e mamma, ma semmai di alleati e alleate, di compagni e compagne di strada.