I Paesi ricchi fino ad ora hanno donato ai Paesi in via di sviluppo appena 261 milioni di vaccini Covid, a dispetto degli 1,8 miliardi di dosi promesse. Le aziende farmaceutiche, che detengono i brevetti dei vaccini, dal canto loro, hanno destinato solo il 12% delle dosi assegnate al COVAX, l’iniziativa voluta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) per garantire l’accesso nei Paesi a basso-medio reddito, a quello che attualmente resta il principale strumento per sconfiggere la pandemia.

È l’allarme lanciato oggi da Oxfam, EMERGENCY, Amnesty International e UNAIDS, membri della People’s Vaccine Alliance (PVA), con il rapporto Una dose di realtà,  a una settimana dal G20 dei leader di Governo che avrà, tra i temi centrali in agenda, proprio l’accesso globale ai vaccini. Unione Europea, Germania e Regno Unito continuano infatti a rifiutarsi di sostenere la proposta di India, Sudafrica e oltre 100 nazioni per la sospensione dei brevetti su vaccini Covid, mentre l’Italia mantiene una posizione ambigua. Nel frattempo, i colossi farmaceutici non condividono con l’OMS le tecnologie e il know-how indispensabili per consentire la produzione nei Paesi in via di sviluppo del numero di dosi necessarie a salvare migliaia di vite.

Il fallimento del sistema di donazione dei vaccini ai paesi poveri

Il sistema di donazione dei vaccini sta dimostrando nei numeri tutta la sua tragica inefficacia, nel garantire l’immunizzazione della popolazione nei Paesi a basso-medio reddito. Il grave divario tra quanto promesso e quanto effettivamente messo a disposizione è responsabilità diretta di tutti i paesi ricchi.

“Ad oggi l’Italia ha consegnato appena il 14% delle dosi promesse, 6,1 milioni di dosi sui 45 milioni annunciati dal Presidente Draghi  –  hanno sottolineato Sara Albiani, policy advisor per la salute globale di Oxfam Italia e Rossella Miccio, presidente di EMERGENCY –  Il governo britannico ha consegnato solo 9,6 milioni – meno del 10% – dei 100 milioni di dosi promesse alle nazioni più povere, e ha per di più usufruito di mezzo milione di dosi da COVAX, nonostante la carenza di vaccini nei Paesi in via di sviluppo e avendo già assicurato dosi più che sufficienti per i suoi cittadini grazie ad accordi diretti con le aziende farmaceutiche. Gli Stati Uniti hanno consegnato quasi 177 milioni di dosi su 1,1 miliardi promesse, la Germania 12,3 su 100 milioni e così via. Senza un vero cambio di approccio e di strategia, la strada imboccata continuerà ad essere lastricata di promesse non mantenute, ad un prezzo altissimo per gran parte del mondo”.

“Le nazioni ricche e le aziende farmaceutiche stanno vergognosamente fallendo nel mantenere le loro promesse, e allo stesso tempo bloccano le uniche soluzioni possibili, ossia garantire che i Paesi in via di sviluppo abbiano la capacità di produrre autonomamente i propri vaccini. – aggiunge Winnie Byanyima, direttore esecutivo di UNAIDS – È tragicamente chiaro che non si può fare affidamento sulla generosità e sulla beneficenza dei Paesi ricchi e delle aziende farmaceutiche. È spaventoso che ancora centinaia di migliaia di persone debbano perdere la vita a causa del virus”.

 Le aziende farmaceutiche sono le principali responsabili del fallimento del COVAX

Secondo la PVA, le aziende farmaceutiche sono le principali responsabili dell’estrema inefficacia dell’iniziativa COVAX, non essendosi impegnate fin dall’inizio a mettere a disposizione dosi sufficienti e avendone poi fornite in quantità inferiori a quelle promesse. Dei 994 milioni di dosi promesse a COVAX da Johnson & Johnson, Moderna, Oxford/AstraZeneca e Pfizer/BioNTech, solo 120 milioni (il 12%) sono state effettivamente erogate, ovvero quindici volte meno degli 1,8 miliardi di dosi arrivate ai paesi ricchi. Johnson & Johnson e Moderna in realtà non hanno consegnato neppure una delle fiale promesse.

“Il fallimento del sistema di donazioni da parte dei paesi ricchi e di COVAX hanno la stessa origine. – continuano Albiani e Miccio – Abbiamo ceduto il controllo della fornitura di vaccini a un pugno di aziende farmaceutiche, la cui priorità è massimizzare i profitti. Queste aziende non hanno capacità produttiva per soddisfare il fabbisogno mondiale, contengono artificialmente l’offerta e favoriranno sempre il miglior offerente. L’unico modo per porre fine alla pandemia è condividere i brevetti, la scienza, la tecnologia e il know-how con altri produttori qualificati in modo che tutti, ovunque, possano vaccinarsi e salvarsi la vita. Bisogna infatti ricordare che nei Paesi poveri al momento in media il 99% della popolazione non è vaccinata”.

 Nessun piano effettivo per realizzare l’obiettivo posto da Biden di vaccinare il 70% della popolazione di ogni Paese entro settembre 2022

All’Assemblea generale delle Nazioni Unite di settembre, il presidente USA Joe Biden ha raccolto molti consensi attorno all’obiettivo di vaccinare il 70% della popolazione di ogni Paese entro settembre 2022. Anche se si tratta di un target giustamente ambizioso, la People’s Vaccine Alliance sottolinea che andrebbe raggiunto molto più rapidamente per contenere contagi, morti e la possibilità che nuove varianti si diffondano, e denuncia che non esiste un piano concreto per realizzarlo. L’OMS ha stabilito come priorità che i Paesi in via di sviluppo riescano a vaccinare il 40% della propria popolazione entro la fine di quest’anno, un obbiettivo già irrealistico visto che mancano solo due mesi, e in più i Paesi ricchi non si attivano, riuscendo alla fine a consegnare solo un numero di dosi inadeguate, entro una data non meglio precisata del 2022.

“Le principali case farmaceutiche, con il fine di eludere la pressione internazionale sulla necessità di condividere la tecnologia vaccinale e liberarla dai limiti imposti dai brevetti, hanno finora ripetutamente sovrastimato le quantità di dosi che prevedono di produrre, sostenendo che a breve, ce ne sarebbero state abbastanza per tutti. In realtà, nel frattempo vendevano la stragrande maggioranza della loro produzione ai Paesi più ricchi. – concludono Albiani e Miccio –  Le quattro principali aziende farmaceutiche che detengono i brevetti sui vaccini Covid hanno affermato che sarebbero state in grado di produrre tutte assieme circa 7,5 miliardi di dosi nel 2021, ma agli attuali ritmi potrebbero arrivare a produrne 6,2 miliardi entro l’anno, con un deficit di oltre 1,3 miliardi di dosi”.

 

Le richieste ai leader del G20

A una settimana dall’incontro dei leader mondiali per il G20 di Roma, le organizzazioni della PVA chiedono di mantenere la promessa di garantire l’accesso globale ai vaccini:

  • sospendendo i diritti di proprietà intellettuale sui vaccini anti-Covid, sui test diagnostici e sulle terapie e accettando il waiver già proposto all’Organizzazione Mondiale del Commercio;
  • facendo pressione sulle compagnie farmaceutiche, perché condividano i dati sul Covid-19, il loro know-how e la tecnologia sviluppata finora, aderendo al COVID-19 Technology Access Pool e al WHO-South Africa mRNA Technology Transfer Hub;
  • investendo per decentralizzare la produzione mondiale, in modo da passare da un dominio dei monopoli e dalla scarsità dei vaccini all’autosufficienza vaccinale, in cui i Paesi in via di sviluppo abbiano controllo diretto sulla capacità produttiva e possano soddisfare i loro bisogni;
  • redistribuendo immediatamente i vaccini esistenti in modo equo in tutti i Paesi, per raggiungere l’obiettivo stabilito dall’OMS di vaccinare il 40% della popolazione in tutto il mondo entro la fine del 2021, e il 70% entro la metà del 2022.