A Torino nell’ambito del Festival della Non Violenza, lo scorso 22 ottobre 2021, si è svolta presso la Sala Poli del Centro Studi Sereno Regis, l’incontro intitolato “Un Ponte Per, pensieri di confine; tra Medio Oriente, Italia, e Balcani, attraverso 30 anni di Un Ponte Per”

In un contesto differente Tom Hanks recita nel film “Inferno” questa frase, Tutte le cose interessanti accadono sui portoni ai confini e nel corso dell’evento si sono susseguiti racconti interessanti su luoghi e attraversamenti di confine, orribili e bellissimi.

A partire dalla domanda posta nel titolo del festival, ossia “Declinare il confine: barriera o passaggio?’, nel primo intervento Fabio Alberti, attuale membro del Comitato Nazionale di Un Ponte Per e nel 1991 tra i fondatori dell’associazione, ha provato a raccontare origine e storia dell’associazione come conseguenza e frutto di un continuo attraversamento di confini.

Il racconto inizia con la costituzione dell’associazione che nacque come reazione ad un attraversamento di confine: nel 1991 gli aerei da bombardamento italiani avevano superato un confine bombardando Bassora, la città di Sindbad nel sud dell’Iraq e a questo attraversamento violento si volle reagire provando a risarcire la popolazione dei danni e della morte seminati dai bombardieri italiani. Ecco l’idea di andare oltre il confine politico e la scelta del nome per “superare il baratro scavato dalla guerra” verso quello che era stato da alcuni definito nemico e in quanto tale posto dietro un confine ideologico e di valori: noi i buoni, loro i nemici.

Da allora il confine è stato oltrepassato e viene oltrepassato ancora oggi continuamente e proprio per questo esso si dissolve perché i confini sono validi se li rispetti ma se li attraversi perdono di significato e non ci sono più.

I confini attraversati sono stati molti e Fabio Alberti ha citato in particolare quello turco e poi siriano attraversati per raggiungere il Kurdistan su cui sono state tracciate tre linee di confine che dividono le vite del popolo curdo che lo abita.

Ma l’idea di confine non è solo politica, essa è culturale e infine mentale e qui si annida l’idea della differenza e della separazione: bisogna dunque “superare il confine della colonialità” che c’è in noi e che produce separazioni tra noi e gli altri, al fine di riuscire ad abbattere completamente i muri a seguito dei quali saranno abbattuti anche i ponti perché non ci saranno più confini da superare.

Adriana Fara, giornalista corrispondente dall’estero in passato per varie testate e oggi per il “Caffé dei giornalisti” ha proposto nell’intervento successivo una riflessione sul viaggio di papa Francesco in Iraq, della ricerca da parte del Pontefice di promuovere il dialogo tra le comunità musulmane sciita e sunnita, della richiesta di far tacere le armi, quindi di oltrepassare i confini delle dottrine e delle tradizioni teologiche; ha accompagnato il suo intervento con una raccolta di immagini prodotta insieme a Marioluca Bariona con cui ha compiuto il viaggio.

Ha poi portato una testimonianza sui destini delle donne e ragazze ezide rapite dalle milizie di Daesh e costrette a prostituirsi e della attività svolta per riuscire a rintracciare queste vittime e riportarle alla libertà e alla vita e come ultimo l’esperienza di rinascita di una comunità Caldea ad Ankawa sobborgo di Erbil sede di due campi profughi, dunque di protagonisti di attraversamenti di confini che erano sperati come salvifici.

Di nuovo dunque un esempio di speranza e di rinascita.

L’ultima parte dell’incontro riunisce due interventi di Bianca Farsetti di Un Ponte Per e di Lukasz Firla del Christian Peacemaker Teams per testimoniare gli attraversamenti di confini da parte delle armi, dei bombardamenti e delle morti decise e provocate al di là di un confine, nei confronti di civili inermi che hanno la sola responsabilità di vivere presso il confine di un paese che ha dichiarato guerra al popolo kurdo, della loro resilienza delle loro azioni per chiedere ai rappresentanti del governo locale e dello stato iracheno di opporsi e agire perché la Turchia smetta le sue azioni di guerra e i suoi bombardamenti nel Kurdistan del nord.

Per fare in modo che questa guerra nascosta emerga è attiva la End Cross Bombing Campaigne promossa dal Christian Peacemaker Teams e sostenuta da Un Ponte Per, ICSSI e altre associazioni riunite in un Coordinamento internazionale.

La campagna è finalizzata alla testimonianza e all’advocacy con azioni di vari tipi, ad esempio mappando luoghi e danni dei bombardamenti, oppure portando alla luce le vendite delle armi che contribuiscono in specifico su questi bombardamenti ed in tale scenario c’è da ricordare che l’Italia è uno dei principali partner commerciali e venditori di armi allo stato turco, tra cui gli elicotteri di guerra utilizzati per i bombardamenti.

Lukasz Firla da Suleimanya porta testimonianze dirette sull’azione turca che non si limita ai bombardamenti, ma in analogia a quanto realizzato nel nordest siriano opera per progressive occupazioni di territorio e costruzioni di basi militari, attraversando i confini dello stato contro ogni norma del diritto internazionale e disegnandone di nuovi secondo le proprie convenienze.

I bombardamenti sono iniziati negli anni 90 e nel corso degli anni hanno seguito un andamento discontinuo dipendente dalla situazione politica e militare dell’area, fruendo tuttavia proprio di informazioni utili per realizzare i bombardamenti attraverso i servizi di intelligenze dei paesi della coalizione della NATO che operavano in Iraq dopo la caduta del governo di Saddam Hussein.

Nel corso degli anni l’invasione procede e i bombardamenti si evolvono: la Turchia, parimenti alle pratiche di guerra degli alleati, ha intrapreso il bombardamento del Kurdistan iracheno tramite droni di propria costruzione, giustificando l’evoluzione con il minor rischio per i militari turchi e l’ipotetica maggior precisione, fatto assolutamente non vero e soprattutto non sostenibile quando molti bombardamenti mirano specificamente alle case dei civili uccidendo famiglie intere oppure ai mezzi di trasporto utilizzati dagli agricoltori della zona, uccidendo bambini e famiglie.

Per promuovere l’informazione e la testimonianza nell’aprile 2021 è stata lanciata la campagna End Cross-Boarder Bombings in Iraqi Kurdistan ( https://www.iraqicivilsociety.org/archives/12351 )

L’incontro è terminato dunque con questa testimonianza, tragica eppure interessante come tutte le cose che accadono ai confini, di attraversamenti di confini da parte di bombe e armi raccontando fatti analoghi al racconto della nascita di Un Ponte Per.